Lo svolgimento
L'azione di Annibale assunse subito un carattere nettamente ostile ai Romani. Concentrato un forte esercito a Cartagena (220-219 a. C.), preparò una spedizione contro Sagunto, città iberica indipendente a Sud dell'Ebro, alleata di Roma, sapendo così di provocare la guerra. I romani dapprima intimarono ai Cartaginesi di abbandonare l'assedio della città, poi chiesero loro la consegna di Annibale e dei suoi consiglieri; al rifiuto seguì l'apertura delle ostilità.
Annibale, lasciato il fratello Asdrubale al comando dei presidi spagnoli, intraprese la sua marcia memorabile dalla Spagna, attraverso i Pirenei, la valle del Rodano e le Alpi, fino alla Valle Padana. Interessante la disquisizione fatta da Polibio riguardo alla geografia e al percorso seguito da Annibile per giungere in Italia.
Egli contava anche sull'effetto morale della sua impresa e in particolare sulle tribù galliche della Cisalpina, insofferenti del dominio romano, e sulla disgregazione della lega italica stretta intorno a Roma.
I Romani avevano preparato due eserciti, destinati l'uno a sbarcare in Africa, l'altro, sotto il comando di P. Cornelio Scipione a invadere la Spagna. Scipione, che si trovava alle foci del Rodano, avuta notizia della marcia di Annibale, si gettò al suo inseguimento senza riuscire a impedirgli di varcare le Alpi. Al Ticino avvenne il primo scontro, conclusosi con la vittoria cartaginese (218).
Ma se Annibale trovò favorevoli i Galli, le vittorie del Ticino, del Trebbia e quella più importante del Trasimeno (217) non intaccarono la lega italica, e nessuna città umbra ed etrusca si diede ad Annibale, che si accampò in Campania. Roma in questa difficile situazione nominò dittatore Fabio Massimo che, per la sua tattica di indebolire il nemico senza venire a battaglia campale, fu chiamato cunctator, il "temporeggiatore".
Nel 216, con l'elezione dei nuovi consoli Emilio Paolo e Terenzio Varrone, riprese favore presso i Romani il programma dell'offensiva, ma in Puglia, presso Canne, l'esercito romano fu disfatto dai Cartaginesi; Emilio Paolo cadde sul campo. Poco dopo un altro esercito fu sconfitto dai Galli nell'Italia Settentrionale, sicché questa regione andò perduta; rimasero a Roma solo l'Italia Centrale e parte dell'Italia Meridionale.
I Romani però avevano sempre il dominio del mare, così' che Annibale non potè ricevere adeguati soccorsi da Cartagine e dalla Spagna. In Sicilia tuttavia dovettero ridurre all'obbedienza Siracusa, passata ai Cartaginesi, mentre in Epiro dovettero difendersi contro l'attacco del re di Macedonia Filippo V (prima guerra macedonica e pace di Fenice). Mentre Roma riprendeva Capua, falli alla battaglia del Metauro il tentativo di Asdrubale di portare aiuto dalla Spagna al fratello Annibale.
Immobilizzato Annibale nelle sue posizioni del Bruzio (Puglia), i Romani furono in grado di portare la guerra in Africa; il comando fu affidato a Scipione, che sbarcò l'anno dopo in Africa, presso Utica. Assicuratosi l'alleanza del re di Numidia, Massinissa, Scipione batté ai Campi Magni i Cartaginesi, che s'affrettarono a richiamare Magone dalla Liguria e Annibale dal Bruzio (203).
I due capitani si affrontarono in battaglia non lontano da Zama; la vittoria dei Romani fu piena e decisiva (202). Cartagine dovette accettare la durissima pace che Scipione le impose.
Cartagine fu, secondo il trattato di pace, costretta a rinunciare alla Spagna e a tutti i domini non punici d'Africa; consegnare gli elefanti da guerra e tutta la flotta meno dieci triremi; rinunciare a far guerre fuori dell'Africa e a farle in Africa solo col consenso di Roma; pagare un'indennità di diecimila talenti in cinquant'anni. Cento ostaggi scelti da Scipione dalle primarie famiglie dovevano garantire la sincera osservanza degli accordi stipulati.
La secolare rivale di Roma, che un tempo era stata signora dell'Occidente, spariva per sempre dal numero delle grandi potenze (201 a. C.); Scipione ebbe il titolo di Africano.
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