Gabriele D'Annunzio, Consolazione - Studentville

Gabriele D'Annunzio, Consolazione

Tipologia A: analisi del testo. Tema svolto per la maturità.

CONSOLAZIONE- GABRIELE D’ANNUNZIO

Non pianger più. Torna il diletto figlio
a la tua casa. È stanco di mentire.
Vieni; usciamo. Tempo è di rifi orire.
Troppo sei bianca: il volto è quasi un giglio.
5 Vieni; usciamo. Il giardino abbandonato
serba ancora per noi qualche sentiero.
Ti dirò come sia dolce il mistero
che vela certe cose del passato.
Ancóra qualche rosa è ne’ rosai,
10 ancóra qualche timida erba odora.
Ne l’abbandono il caro luogo ancóra
sorriderà, se tu sorriderai.
Ti dirò come sia dolce il sorriso
di certe cose che l’oblìo affl isse.
15 Che proveresti tu se ti fi orisse
la terra sotto i piedi, all’improvviso?
Tanto accadrà, ben che non sia d’aprile.
Usciamo. Non coprirti il capo. È un lento
sol di settembre; e ancor non vedo argento
20 su ’l tuo capo, e la riga è ancor sottile.
Perché ti neghi con lo sguardo stanco?
La madre fa quel che il buon fi glio vuole.
Bisogna che tu prenda un po’ di sole,
un po’ di sole su quel viso bianco.
25 Bisogna che tu sia forte; bisogna
che tu non pensi a le cattive cose…
Se noi andiamo verso quelle rose,
io parlo piano, l’anima tua sogna.
Sogna, sogna, mia cara anima! Tutto,
30 tutto sarà come al tempo lontano.
Io metterò ne la tua pura mano
tutto il mio cuore. Nulla è ancor distrutto.
Sogna, sogna! Io vivrò de la tua vita.
In una vita semplice e profonda
35 io rivivrò. La lieve ostia che monda
io la riceverò da le tue dita.
Sogna, ché il tempo di sognare è giunto.
Io parlo. Di’: l’anima tua m’intende?
Vedi? Ne l’aria fluttua e s’accende
40 quasi il fantasma d’un april defunto.
Settembre (di’: l’anima tua m’ascolta?)
ha ne l’odore suo, nel suo pallore,
non so, quasi l’odore ed il pallore
di qualche primavera dissepolta.
45 Sogniamo, poi ch’è tempo di sognare.
Sorridiamo. È la nostra primavera,
questa. A casa, più tardi, verso sera,
vo’ riaprire il cembalo e sonare.
Quanto ha dormito, il cembalo! Mancava,
50 allora, qualche corda; qualche corda
ancóra manca. E l’ebano ricorda
le lunghe dita ceree de l’ava.
Mentre che fra le tende scolorate
vagherà qualche odore delicato,
55 (m’odi tu?) qualche cosa come un fiato
debole di viole un po’ passate,
sonerò qualche vecchia aria di danza,
assai vecchia, assai nobile, anche un poco
triste; e il suono sarà velato, fioco,
60 quasi venisse da quell’altra stanza.
Poi per te sola io vo’ comporre un canto
che ti raccolga come in una cuna,
sopra un antico metro, ma con una
grazia che sia vaga e negletta alquanto.
65 Tutto sarà come al tempo lontano.
L’anima sarà semplice com’era;
e a te verrà, quando vorrai, leggera
come vien l’acqua al cavo de la mano.

La poesia fu composta l’11 gennaio 1891, e inserita nel Poema paradisiaco, nella terza sezione intitolata Hortulus animae. La lirica esprime una particolare fase della sensibilità dannunziana, il momento della stanchezza, dopo il periodo sensuale ed estetizzante del primo periodo letterario del poeta, culminato nel Piacere. D’Annunzio desidera tornare dalla madre, per rivivere la spensieratezza perduta dell’infanzia. Il titolo Consolazione allude all’intenzione del poeta di confortare la madre, che sola, si preoccupa della vita che conduce il figlio.
La lirica inizia con l’esortazione alla donna di non versare più lacrime e di passeggiare nel giardino abbandonato, per ricordare insieme le gioie del passato. Nonostante sia settembre, i fiori coprono la terra e l’aria è tiepida. La madre esita ad accettare l’invito, ma il figlio insiste dicendo che dovrebbe prendere un po’ di sole e che non deve credere a tutte le cose negative che le hanno riferito su di lui. Ella ritornerà a sognare accanto a lui, e il poeta si purificherà, come se prendesse dalle sue mani l’ostia dell’ Eucarestia che libera dalle colpe. Nell’aria si diffonde un profumo che sembra un fantasma d’un april defunto, e in effetti l’aria di settembre ricorda l’odore e il pallore di una primavera ritornata. Quando giungerà la sera il poeta prenderà il cembalo, e mentre la stanza sarà pervasa da profumi di fiori delicati, suonerà una vecchia aria di danza. Poi, comporrà un canto per la madre che la raccolga in sé come in una culla. Allora tutto tornerà come prima, il poeta avrà di nuovo l’anima pura come quando era bambino, e ritornerà leggera dalla madre, nello stesso modo naturale con cui l’acqua viene al cavo della mano.
La lirica esprime la volontà del poeta di cambiare vita, di lasciar perdere le esperienze raffinate della vita mondana e di ritornare alla vita semplice della fanciullezza.
La novità dei temi è evidente già nella struttura della poesia, che consiste in un colloquio modesto e affettuoso con la madre. Prevale il desiderio di trovare rifugio nel calore familiare, dopo esser vissuto in un mondo corrotto e falso; altri temi sono il bisogno di purificarsi, il recupero della condizione innocente della fanciullezza con i suoi sentimenti delicati e le piccole cose quotidiane, di una vita semplice e autentica. La rinascita del poeta è simboleggiata dal rifiorire della primavera, ma questa primavera è indefinibile, illusoria. Infatti è settembre, l’aria è tiepida e dolce come in primavera, ma è una “primavera dissepolta”, un “april defunto”, perché la natura si sta preparando per l’inverno. Dunque, la poesia non è immersa in un’atmosfera di rinascita, rigenerazione e freschezza gioiosa, ma la situazione è languida, spossata. Il giardino è “abbandonato”, il volto della madre è pallido come un giglio, e la luce di settembre è pallida; il cembalo è privo di qualche corda, le tende sono “scolorate”, la camera è pervasa da odore di “viole un po’ passate”, l’aria di danza è antica e malinconica e il suo suono è “fioco”. La scena rappresentata esprime deperimento, sfiorire, andare verso il nulla, passato lontano e non più recuperabile. Il reale tema del componimento non è la rinascita spirituale con il ritrovamento dell’innocenza, ma l’appagata contemplazione della decadenza, della morte. Ciò è evidente dal parallelismo tra il rifiorire del giardino e quello del poeta, perché il rinascere del giardino a settembre è illusorio, e così anche quello spirituale del poeta. Vi è inoltre una corrispondenza tra la delicatezza stanca della natura autunnale e l’indebolimento sensuale del poeta. La preoccupazione di purificarsi è il sogno rovesciato di questa stanchezza. Il componimento è percorso da una certa ambiguità, passando dalla vita alla morte segretamente confuse e intrecciate.
Per quanto riguarda il metro, la lirica è costituita da quartine di endecasillabi, con rime ABBA.
La costruzione formale conferisce alla poesia l’andamento di una conversazione quotidiana, semplice e intima. Le frequenti pause rendono l’intenzione del poeta di dar un’impressione di colloquiale. Questa semplicità che tende alla prosa in realtà è l’effetto di un espediente molto raffinato. Per esempio, nella prima strofa notiamo che la punteggiatura e le pause sono molto frequenti, e sono presenti frasi molto brevi. Ma se leggiamo tutto di seguito ci rendiamo conto che i versi hanno uno svolgimento molto scorrevole, grazie a un gioco multiforme e regolato degli accenti. La musicalità dei versi dunque è una melodia di sottofondo alla conversazione tra il poeta e la madre. Anche lo stile dunque alterna il bisogno di semplicità alla raffinata stanchezza.
Lo svolgimento colloquiale è apparente anche sul livello tematico, poiché sono presenti simmetrie, parallelismi e riprese. Per esempio, il “rifiorire” della prima strofa, torna nella quarta strofa (“se ti fiorisse / la terra sotto i piedi”); la dolcezza del passato della seconda strofa (“come sia dolce il mistero / che vela certe cose del passato”) la ritroviamo nella quarta strofa (“come sia dolce il sorriso / di certe cose che l’oblio afflisse”). La corrispondenza tra settembre e aprile della quinta strofa ritorna nella decima e nell’undicesima strofa. Le riprese riguardano i temi centrali del componimento, e servono a renderli manifesti; contribuiscono inoltre a dare un tocco musicale al componimento.

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