Una scuola dell’infanzia parrocchiale di Ponte Priula, piccolo comune in provincia di Treviso, ha organizzato un’uscita didattica presso la moschea di Susegana. L’iniziativa, documentata con alcune fotografie pubblicate su Facebook il 30 aprile, mostrava i bambini inginocchiati sui tappeti rossi del centro islamico mentre partecipavano a un momento di preghiera guidato dall’imam, rivolti verso la Mecca.
Durante la visita, le maestre hanno indossato il velo e tutti si sono tolti le scarpe, seguendo le usanze della tradizione musulmana. Gli organizzatori hanno descritto l’esperienza come “davvero emozionante”, concepita come momento di dialogo interreligioso e riflessione sulla pace in un periodo storico segnato da conflitti. L’attività si inseriva in un percorso educativo più ampio, che aveva già visto la partecipazione di genitori musulmani per spiegare ai bambini festività come il Ramadan.
Le polemiche divampate tra social e politica
La diffusione della foto sui social ha innescato un’ondata di indignazione tra gli utenti. “Siete vergognosi! Fossi il padre di uno di quei bambini, prima lo ritirerei da quell’istituto”, ha scritto un utente, mentre altri hanno denunciato un presunto indottrinamento. Il dibattito ha rapidamente coinvolto la sfera politica, con Alberto Villanova della Lega che ha definito le immagini “agghiaccianti” e l’europarlamentare Anna Maria Cisint che ha parlato di “fondamentalismo bello e buono”.
Anche il PD trevigiano, pur apprezzando il dialogo interreligioso, ha suggerito che sarebbero state preferibili “forme più laiche” per il messaggio di pace. Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, ha precisato che nelle visite alle sinagoghe “non facciamo partecipare alla preghiera” i bambini. L’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto ha avviato “gli opportuni accertamenti” sulla vicenda, ricordando l’importanza del consenso dei genitori per tali iniziative.
Il valore del dialogo tra fedi diverse nell’educazione moderna
L’esperienza vissuta dai bambini della scuola dell’infanzia rappresenta un esempio concreto di formazione al pluralismo religioso. Come ha sottolineato Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle comunità islamiche in Italia: “Non esiste vera integrazione senza il riconoscimento e il rispetto reciproco delle appartenenze religiose”. La visita alla moschea, lungi dall’essere un tentativo di indottrinamento, si configura come un’opportunità educativa per insegnare ai più piccoli il valore dell’ascolto e della convivenza.
L’iniziativa si inserisce in un percorso formativo più ampio, come dimostra il precedente incontro sulla festa del Ramadan. Secondo i sostenitori, questi momenti di condivisione permettono ai bambini di comprendere la quotidianità dei loro compagni di diverse fedi, superando le barriere della diffidenza. “Non è l’incontro tra bambini di fedi diverse a doverci inquietare”, ha continuato Lafram, “ma l’idea che la paura possa ancora avere la meglio sull’educazione”.
Nel dibattito emerge con chiarezza come la scuola contemporanea sia chiamata a formare cittadini capaci di vivere il pluralismo come ricchezza, non come minaccia.
Foto copertina via Facebook