Gli Ebrei - Studentville

Gli Ebrei

Storia, identità e problemi di un popolo: gli Ebrei.

Risulta molto importante, per comprendere gli attuali problemi del Medioriente, analizzarne la storia passata poichè, come sostiene Hegel, ogni evento storico, come ogni corrente filosofica dipende da stadi precedenti. Hegel sostiene anche che le azioni di un popolo dipendono dall'atteggiamento del mondo esterno nei suoi confronti. Per questo passerò ad analizzare l'antica storia del popolo ebraico fin dalla sua nascita.

Le sventure del popolo ebraico, stabilitosi presso Canaan in una terra relativamente fertile, cominciano quando, a causa di una siccità, si trovano costretti a fuggire verso sud ed arrivano in Egitto dove assumono una posizione di grande rilievo finchè non comincia la persecuzione ad opera di Ramses II che li pone in schiavitù fino a che Mosè non li riconduce alla terra promessa attraverso un lungo viaggio che viene narrato, anche se con notevoli imprecisioni, da Tacito nelle Historiae. Tacito, in quest'opera, narra gli avvenimenti che vanno dal 69 al 96 d.C.; nel V libro parla della guerra giudaica e per questo tratta in breve la storia antica degli Ebrei, in particolare nel capitolo 3 Tacito narra la storia dell'Esodo. Nella narrazione (V,3) dà credito ad una tradizione secondo cui gli Ebrei erano stati cacciati dall'Egitto perchè portatori di peste e ritrae il popolo ebraico senza ideali e senza una vera meta. Egli infatti descrive il viaggio come "fortuitum iter" e anche la figura di Mosè non è resa con la grandiosità che merita, riconosciuta invece da Michelangelo nel suo Mosè di cui Freud, nell'opera "Saggi sull'arte, la letteratura e il linguaggio", compie un'attenta analisi. Il Mosè era stato ideato da Michelangelo per adornare la tomba del papa Giulio II (il papa guerriero). Freud, nell'analizzare l'opera, sottolinea in particolar modo l'analogia con il Dio Pan (entrambi avevano le corna); poi passa ad analizzare la psicologia del personaggio ed espone due ipotesi contrapposte avanzate da critici a lui precedenti. Secondo la prima interpretazione Mosè è rappresentato sul punto di alzarsi in preda alla collera; nella seconda il Mosè è immagine di calma sublime. La tesi freudiana si pone come sintesi delle due precedenti sostenendo che Michelangelo ritrae il Mosè nel momento immediatamente successivo alla collera e sostiene la sua tesi notando alcuni particolari importanti come la posizione precaria delle tavole che invece dovrebbero essere tenute con la massima cura essendo sacre. Questo, secondo Freud ha la funzione di esaltare una qualità che difficilmente gli uomini posseggono, il controllo dei propri impulsi a vantaggio della causa per cui ci si è votati. Freud conclude sostenendo che questo voleva essere una sorta di rimprovero alla politica di Giulio II.

Giunti nel loro territorio di origine gli Ebrei formano uno stato che a partire da questo periodo fino all'avvento di Alessandro Magno, che conquistò tutto l'Oriente, inclusa la Palestina, raggiunge il suo apogeo. In seguito all'ellenizzazione ci fu la prima diaspora che sparpagliò il popolo ebraico in tutto il Medioriente e anche nel resto del Mediterraneo; particolare importanza assume l'ellenizzazione che dà luogo ad una importante forma di cultura denominata ebraico-ellenistica. La sede principale di questa cultura fu l'ellenizzata Alessandria d'Egitto dove confluirono un gran numero di Ebrei della diaspora i quali si adattarono perfettemente alla cultura ellenistica che veniva così contaminata da un'altra cultura d'importanza capitale per l'Occidente, quella giudaica.

La prima grande opera fu la cosidetta Bibbia dei settanta che era una traduzione, più o meno letterale, dell'Antico Testamento. Rilevante fu l"attività di Filone di Alessandria che cercò di conciliare la cultura ebraica con quella ellenistica tentando un'interpretazione allegorica della Bibbia. Di grande importanza per la nostra conoscenza della storia ebraica risulta, inoltre, Giuseppe Flavio che visse al tempo della dominazione romana e che suscitò grande affetto in Vespasiano cui predisse la successiva elezione ad imperatore. Ma durante la guerra giudaica, dopo aver assunto il ruolo di capitano delle forze giudaiche, si arrese ai romani e proprio in quell'occasione conobbe l'allora generale Vespasiano che lo salvò e in seguito lo liberò dalla sua situazione di schiavo e gli concesse di assumere il nome Flavio. Proprio per questo però egli fu accusato dal resto degli ebrei di tradimento. Le sue opere più importanti sono "La guerra giudaica" e "Le antichità giudaiche". Nella prima narra la storia della guerra giudaica e cerca di giustificare il suo comportamento mentre ne "Le antichità giudaiche" narra la storia della sua nazione avvalendosi di varie fonti tra le quali la stessa Bibbia dei settanta.

Dopo la dominazione romana la storia del popolo ebraico perde d'importanza e attraversa i secoli del Cristianesimo con notevoli difficoltà, gli ebrei furono spesso e volentieri perseguitati per la loro infedeltà a Cristo ed anche per averlo ucciso, la Palestina fu addirittura oggetto di Crociate. Alla fine dell'800 la comunità ebraica torna ad avere grande importanza sul piano culturale, soprattutto in Filosofia dove possono essere nominati Freud, inventore della psicanalisi e Bergson ma anche nel campo delle scienza con Einstein che si può considerare l'inventore della fisica moderna. Figura di paricolare interesse risulta essere Bergson che con il suo spiritualismo esprime il periodo di crisi del positivismo che precede l'inizio della I guerra mondiale.

In Italia Italo Svevo, insieme a Pirandello, fu uno dei più grandi scrittori del '900 italiano. Nelle sue opere grande importanza ha l'aspetto psicologico come, per esempio, nella coscienza di Zeno. Dopo la I guerra mondiale, con l'avvento dei totalitarismi, gli Ebrei si trovarono nuovamente ad essere perseguitati questa volta in modo programmatico e spietato. Hitler, salito al potere nel '34, promulgò le leggi raziali e spinse la popolazione tedesca a compiere atti di violenza contro gli ebrei.

Emblematica è la notte dei lunghi coltelli, proprio a quest'evento si può far risalire il principio della persecuzione esplicita. Durante la II guerra mondiale gli Ebrei furono addirittura deportati in campi di lavoro e se abili fatti lavorare fino alla morte, altrimenti  uccisi nelle camere a gas.

Con la fine della guerra ,nel '45, gli alleati, quando liberarono Auschwitz, si trovarono di fronte ad uno spettacolo che molto impressionò l'opinione pubblica mondiale. I sopravvissuti ai campi di lavoro  si sparpagliarono nuovamente in tutto il mondo, di questi una piccola parte andò in Palestina, dove già dai primi anni del '900 era attivo il Sionismo.

Il Sionismo teorizza la fondazione di uno stato ebraico per tutti gli aderenti alla religione ebraica, quindi da questo stato dovevano essere escluse tutte le altre popolazioni. Il sionismo scelse la Palestina come sua patria  anche se precedentemente si era pensato ad un territorio in Argentina. La società delle nazioni, prima della II guerra mondiale, affidò il mandato sulla Palestina all'Inghilterra che con il trattato di Balfour (1917) ne appoggiò formalmente la nascita. Alla scadere di questo mandato, nel 1948, l'ONU operò una spartizione del territorio palestinese tra Ebrei e palestinesi. Questa spartizione, anche se voluta dagli Ebrei non li soddisfece totalmente tanto che, dopo poco tempo, intrapresero una guerra di conquista della parte palestinese che vinsero facilmente. Emblematico della crudezza di questa guerra è l'episodio di Deir Yassin, un piccolo paese di 300 abitanti in cui gli Israeliani decisero di compiere un operazione esemplare per spaventare ed incitare alla fuga il resto della popolazione palestinese. In questo villaggio gli israeliani uccisero 250 persone, incluse donne e bambini, e salvarono i rimanenti  affinchè andassero a raccontare agli altri l'avvenuto.

Cominciò così l'esodo dei Palestinesi nei paesi vicini, che però non erano in grado di accoglierli; intervenne così l'ONU che costruì una tendopoli per ospitare tutti i palestinesi. Nel '49 gli Israeliani accettarono l'armistizio dell'ONU che concesse loro il 78% delle terre palestinesi (inizialmente gli era stato concesso il 56%). La politica espansionistica israeliana continua con il beneplacido dell'Occidente di cui Israele difende gli interessi, impedendo la formazione di governi autonomi che nazionalizzino il petrolio, come ad esempio, durante la crisi di Suez nel '56 oppure la guerra dei sei giorni nel '67, durante la quale Israele dichiarò guerra a Egitto, Giordania e Siria perchè queste avevano imposto un blocco navale nel golfo di Aqaba, vitale per i rifornimenti Israeliani. In questa guerra l'Egitto perse il Sinai, che poi Israele fu costretta a restituire.

Dopo la clamorosa sconfitta nella Guerra dei sei giorni gli Arabi fondarono l'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) con a capo Yasir Arafat. L'OLP cominciò una lotta terroristica su piano internazionale. Nel '73 ci fu la guerra del Kippur durante la quale gli egiziani cercarono di riconquistare il Sinai, attaccarono Israele durante la festa del Kippur cogliendoli di sorpresa e riuscirono a sfondare le linee Israeliane; ma in poco tempo arrivò la decisiva controffensiva israeliana che respinse gli egiziani. Nonostante la vittoria, questa guerra ebbe grandi effetti sulla politica mediorientale: i paesi arabi chiusero il canale di Suez fondamentale per gli approvigionamenti delle nazioni amiche di Israele cioè l'occidente capitalista. Per questo gli Stati Uniti e le altre potenze capitalistiche furono costrette a trattare con gli Arabi. Nel '78 si giunse, per mediazione del presidente degli Stati Uniti Carter, agli accordi di Camp David in cui l'Egitto ottenne la restituzione del Sinai e stipulò con Israele un trattato di pace.

Ma l'OLP decise di non trattare la pace con Israele e una volta che l'OLP si era ammorbidito fu Israele a non voler trattare con un'organizzazione terroristica. La vittoria dei laburisti, con la salita al potere di Rabin che, insieme al suo ministro degli esteri Shimon Peres, avviò una trattativa con l'OLP con cui firmò uno storico accordo a Washington (nel '93),costituì una svolta determinante per Israele. Ciononostante non ci fu una situazione di calma; nel '95 Rabin fu ucciso da un estremista israeliano mentre il terrorismo degli integralisti islamici assumeva forme sempre più preoccupanti. In questa situazione di estrema tensione, in cui due popoli che fino a poco tempo prima si odiavano e si combattevano, ora sono costretti a vivere insieme; qual è la parola che diviene di moda? E' la stessa che viene sempre pronunciata riguardo agli immigrati, la tolleranza.

Ma che cos'è veramente la tolleranza?  Marcuse nel suo saggio "La tolleranza repressiva" sostiene che la tolleranza è, utopisticamente, l'eliminazione della violenza e la riduzione della crudeltà e quindi dovrebbe esistere una società umana che ancora oggi non esiste. Per questo, non potendo esistere una tollerenza pura questa perde di valore in quanto la tolleranza si riduce ad un mezzo per mantenere unite le parti degli stati o del mondo. La tolleranza nei confronti dei discorsi prima che si concretizzino in fatti è, secondo Marcuse, deleteria in quanto sono proprio quei discorsi che hanno anticipato la venuta del nazismo e del fascismo. Inoltre Marcuse riconosce nella società di oggi una tolleranza repressiva che, concedendo alcune libertà ai cittadini, li illude di essere liberi e quindi li assuefà a quella che in realtà  è la loro condizione di schiavi, sottomessi alla società che li sfrutta.

Un altro concetto importante  che esprime Marcuse è che la tolleranza si esprime spesso in due forme entrambe negative:

1) la tolleranza passiva degli attegiamenti e delle idee consolidate e stabilite anche se è evidente il loro effetto dannoso sull'uomo e sulla natura;

2) l'attiva, ufficiale tolleranza garantita alla destra come alla sinistra, ai movimenti di aggressione come ai movimenti di pace, al partito dell'odio a quello dell'umanità.

Questo tipo di tolleranza è negativa in quanto protegge il meccanismo già stabilito della discriminazione.
Nonostante che Marcuse sostenga che non esiste la tolleranza pura è anche vero che l'intolleranza ha sempre conseguenze deleterie come si può verificare analizzando la storia e la letteratura antica. L'intolleranza di un popolo verso un altro è stata spesso la causa di guerre sanguinose dalle quali, quasi sempre, nessuno esce vincitore. Un esempio molto significativo di questo fenomeno è l'intolleranza religiosa degli ebrei nei confronti dei romani che portò alle guerre giudaiche.

Una rappresentazione letteraria simbolica dell'intolleranza religiosa è rappresentata nelle Baccanti di Euripide. In quest'opera il contrasto tra Penteo, rappresentante della religione ufficiale, e Dioniso, che rappresenta il nuovo, si risolve in modo estremamente negativo. Penteo, reo di un'intolleranza profonda (come si legge nel passo), viene ucciso dalle baccanti sotto l'ebbrezza del rito dionisiaco. D'altra parte Dioniso si aliena le baccanti che fuggono da Tebe e da lui a causa del ricordo dei terribili atti da loro commessi. Anche in questo caso nessuno dei due contendenti risulta vincitore.
Ci si chiede quindi, se la tolleranza non può esistere e l'intolleranza porta solo sventure, qual è l'atteggiamento corretto?

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