Libro 6, vv. 9-421 - Studentville

Libro 6, vv. 9-421

At pius Aeneas

arces quibus altus Apollo
praesidet horrendaeque procul secreta Sibyllae,
antrum immane, petit, magnam cui mentem

animumque
Delius inspirat vates aperitque futura.
iam subeunt Triviae lucos atque aurea tecta.
Daedalus, ut fama

est, fugiens Minoia regna
praepetibus pennis ausus se credere caelo
insuetum per iter gelidas enavit ad Arctos,

Chalcidicaque levis tandem super astitit arce.
redditus his primum terris tibi, Phoebe, sacravit
remigium alarum

posuitque immania templa.
in foribus letum Androgeo; tum pendere poenas
Cecropidae iussi miserum. septena quotannis

corpora natorum; stat ductis sortibus urna.
contra elata mari respondet Cnosia tellus:
hic crudelis amor tauri

suppostaque furto
Pasiphae mixtumque genus prolesque biformis
Minotaurus inest, Veneris monimenta nefandae,
hic

labor ille domus et inextricabilis error;
magnum reginae sed enim miseratus amorem
Daedalus ipse dolos tecti ambagesque

resolvit,
caeca regens filo vestigia. tu quoque magnam
partem opere in tanto, sineret dolor, Icare, haberes.
bis

conatus erat casus effingere in auro,
bis patriae cecidere manus. quin protinus omnia
perlegerent oculis, ni iam

praemissus Achates
adforet atque una Phoebi Triviaeque sacerdos,
Deiphobe Glauci, fatur quae talia regi:
‘non

hoc ista sibi tempus spectacula poscit;
nunc grege de intacto septem mactare iuvencos
praestiterit, totidem lectas ex

more bidentis.’
talibus adfata Aenean nec sacra morantur
iussa viri Teucros vocat alta in templa sacerdos.

Versione tradotta

Ma il pio Enea si dirige alle rocche, su cui l'alto Apolo
Comanda e le caverne della

spaventosa Sibilla,
antro gigantesco: ad essa il profeta di Delo infonde
la grande anima e la mente e svela il futuro

Ormai raggiungono i boschi di Trivia ed i tetti dorati.
Dedalo, come è fama, fuggendo i regni minoici,
osando

affidarsi al cielo con rapide penne,
navigò per l'insolita strada verso le gelide Orse
e leggero si fermò finalmente

sulle rocche Calcidiche.
Dapprima restituito a queste terre consacrò a te, Febo,
l'alato remeggio e fondò templi

giganteschi.
Sui battenti (c'è) la morte di Androgeo: poi i Cecropidi,
obbligati a pagare le pene, Terribile!,

sette corpi di figli
all'anno; c'è l'urna, estratte le sorti.
Dirimpetto risponde la terra di Cnosso, alta sul

mare,
qui c'è il crudele amore del toro e Pasifae sottoposta all'inganno, la
razza mista e la prole biforme:

il Minotauro, insegnamenti della maledetta Venere;
qui vi è quel edificio e l'inestricabile vagare;
ma

compassionando il grande amore della regina
Dedalo stesso risolse gli inganni ed i bubbi dell'edificio. Guidando

i
ciechi passi col filo. Tu pure avresti
Grande parte, Icaro, in sì grande opera, lo permettesse il dolore!:

due
volte aveva cercato di rappresentare le vicende nell'oro, due volte
caddero le mani paterne.
Certamente subito

rimirerebbero con gli occhi, se Acate ,
mandato avanti non si presentasse ed insieme la sacerdotessa di
Febo e di

Trivia, Deifibe, figlia di Glauco,
che dice al re talicose:
"Questo momento non richiede queste scene:
ora sarebbe

meglio sacrificare sette giovenchi da gregge
integro, ed altrettante pecore scelte secondo il rito.
Così parlò ad Enea,

né i compagni esitano a seguire i sacri ordini: la
sacerdotessa chiama i Teucri nell'alto tempio.

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