I Promessi Sposi – Analisi del Capitolo 21
Analisi del Capitolo 21 dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni
Luoghi: la taverna della Malanotte, il castello dell’Innominato in Valsassina.
Tempo: presumibilmente nel tardo pomeriggio del 9 dicembre all’alba del 10 Dicembre 1628.
Dopo una lunga macrosequenza sull’arrivo di Lucia al castello e sull’accoglienza dell’innominato, due sequenze affrontano la notte della rapita e quella del suo rapitore.
I drammi dei due personaggi si svolgono in contemporanea e come doppio l’uno dell’altro, con un crescendo della suspense, che si conclude con la sorpresa finale di una festa nei paesi circostanti, in un’alba domenicale.
Il tema affrontato in questo capitolo è quello del percorso iniziatico: quelli dell’innominato e di Lucia vengono messi a confronto con quello di Renzo nel capitolo XVII, perché anche loro fanno una progressiva discesa negli inferi del proprio inconscio, per poi risalire a nuova vita.
Così Lucia prende coscienza dei pericoli insiti nella sessualità femminile, che provoca desiderio nell’uomo, e terrorizzata vi rinuncia per sempre, regredendo ad una condizione psicologica quasi infantile, escludendo il rapporto adulto con Renzo.
L’innominato, al contrario, ha un percorso di crescita, in cui vede scemare gli ideali assimilati durante l’adolescenza e in cui scopre i limiti imposti dall’essere umano, per intuire l’esistenza di altri valori.
Lucia arriva alla Malanotte
Dopo la tensione del capitolo precedente, l’atmosfera si fa meno cupa e presenta uno spaccato di quotidiana attività in un castello che vive di delitti e imprese malvagie. Il chiaro di luna ha un sapore quasi romantico, già analizzato nel capitolo VIII, ma qui la luce lunare è in contrasto con le grate che proiettano sul pavimento ombre come sbarre di prigione e richiamano l’apparizione della monaca di Monza, un parallelismo che sembra introdurre il discorso sulla “prigione” dell’innominato. Il passo allude continuamente al conflitto tra femminile e maschile.
Lucia si rassicura sentendo una voce femminile e sebbene alla vista della vecchia serva quasi si spaventi, è a lei che si rivolge (oh, voi che siete una donna, in nome di Maria Vergine…!), aspettandosi che dietro quell’aspetto deforme, nasconda comunque il dolce animo di una donna. All’opposizione dei due tipi femminili, la vecchia megera dall’aspetto grottesco, e la dolce fanciulla impaurita, si aggiunge più netta la contrapposizione tra femminile e maschile: l’innominato entra in crisi mentre attende ritto sulla porta ( in precedenza era lui che si faceva attendere da don Rodrigo, mentre ora è lui ad aspettare la sua ospite-vittima) e anche il Nibbio è cambiato, mutando il suo tipico atteggiamento violento e minaccioso in quello di uomo, capace di muoversi a compassione.
L’innominato incontra Lucia
Sin dal loro primo incontro, l’innominato e Lucia lasciano emergere caratteri della loro personalità solitamente celati, come se specchiarsi l’uno nell’altra li rendesse veramente sé stessi. Lucia, mite e finora in posizione di difesa, rivela, di fronte alla violenza, il carattere eroico dei martiri, si rizza in ginocchioni, osa alzare gli occhi e dichiara subito di essere pronta alla morte piuttosto che subire violenza.
L’innominato, da parte sua, si sdegna d’aver due volte comandato invano, ma appena si vede riflesso in quel viso turbato, lascia emergere la sua nuova identità e mitiga la voce. La voce di Lucia, pur tremante, rivela una certa sicurezza dell’indegnazione disperata: è la certezza che deriva dalla conoscenza della differenza tra bene e male ed è con questa certezza che pone davanti agli occhi dell’innominato uno specchio in cui egli vede riflesse, per la prima volta, le sue azioni attraverso gli occhi della vittima e le vede tanto crudeli, mentre prima gli sembravano del tutto ”normali”.
Lucia e la vecchia
Il dialogo tra Lucia e la vecchia abbassa decisamente i toni, mettendo a confronto due modelli femminili opposti, propri della tradizione, la donna strega e la donna angelo. A loro si può affiancare la cuoca Marta, un semplice nome, non una figura, anche se il nome scelto è lo stesso della donna che portava il cibo per Gesù, simbolo quindi di una femminilità che accudisce. Lucia non modifica il suo comportamento, conferma la tragicità della sua situazione e mantiene alta la tensione, mentre la vecchia viene caratterizzata in modo sempre più volgare:usa espressioni popolari (Aspetta ch’io te lo dica…), è dominata da sentimenti ostili, prova rabbia per quello che Lucia le fa patire, il freddo e il sonno, è invidiosa e stizzosa.
Mentre la donna risponde solo ai suoi bisogni elementari, mangiare, dormire, ripararsi dal freddo, Lucia sembra allontanarsi volontariamente da tutto ciò che è umano, come in una sorta di ribellione di tutto il suo corpo e un tentativo disperato di restare estranea a quel luogo di perdizione.
La notte dell’innominato
Il passo è condotto con la lingua colta del narratore, ricca di figure retoriche e simbologie più o meno esplicite. Forti i contrasti tra le parole, come l’ossimoro la fosca speranza, mentre il letto divenuto duro duro, sotto le coperte divenute pesanti pesanti è simbolo del peso della sua coscienza. Nella crisi d’identità da cui è preso l’innominato si può inserire una buona dose di invidia per le gioie altrui, un senso di esclusione da un mondo capace di rapporti intimi e affettivi: l’enumerazione di diverse categorie di persone che si aggregano rende l’idea della varietà. Che crea un accordo, portando il capitolo alla chiusura con una pausa in cui tutti gli elementi creano una melodia (uno scampanare a festa lontano…l’eco del monte…).
La narrazione della notte dell’innominato torna indietro, con un’analessi, al momento in cui si era allontanato dalla stanza della vecchia ( quindi sappiamo che era quasi scappato da Lucia), tuttavia l’immagine della giovane lo perseguita e gli scatena un conflitto interiore tra l’uomo vecchio, che non vuol morire, e quello nuovo, che esamina il passato con sguardo straniato, senza comprenderlo più. La sua crisi inizia e finisce alla finestra, da dove prima guarda la carrozza che porta Lucia, poi il sole al tramonto (cap. XX) ed ora l’alba, che annuncia la rinascita ancora incerta, come l’immagine delle montagne mezze velate di nebbia.
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