Galileo Galilei: Il principio di inerzia - Studentville

Galileo Galilei: Il principio di inerzia

Un aspetto della fisica galileiana.

Galileo intuì il principio di inerzia, che sarà  poi formulato adeguatamente da Cartesio. Il principio di inerzia mi dice che se conferisco movimento ad un corpo, esso tende a tenere quel moto all’infinito: questo significa che sia quiete sia moto sono stati: se un oggetto si muove quindi ciò che va spiegato ò perchò si fermi: dovrebbe per il principio di inerzia proseguire in quel moto all’infinito. Bisogna quindi spiegare il mutamento di stato (da moto passa ad inerzia). Per Aristotele invece non va spiegata la quiete ma il movimento, che ò una forma di cambiamento: ò un passaggio da potenza ad atto: la penna ò qui ma potrebbe essere lì; la sposto ed ecco che ò lì. Il mutamento-movimento per Aristotele richiede una causa, è un passaggio da potenza ad atto: la penna che sta qui in potenza potrebbe essere lì; ce la porto e da lì in potenza diventa lì in atto. Per noi va invece spiegata l’accelerazione, il cambiamento di velocità . Il lancio della penna mi spiega che acquista un movimento teoricamente infinito; per Aristotele ò normalissimo che la penna dopo un pò cada ( per lui è anormale che per un pò salga ! ): essa tende al suo luogo naturale: quello che per lui va spiegato ò perchò per un pò essa tenda a salire. Per Aristotele la quiete ò uno stato, il movimento un mutamento (ed i mutamenti vanno spiegati). Per noi sono entrambe stati. Anche qui abbiamo una prova in favore di quanto Aristotele fosse osservatore della realtà  ( più di Galileo stesso ): infatti la realtà  a riguardo della penna sembra proprio dare ragione a lui e non a noi. Ritornando a Galileo, egli, come noi, sostiene che quiete e moto siano due stati. Per Aristotele il movimento era uno dei tanti mutamenti e in quanto tale andava spiegato; la quiete invece era anche per lui uno stato e in quanto tale riteneva che non andasse spiegato: è lo stato naturale delle cose ai suoi occhi. Noi oggi sappiamo ( come Galileo aveva già  intuito ) che quando lanciamo per aria una penna, la poniamo in un nuovo stato ( il movimento ); il cambiamento non sta nel movimento, ma nell’ accelerazione. Potremmo considerare la quiete, in altre parole, come un movimento particolare ( movimento zero, per esempio ). La penna ferma per Aristotele è in uno stato, ma lanciandola c’ è un cambiamento, giustificato dalla spinta che si imprime alla penna: per lui è l’ aria che trascina per un pò in aria la penna; esauritasi la ” forza ” dell’ aria essa torna a cadere al suo luogo naturale. Da Galileo in poi viene considerato stato qualsiasi moto rettilineo uniforme; la quiete è appunto un caso di moto rettilineo uniforme con velocità  zero. La penna è ferma: è nello stato di quiete. Certo che con la mano imprimo un mutamento, ma esso si identifica non con il movimento, bensì con l’ accelerazione, ossia il mutamento di velocità : quello di cui la mano che lancia è causa non è il movimento, ma il passaggio da uno stato ( di moto rettilineo con velocità  zero ) ad un altro stato ( il moto rettilineo uniforme ); questo nuovo stato secondo il principio di inerzia è destinato ad andare avanti in eterno, finchò qualcosa non intervenga a modificarlo. Per Aristotele era difficile spiegare come la penna per un pò potesse salire in aria invece di correre subito al luogo naturale; per noi invece ciò che è difficile spiegare è perchò dopo un pò essa cada invece di proseguire eternamente nel suo moto, in altre parole perchò dopo un pò lo stato di moto rettilineo uniforme viene modificato in senso opposto dalla forza di gravità . Questo principio di inerzia formulato in modo embrionale da Galileo servirà  poi a Newton per spiegare come i pianeti possano stare su da soli se le orbite non sono materiali come le concepiva Aristotele, bensì sono traiettorie ideali come le concepiva Brahe: questo era un problema delicato e difficile e certo l’ interpretazione di Keplero secondo la quale il Sole ha un’ anima che attrae a sò i pianeti come il magnete attrae il ferro non poteva convincere più di tanto. A risolvere la questione una volta per tutte sarà  appunto Newton, che opererà  anche lui come Galileo nel 1600: mettendo insieme le scoperte di Galileo ( il principio di inerzia e la gravità , che però Galileo pensava fosse valida solo sulla Terra e non universalmente ), Newton arriverà  a dire che i pianeti stanno su e girano intorno al Sole perchò sparati a velocità  talmente grande da non riuscir più ad atterrare, vincendo così la forza di gravità  che tenderebbe a farli schiantare al suolo: in altre parole, il Sole attira i pianeti come il centro della Terra attira la penna ( forza di gravità  ); invece di schiantarsi sul Sole che lo attira ( come fa la penna attirata dal centro della Terra ) il pianeta gira intorno grazie al principio di inerzia ( moto uniformemente accelerato ) e non si allontana, ma gira intorno al Sole perchò sente comunque la forza di gravità  che esso esercita. Newton combinando principio di inerzia e forza di gravità  spiegherà  quindi come i pianeti stanno su senza ricorrere ad orbite materiali. Ma come arrivò Galileo a formulare il principio di inerzia? Vi arrivò sempre lavorando sul piano inclinato: osservò che mettendo sul famoso canaletto una biglia di bronzo lanciata ad una certa velocità , se lanciata in salita andrà  progressivamente diminuendo di velocità ; viceversa, lanciata alla stessa velocità  in discesa avrà  un progressivo aumento di velocità . Chiaramente si accorse di come la accelerazione ( se mandata in discesa ) e la decelerazione ( se mandata in salita ) fossero tanto maggiori o minori a seconda dell’ inclinazione del piano. Con il classico processo di estrapolazione ( ricavare un dato sconosciuto tramite dati conosciuti ) arrivò ad ipotizzare che in assenza assoluta di declinazione o inclinazione del piano ( ossia in assenza di un fattore di disturbo che intervenga ) la biglia dovrebbe proseguire all’ infinito nel moto in cui la si mette. E’ un esperimento mentale e non verificabile concretamente in primis perchò ci vorrebbe un piano infinito per dire che la biglia prosegue in quel moto all’ infinito; e poi occorrerebbe un piano con attrito zero. Immaginando però un piano infinito e con attrito zero, allora si può capire come la biglia proseguirebbe all’ infinito a rotolare.

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