Libro 1 - par 11 - 19 - Studentville

Libro 1 - par 11 - 19

[11] Era causa di ciò non tanto il ristretto numero d’uomini, quanto la scarsità di denaro. In effetti, il problema dei rifornimenti li indusse a mobilitare un contingente di spedizione ridotto: nei limiti di quanti calcolavano che avrebbero ricavato laggiù con l’attività di guerra i mezzi per vivere. Arrivati nella regione di Troia, riuscirono vincitori in un primo scontro (è sicuro, in quanto non avrebbero potuto, in caso diverso, rafforzare con il vallo il loro attendamento): pure è noto che neppur là, nella piana di Troia, abbiano utilizzato al completo i loro effettivi. Urgeva la necessità di vettovaglie, quindi si dettero all’agricoltura nel Chersoneso, e a praticar la pirateria. Onde, per il frazionamento delle forze nemiche, i Troiani resistettero ancor più validamente per quei dieci celebri anni, disponendo sempre di truppe numericamente pari a quelle greche che, di volta in volta, rimanevano ad affrontarli sul campo. Di contro, se i Greci fossero giunti già forniti di riserve alimentari adeguate, quindi in blocco, senza disperdersi chi facendo il predone, chi l’agricoltore, avessero protratto senza interruzione il loro sforzo bellico superiori com’erano negli scontri in campo, avrebbero conquistato la città agevolmente: essi che, senza mai fronteggiarlo compatti, erano sempre in grado di contrastare il nemico con la parte di truppe ch’era di volta in volta presente e che, serrando Troia di continuo assedio, l’avrebbero presa in tempo più breve e con minori fatiche. Al contrario, per esiguità di risorse economiche, non solo risultavano irrilevanti le imprese anteriori, ma queste stesse gesta, le più celebri tra quelle condotte prima, appaiono in realtà impari alla fama che ne nacque e alla memoria che fra noi sopravvive ancora, per il canto dei poeti. [12] E infatti, anche dopo l’impresa troiana, la Grecia andava soggetta a continui movimenti migratori e di colonizzazione, sicché mancante di una pacifica stabilità, non progredì in potenza. Infatti, il ritorno dei principi da Troia avvenuto così tardivo, introdusse molti mutamenti, mentre nelle città soprattutto fiammeggiavano sedizioni e rivolte, con la conseguenza che i profughi ne uscivano fondando nuovi centri di abitazione. In tal modo, gli attuali Beoti, nel sessantesimo anno dalla conquista di Troia, scalzati da Arne per opera dei Tessali si stanziarono nella moderna Beozia, denominata in antico «Paese di Cadmo» (in questa terra, in tempi lontani, viveva già un loro nucleo, e di là avevano mandato un loro reparto a combattere sotto le mura di Troia): analogamente i Dori, nell’ottantesimo anno, occuparono il Peloponneso, guidati dagli Eraclidi. Faticosamente e dopo gran tempo in Grecia si stabilì una situazione di pace sicura, senza interne scosse migratorie: si cominciarono a mandar gruppi di coloni. Gli Ateniesi colonizzarono la Ionia e il maggior numero di isole; quelli del Peloponneso le parti più estese della Sicilia e dell’Italia, insieme ad alcune località della restante Grecia. Queste fondazioni si effettuarono tutte dopo le vicende di Troia. [13] Aumentando in progressione la potenza dei Greci che si impegnavano con sforzo ancor più sollecito di prima ad accumulare le loro rendite, presero piede in numerosi stati, in relazione alla crescita della loro ricchezza, le tirannidi (anteriormente invece vigevano monarchie ereditarie, limitate da certe prerogative): i Greci inoltre armavano flotte ed esercitavano più decisamente la marineria. Corre fama che siano stati i Corinzi a introdurre migliorie tecniche nella fabbricazione delle navi, avvicinandole di molto al livello moderno, e che le prime triremi, in Grecia, uscissero appunto dai cantieri di Corinto. Pare anzi accertato che Aminocle di Corinto, un costruttore navale, abbia fabbricato quattro navi per quelli di Samo. Saranno circa trecento anni alla fine di questa guerra, da che Aminocle giunse a Samo. Il più antico scontro sul mare di cui siamo al corrente è quello tra Corinzi e Corciresi: a computare fino alla medesima data, saranno all’incirca duecentosettanta anni. Dunque i Corinzi con la loro città situata proprio sull’istmo, costituirono sempre, fin da epoche remote, uno scalo commerciale: poiché i Greci antichi all’interno del Peloponneso e quelli esterni trafficavano tra loro per terra più che per mare, percorrendo di necessità il loro istmo; così i Corinzi erano diventati una potenza economica, come mostrano anche gli antichi poeti: attribuirono infatti alla località l’epiteto di «doviziosa». In seguito, quando i Greci incrementarono i negozi marittimi, quelli di Corinto, allestite parecchie navi, si volsero a sterminare i pirati e potendo offrire per mare e per terra un punto di smistamento al traffico commerciale, fecero poderosa l’economia del loro stato con l’afflusso di rendite. Anche gli Ioni dispongono in seguito di una flotta consistente, all’epoca di Ciro, primo sovrano dei Persiani, e del figlio Cambise; in lotta con Ciro dominarono per qualche tempo il tratto di mare che è loro antistante. Pure Policrate, tiranno di Samo al tempo di Cambise, forte di una buona flotta, non solo ridusse in suo potere le altre isole, ma consacrò anche Reneia, dopo la sua conquista, ad Apollo di Delo. I Focesi poi, durante la fondazione della loro colonia Marsiglia, misero in rotta in uno scontro navale i Cartaginesi. [14] Le flotte più poderose erano dunque queste. Risulta però che, per quanto di molte generazioni più recenti rispetto alla guerra di Troia, utilizzassero anch’esse poche triremi e avessero in organico, come quelle arcaiche, essenzialmente scafi a cinquanta remi e navigli lunghi. Poco avanti le guerre persiane e la morte di Dario, che regnò in Persia dopo Cambise, i tiranni di Sicilia, ebbero a disposizione un numero considerevole di triremi, come i Corciresi; e infatti queste furono le ultime flotte degne di ricordo in Grecia, prima dell’assalto di Serse. Gli abitanti di Egina infatti e gli Ateniesi, con altri pochi, erano in possesso di scarse flottiglie, in massima parte composte di navi a cinquanta rematori. Solo più tardi, quando gli Ateniesi erano in guerra contro gli Egineti, Temistocle riuscì a convincerli, anche nel timore che fosse imminente l’aggressione del popolo persiano, ad allestire triremi, con le quali poi effettivamente avrebbero combattuto: ma anche queste erano sfornite di ponti, a proteggere intera la lunghezza dello scafo. [15] Tale si presentava l’entità delle potenze navali greche: le più antiche e quelle sorte in epoche più recenti. Comunque, chi poteva esercitare la marineria, si creò una considerevole potenza, non solo in entrate economiche, ma anche in supremazia sugli altri. Spostandosi con la flotta, sottomettevano a tributo le isole, che costituivano uno sbocco particolarmente ricercato da quelli che non possedevano territorio sufficiente. Conflitti terrestri invece, da cui potesse nascere qualche rispettabile potenza, non se ne effettuarono: si trattava in complesso, quante se ne verificavano, di guerricciole impegnate con i propri vicini di confine; ma vere e proprie campagne. militari, molto lontane dal proprio paese e a scopo di dominio, i Greci non usavano organizzare. Perché non esistevano città che si fossero affiancate in soggezione a stati più potenti: nemmeno pensavano di sostenere, a condizioni di parità, spedizioni comuni; pertanto le singole genti preferivano guerreggiare coi propri vicini. In occasione tuttavia di un antico conflitto esploso tra Calcidesi e quelli di Eretria, anche le altre popolazioni greche si trovarono divise, alleandosi chi con l’uno chi con l’altro belligerante. [16] In vari paesi di Grecia intervennero diversi fattori negativi, che ne interruppero il progresso. Anche presso gli Ioni, per addurre un esempio: la loro potenza era già discretamente avanzata, quando Ciro con il regno di Persia, dopo aver abbattuto Creso e assoggettato il paese che si stende tra il fiume Alis e il mare, mosse loro guerra e soggiogò le città sul continente. Inoltre Dario, tempo dopo, forte della flotta fenicia, asservì le isole. [17] I tiranni, quanti v’erano nelle città greche, con lo sguardo egoisticamente teso al personale interesse, all’incolumità fisica oltre che al crescente prestigio della propria casata, preferivano dedicarsi, fin tanto ch’era loro possibile e per evidenti ragioni di sicurezza, alle questioni di politica interna, ciascuno nel chiuso delle proprie città: nessuna impresa pertanto fu da loro diretta, che fosse degna di memoria eccettuata forse qualche incursione a spese delle genti limitrofe. Non certo i tiranni di Sicilia, che invece conquistarono una grande potenza. In tal modo, da ogni parte e per lungo tempo, la Grecia si trovò praticamente preclusa la via a qualunque impresa veramente apprezzabile, poiché le città, singolarmente prese, mancavano di spirito d’iniziativa. [18] I tiranni d’Atene e quelli delle altre parti di Grecia, soggetta anche prima di Atene e in varie località alle tirannidi, furono abbattuti finalmente, per la maggior parte, eccetto quelli in Sicilia, dagli Spartani. (Poiché Sparta, dopo la sua fondazione ad opera di quei Dori che attualmente l’abitano, pur sconvolta da interni fermenti per il periodo di tempo più esteso di cui s’abbia storicamente memoria, pure fin dall’antichità godette per la concordia delle sue componenti politiche una temperata costituzione e in seguito fu sciolta sempre dalla tirannide: son corsi quattrocent’anni circa e poco più fino alla conclusione di questo conflitto, da quando gli Spartani adottano, immutato, quell’ordinamento politico. Fatti possenti da questa salda coesione interna stabilivano anche le forme di governo nelle altre città). Dopo l’espulsione dei tiranni dalla Grecia, dicevamo, trascorsi non molti anni si combatté a Maratona tra Persiani e Ateniesi. Passan dieci anni, e una seconda volta lo straniero cala in Grecia con quell’esercito sconfinato, deciso a soggiogarla. Il pericolo immineva gravissimo: gli Spartani, che eccellevano per potenza militare, si assunsero il comando dei Greci, serrati in alleanza a respingere il nemico. Per parte loro gli Ateniesi, mentre avanzava l’aggressione persiana. decisero di abbandonare del tutto la città raccolsero i loro beni di fortuna e si imbarcarono sulle navi da guerra: si fecero così esperti del mare. Respinto lo straniero con sforzo concorde, non passò molto che il fronte comune dei Greci, di quelli che si erano emancipati dal Gran Re e di quelli che ne avevano retto l’assalto, si spezzò in contrapposti blocchi, polarizzandosi l’uno intorno ad Atene l’altro a Sparta. Questi due stati disponevano evidentemente delle potenze maggiori: gli uni sulla terra, gli altri con la flotta. L’intesa fra loro non fu duratura. Presto i rapporti s’incrinarono. Spartani e Ateniesi entrarono in uno stato di guerra, con al fianco i rispettivi collegati. Gli altri Greci poi, se insorgevano contrasti, si inserivano nell’orbita dell’una o dell’altra potenza. Di conseguenza il periodo tra il conflitto persiano e questa guerra fu tutto un avvicendarsi continuo di tregue e di atti di ostilità reciproci o sferrati contro i propri alleati dissidenti: così i Greci raffinarono la tecnica delle azioni militari e, costretti all’esercizio ininterrotto tra effettivi pericoli, ne approfondirono la competenza. [19] Gli Spartani, esercitavano l’egemonia sugli alleati senza costringerli alla soggezione del tributo attenti solo a che i loro sistemi politici si conformassero ai precetti dell’oligarchia e riuscissero sostanzialmente di vantaggio solo alla loro città, Sparta. All’opposto, gli Ateniesi non solo requisivano via via le flotte dei paesi collegati, all’infuori di quelle di Chio e di Lesbo, ma imposero, in generale, il versamento di determinate quote. In effetti, le risorse e gli armamenti di cui disponevano preparandosi ad entrare in guerra superavano in potenza quelli del tempo in cui erano al fiorire del loro splendore e la loro coalizione non s’era ancora spezzata.

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