Secondo Marx ed Engels la concezione materialistica della storia pone il socialismo su basi scientifiche, perchò si costruisce sull’analisi del processo storico e delle condizioni reali che porteranno alla transizione del socialismo ed è quindi lontana dalle costruzioni utopiche e immaginarie dei primi socialisti (Fourier, Saint-Simon, etc. ): i socialisti utopistici, infatti, non prevedevano il raggiungimento dei loro obiettivi sociali con la rivoluzione, bensì progettavano a tavolino delle società utopiche e le presentavano ai ceti dominanti, sperando che essi volessero metterle in atto: ovviamente si tratta solo di un’utopia, in quanto le classi dominanti non concederanno mai quanto richiesto da questi socialisti; tuttavia il motivo per cui questo socialisti non penseranno ad un’azione rivoluzionaria, come farà invece Marx, è piuttosto semplice: a quei tempi stava appena nascendo e non aveva ancora preso piena coscienza di sò l’attore principale della rivoluzione prevista da Marx: il proletariato. Un esempio tipico di questa erronea impostazione socialista era dato, secondo Marx, da Proudhon, che egli sottopone a critica nella Miseria della filosofia, dove rende note al pubblico le linee essenziali della concezione materialistica della storia. Proudhon accettava la teoria economica di Ricardo, ma la estendeva come valida ad ogni epoca della storia, ricorrendo a leggi e a idee eterne come motori della storia. Spiegando i fenomeni economici in termini morali e filosofici, egli mistificava la reale base economica e storica della società capitalistica, con la conseguenza di propugnare non una soppressione di essa, ma un astratto ideale di giustizia orientato verso una migliore distribuzione delle ricchezze e una politica di collaborazione tra le classi. A questo Marx ed Engels contrappongono, soprattutto nel Manifesto del partito comunista, la tesi secondo la quale il motore della storia è la lotta tra le classi: ‘ La storia di ogni società ò stata finora la storia di lotte di classe. ‘ La posizione e missione storica delle classi è determinata dalla loro collocazione all’interno di specifici modi di produzione. La divisione del lavoro, da cui deriva la proprietà privata, genera la disuguaglianza sociale e, quindi, i conflitti tra interessi particolari e interesse collettivo, tra l’attività del singolo e il potere di chi controlla questa attività : da ciò emerge la lotta di classe. Quando ad un determinato grado di sviluppo della divisione del lavoro non corrispondono più rapporti sociali adeguati, allora la relazione tra forze produttive e forme di cooperazione sociale entra in ‘contraddizione’ e si produce una crisi e una transizione rivoluzionaria ad un diverso modo di produzione e al dominio di una nuova classe. Così è avvenuto con la borghesia nei confronti del precedente mondo feudale: Marx ed Engels tracciano un profilo storico dei trionfi della borghesia sul piano economico ed intellettuale. L’ascesa della borghesia coincide con lo sviluppo del capitalismo: solo con la forma moderna della proprietà e la formazione dell’industria, si afferma un modo di produzione su scala mondiale, ma con esso si genera al tempo stesso una massa ingente di forze produttive, il proletariato industriale, destinato ad abbattere il dominio della borghesia e a condurre all’eliminazione delle classi e della divisione del lavoro. Nella rivoluzione ‘ i proletari non hanno da perdervi altro che le proprie catene. Da guadagnare hanno un mondo ‘, cosicchò Marx ed Engels possono concludere il Manifesto con la parola d’ordine: ‘ Proletari di tutti i paesi, unitevi! ‘. Ma in Europa nel 1848 vi è un fallimento generale delle rivoluzioni: Marx e Engels ne prendono atto, ma sono coscienti che, accanto alla sconfitta politica, vi è una vittoria: il proletariato ha finalmente preso coscienza di sò, di essere una forza autonoma, diversa e opposta alla borghesia; fino ad allora il proletariato, infatti, aveva fatto rivoluzioni non sue, al fianco della borghesia per scalzare l’aristocrazia; e del resto così doveva andare: una volta eliminata l’aristocrazia, il proletariato e la borghesia avrebbero rotto la loro alleanza e sarebbe nata la lotta di classe moderna. Marx però non poteva non condannare quei proletari che, per attaccare la borghesia, cercavano improbabili alleanze con l’aristocrazia: sarebbe infatti stato un tornare indietro, ai tempi bui del medioevo; nel 1848, con la dura repressione subita da parte della borghesia francese, il proletariato ha preso coscienza di sò e Marx può affermare che ‘ Le armi con cui la borghesia ha annientato il feudalesimo si rivoltano ora contro la borghesia stessa. Ma la borghesia non ha solo forgiato le armi che la uccidono; ha anche prodotto gli uomini che imbracceranno queste armi: i lavoratori moderni, i proletari. ‘ Fatto sta che dopo il fallimento delle rivoluzioni del 1848 in Europa, Marx ed Engels pervengono alla convinzione che il centro della rivoluzione si è spostato in Inghilterra, il paese industrialmente e capitalisticamente più avanzato. Teoricamente la possibilità della rivoluzione è ancorata alla previsione dello sviluppo uniforme del capitalismo su scala mondiale, ma le condizioni di sviluppo economico e politico sono ancora disuguali nelle varie nazioni. In Inghilterra, l’introduzione del vapore come forza motrice aveva rivoluzionato il sistema della produzione industriale e il sistema dei trasporti, negli anni ’50 la produzione riceveva una nuova spinta in avanti, dando luogo a vaste concentrazioni industriali, all’espansione dei consumi, a un aumento dei salari, alla diminuzione delle ore lavorative. In questa situazione Marx riprende lo studio dell’economia politica e affronta la questione del corretto metodo dell’analisi economica. I risultati più cospicui di questa riflessione sono gli appunti pubblicati postumi sotto il titolo di Grundrisse e Per la critica dell’economia politica, uscita nel 1859, preceduta nel 1857 dalla stesura di un’ Introduzione, pubblicata anch’essa postuma. L’oggetto dell’economia politica sono individui che producono in società , non isolatamente, come pensavano gli economisti classici, da Smith a Ricardo. L’indagine deve avviarsi dalla realtà , dal concreto, che esiste autonomamente fuori della mente, ma che alla rappresentazione immediata appare come un ‘insieme caotico’ di determinazioni. Così ò, ad esempio, il concetto di popolazione, una semplice ‘astrazione’, se non si tiene conto delle classi da cui la popolazione è composta e del modo di produzione di cui esse fanno parte; così non si può parlare di produzione in generale, a prescindere dai caratteri che essa assume nelle specifiche epoche storiche. Tuttavia il concreto, anche se caotico, è il punto di partenza per l’effettuazione di astrazioni, le quali permettono di ricavare concetti sempre più semplici e sottili. Tali concetti sono le categorie dell’analisi economica, come, ad esempio, quella di divisione del lavoro, soggetto del lavoro, prodotto, strumento di produzione e così via. Stando a Marx, le astrazioni più generali sorgono solo dove il concreto raggiunge il maggior sviluppo, ovvero dove una caratteristica appare comune a una vasta totalità di fenomeni. Per esempio, il concetto di ‘lavoro astratto’, in cui il lavoro è pensato in generale, non è in riferimento alle sue forme particolari, può formarsi dove il lavoro non è più legato all’individuo ‘come sua destinazione particolare’, ma è diventato nella realtà soltanto ‘il mezzo per creare in generale la ricchezza’. Questo è avvenuto solamente nell’economia moderna. Marx dice che ‘ l’esempio del lavoro mostra in modo evidente che anche le categorie più astratte, sebbene siano valide (proprio a causa della loro natura astratta) per tutte le epoche, sono tuttavia, in ciò che vi è determinato in questa astrazione, il prodotto di condizioni storiche e possiedono la loro piena validità solo entro queste condizioni ‘. Con questa asserzione Marx ribadisce la validità di uno dei presupposti basilari del materialismo storico: le idee si formano a partire dai caratteri assunti storicamente da un determinato modo di produzione. Le astrazioni concettuali così raggiunte costituiscono un insieme di variabili, rispetto alle quali si possono stabilire solamente leggi logiche generali. Infatti da esse non si possono ricavare presunte leggi naturali della società , se non assumendo arbitrariamente, come fanno gli economisti classici, che i rapporti propri di una determinata società , e precisamente della società borghese, costituiscano forme eterne. Il procedimento corretto consisterà invece nel sostituire alle variabili ottenute per astrazione le proprietà storiche specifiche di ciascuna formazione sociale ed economica e individuare in tal modo le relazioni intercorrenti di fatto tra le variabili. Si tratta in altre parole di ripercorrere il cammino all’indietro, non più dal concreto all’astratto, ma dall’astratto al concreto. La differenza consiste nel fatto che il concreto raggiunto alla fine di questo percorso non è più quell’insieme caotico, che era all’inizio dell’indagine, bensì una totalità di relazioni correttamente individuate, la sintesi del concreto di partenza con le categorie astratte raggiunte tramite l’analisi. La vera dialettica si articolerà dunque nei tre momenti: concreto-astratto-concreto. Gli economisti avevano compiuto solamente il primo passo, arrestandosi al momento dell’analisi e alle categorie astratte alle quali essa dà luogo; Hegel, da parte sua, aveva preteso di dedurre dalle categorie astratte il concreto, la realtà empirica, come se fosse il pensiero a produrre il concreto. A parere di Marx, invece, la dialettica del pensiero può soltanto riprodurre ciò che avviene nella realtà : si tratta dunque di far poggiare la dialettica, ancora una volta, sui piedi e non sulla testa, come pretendeva di fare Hegel. Le categorie economiche più astratte si formano, per Marx, nella situazione storica in cui lo sviluppo economico ha raggiunto la forma più ricca e articolata, ovvero nel modo di produzione capitalistico. Esso è quindi la chiave per comprendere anche le formazioni economiche antecedenti, più arretrate. Nell’ Introduzione a Per la critica dell’economia politica Marx sostiene che le categorie che consentono di cogliere la struttura della forma più avanzata di produzione, ovvero quella della società borghese, consentono anche di capire ‘ la struttura e i rapporti di produzione di tutte le forme di società passate, sulle cui rovine e con i cui elementi essa si è costruita, e di cui sopravvivono in essa ancora residui parzialmente non superati ‘, allo stesso modo in cui ‘ l’anatomia dell’uomo è una chiave per l’anatomia della scimmia ‘. Il problema fondamentale consisterà allora nell’articolare le categorie della formazione economica e sociale capitalistica. A questa impresa Marx si accinge soprattutto con il Capitale.
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