Eneide, Libro 10, traduzione vv. 362-438 - Studentville

Eneide, Libro 10, traduzione vv. 362-438

At parte ex alia, qua saxa rotantia late 10.362
intulerat torrens arbustaque

diruta ripis,
Arcadas insuetos acies inferre pedestris
ut vidit Pallas Latio dare terga sequaci, 365
(aspera quis

natura loci dimittere quando
suasit equos ), unum quod rebus restat egenis,
nunc prece, nunc dictis virtutem accendit

amaris;
‘quo fugitis, socii? per vos et fortia facta,
per ducis Evandri nomen devictaque bella 370
spemque meam,

patriae quae nunc subit aemula laudi,
fidite ne pedibus. ferro rumpenda per hostis
est via. qua globus ille virum

densissimus urget,
hac vos et Pallanta ducem patria alta reposcit.
numina nulla premunt, mortali urgemur ab hoste 375

mortales; totidem nobis animaeque manusque.
ecce maris magna claudit nos obice pontus,
deest iam terra fugae:

pelagus Troiamne petamus?’
haec ait, et medius densos prorumpit in hostis.
Obvius huic primum fatis adductus iniquis

10.380
fit Lagus. hunc, vellit magno dum pondere saxum,
intorto figit telo, discrimina costis
per medium qua spina

dabat, hastamque receptat
ossibus haerentem. quem non super occupat Hisbo,
ille quidem hoc sperans; nam Pallas ante

ruentem, 385
dum furit, incautum crudeli morte sodalis
excipit atque ensem tumido in pulmone recondit.
hinc Sthenium

petit et Rhoeti de gente vetusta
Anchemolum thalamos ausum incestare novercae.
vos etiam, gemini, Rutulis cecidistis in

arvis, 390
Daucia, Laride Thymberque, simillima proles,
indiscreta suis gratusque parentibus error;
at nunc dura

dedit vobis discrimina Pallas.
nam tibi, Thymbre, caput Evandrius abstulit ensis;
te decisa suum, Laride, dextera

quaerit 395
semianimesque micant digiti ferrumque retractant.
Arcadas accensos monitu et praeclara tuentis
facta

viri mixtus dolor et pudor armat in hostis.
Tum Pallas biiugis fugientem Rhoetea praeter
traicit. hoc spatium tantumque

morae fuit Ilo; 10.400
Ilo namque procul validam derexerat hastam,
quam medius Rhoeteus intercipit, optime Teuthra,

te fugiens fratremque Tyren, curruque volutus
caedit semianimis Rutulorum calcibus arva.
ac velut optato ventis

aestate coortis 405
dispersa immittit silvis incendia pastor,
correptis subito mediis extenditur una
horrida per

latos acies Volcania campos,
ille sedens victor flammas despectat ovantis:
non aliter socium virtus coit omnis in unum

410
teque iuvat, Palla. sed bellis acer Halaesus
tendit in adversos seque in sua colligit arma.
hic mactat Ladona

Pheretaque Demodocumque,
Strymonio dextram fulgenti deripit ense
elatam in iugulum, saxo ferit ora Thoantis 415

ossaque dispersit cerebro permixta cruento.
fata canens silvis genitor celarat Halaesum;
ut senior leto canentia

lumina solvit,
iniecere manum Parcae telisque sacrarunt
Evandri. quem sic Pallas petit ante precatus: 10.420
‘da

nunc, Thybri pater, ferro, quod missile libro,
fortunam atque viam duri per pectus Halaesi.
haec arma exuviasque viri

tua quercus habebit.’
audiit illa deus; dum texit Imaona Halaesus,
Arcadio infelix telo dat pectus inermum. 425

At non caede viri tanta perterrita Lausus,
pars ingens belli, sinit agmina: primus Abantem
oppositum interimit,

pugnae nodumque moramque.
sternitur Arcadiae proles, sternuntur Etrusci
et vos, o Grais imperdita corpora, Teucri. 430

agmina concurrunt ducibusque et viribus aequis;
extremi addensent acies nec turba moveri
tela manusque sinit. hinc

Pallas instat et urget,
hinc contra Lausus, nec multum discrepat aetas,
egregii forma, sed quis Fortuna negarat 435

in patriam reditus. ipsos concurrere passus
haud tamen inter se magni regnator Olympi;
mox illos sua fata manent

maiore sub hoste.

Versione tradotta

Ma dall'altra parte, dove il torrente aveva portato per gran
tratto sasso rotolanti ed arbusti crollati

dalle rive,
come Pallante vide gli Arcadi non abituati ad attaccare
schiere di fanti a dar le spalle al Lazio che

insegue, 365
(poiché l'aspra natura del luogo li aveva persuasi
a lasciare i cavalli), unica cosa che resta in

situazioni precarie,
or con preghiera, or con parole amare accende il coraggio;
"Dove fuggite, compagni? Per voi e le

forti imprese,
per il nime del condottiero Evandro e le guerre vinte, 370
per la mia speranza, che ora subentra emula

alla gloria paterna,
non confidate nei piedi. Bisogna rompere la via tra i nemici
col ferro. Dove preme quel drappello

densissimo di uomini
là la nobile patria richiama voi e Pallante come guida.
Nessuna divinità incalza, noi mortali siam

pressati da un nemico 375
mortale; noi abbiamo altrettante vite e mani.
Ecco l'acqua ci chiude con la grande barriera

del mare,
già manca la terra per la fuga: cerchiamo forse il mare come Troia?"
Così disse, ed in mezzo ai nemici serrati

si slancia.
Gli si fa davanti anzitutto Lago , spinto da fati 380
malvagi. Costui, mentre solleva un masso di gran

peso,
scagliata l'arma, lo trafigge dove la spina dorsale segnava
le divisioni alle costole, e strappa

l'asta
che s'attacca alle ossa. Isbone non lo sorprende,
sperandolo proprio, lui; infatti Pallante lo coglie prima

385
quando si lancia incauto, mentre è furioso per la crudele morte
del compagno e nasconde la spada nel polmone

rigongio.
Poi assale Stenioed Anchemolo dell'antica stirpe di Reto
che osò violare d'incesto il letto della

matrigna.
Anche voi, gemelli, cadeste nei campi rutuli, 390
Larde e Timbro, somigliantissima prole di

Dauco,
indistinti e piacevole sbaglio per i loro genitori;
ma ora Pallante vi ha dato terribili differenze.
A te,

Timbro, l'Evandria spada staccò la testa;
la destra recisa cerca te come suo, Larde, 395
le dita semivive s'agitano

e stringono il ferro.
Gli Arcadi accesi dall'esortazione e osservanti le straordinarie
imprese dell'eroe, li arma

contro i nemici il dolore e unito il pudore.
Allora Pallante trapassa Reteo che fugge via
con le bighe. Ilo ebbe solo

questo spazio e queltanto di indugio; 400
Ilo da lontano aveva drizzato un'asta robusta,
che Reteo in mezzo

l'intercetta, fuggendo te, ottimo Teutra,
ed il fratello Tire, caduto dal cocchio
semivivo colpisce a calci i campi

de Rutuli.
E come d'estate, sorti i venti, secondo i desideri, 405
il pastore invia alle selve disseminati

incendi,
attaccati subito in mezzo, la schiera di Vulcano si estende
insieme orrenda per i vasti campi,
egli sedendo

vincitore contempla le fiamme esultanti:
non diversamente tutto il valore dei compagni s'unisce in unità 410
e ti

favorisce, Pallante. Ma Aleso spietato in guerra
si lancia sui nemici e si raccoglie nelle sue armi.
Costui ammazza

Ladone, Ferete e Demodoco,
a Strimonio strappa la destra col la spada fulgente
alzata contro la gola, con un sasso

ferisce il volto di Toante 415
disperse le ossa mischiate a cervello sanguinante.
Il padre predicendo i fati aveva

nascosto nei boschi Aleso;
quando anziano sciolsecon la morte le luci biancheggianti,
le Parche gettaron la mano elo

consacrarono alle armi
d'Evandro. Pallante lo assale avendo prima pregato così: 420
"Padre Tevere, da' oraal ferro,

che vibro come proiettile,
la fortuna e la via nel petto del crudele Aleso.
La tua quercia avrà queste armie le spoglie

dell'uomo."
Le ascoltò il dio; mentre Aleso protesse Imaone,
il misero dà il petto inerme al dardo arcadio. 425
Ma

Lauso, parte ingente della guerra, non lascia le schiere
sgomente per la morte così grave dell'eroe: per primo

uccide
Abante oppostogli, nosdo e ostacolo della battaglia.
Vien stesa la prole d'Arcadia, vengon stesi gli

Etruschi
e voi, Teucri, o corpi risparmiati dai Grai. 430
Le scchiere si scontrano con capi e forzeuguali;
gli ultimi

serran le file né la ressa non lascia che
armi e mani si muovano. Da una parte Pallante incalza e preme,
dall'altra

Lauso contro, né l'età differisce di molto,
stupendi d'aspetto, ma a loro Fortuna aveva negato 435
il ritorno in

patria. Tuttavia il governatore del grande
Olimpo non permise che essi si scontrassero tra loro;
presto i loro fati li

attendono sotto un nemico maggiore.

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