L'immigrazione di massa come fenomeno mondiale - Studentville

L'immigrazione di massa come fenomeno mondiale

Tema svolto sull'immigrazione di massa come fenomeno mondiale per la maturità..

TEMA SVOLTO SULL'IMMIGRAZIONE DI MASSA. Leggi il tema svolto sull'immigrazione di massa. Traccia: L'immigrazione ha ricominciato a essere un fenomeno di portata mondiale dopo gli esodi dell’inizio e della metà del secolo scorso. Il dibattito tra chi sostiene che gli Stati abbiano diritto di controllare, limitare o negare gli accessi e chi invece si dice favorevole all’apertura libera delle frontiere è sempre più acceso. Si analizzi il dibattito in questione esponendo anche le proprie idee a riguardo

TEMA SVOLTO SULL'IMMIGRAZIONE DI MASSA COME FENOMENO MONDIALE. L’immigrazione è un fenomeno sociale di portata estremamente rilevante e delicata nella sua gestione. Nel corso degli ultimi venti-trent’anni, per esempio, la maggior parte delle nazioni del mondo occidentale ha dovuto fare i conti con migrazioni di persone provenienti da contesti più problematici, migrazioni che hanno portato in taluni casi svantaggi, anche a causa della stessa impreparazione e incapacità di gestione del fenomeno da parte dei governi, ma in altri anche benefici importanti. È il caso, per esempio, di alcuni stati i cui sistemi economici hanno tratto giovamento dall’arrivo massificato di forza lavoro migrante (vedi immigrazione turca in Germania). In questo caso, questa forza lavoro, per la maggior parte operaia, ha potuto dare un significativo apporto all’economia locale, e allo stesso tempo ha avuto l’opportunità, grazie a una reale indipendenza economica, di integrarsi in maniera concreta nella società tedesca. Nei prossimi tre anni, i cittadini turchi residenti in Germania supereranno i 2,5 milioni.
La gestione dei flussi migratori, in ogni caso, è una questione da affrontare, da parte dei governi dei paesi occidentali, con adeguata preparazione. La necessità, infatti, nell’ambito della politica di accoglienza di un governo, dovrebbe essere quella di mettere in atto una serie di misure capaci prima di ospitare in maniera adeguata i cittadini provenienti da un contesto problematico, e in secondo luogo di favorirne l’inserimento, magari attraverso una politica di efficiente stato sociale, atta ad assistere i migranti in tutte le fasi di questo passaggio. I problemi principali, ovviamente, sono quelli riguardanti la sistemazione fisica degli immigrati e il loro inserimento lavorativo. Problemi, che spesso, conducono le classi politiche a un utilizzo assolutamente strumentale del fenomeno, indicando gli immigrati esclusivamente come un problema e mai come una risorsa, come una presenza che avrebbe il solo risultato di limitare le possibilità e i diritti della popolazione indigena.
Per quanto riguarda l’Italia, va detto che il fenomeno dell’immigrazione è un fenomeno piuttosto recente. Nelle due grandi fasi migratorie del Novecento, infatti, quali quella di inizio secolo, e quella sviluppatasi in seguito alla seconda guerra mondiale, gli italiani costituivano quella parte di popolazione che si spostava alla ricerca di condizioni (sociali, lavorative, di vita) migliori. Solo nel corso degli anni Ottanta, e ancor di più nel ventennio successivo, il nostro paese è diventato una meta per chi, soprattutto proveniente dai paesi del nord dell’Africa è alla ricerca di condizioni di vita più favorevoli rispetto a quelle che il proprio paese può offrire. È proprio in questi anni che, anche nel nostro paese, sempre più forte si è scatenato il dibattito tra chi crede sia necessaria una chiusura delle frontiere (o quantomeno un controllo serrato del fenomeno migratorio, che permetta soltanto a chi è in possesso di adeguate garanzie di varcare la frontiera italiana) e chi invece, anche rivendicando il rispetto degli indirizzi geopolitici mondiali (che parlano di globalizzazione e di apertura delle frontiere) chiede e pretende un rispetto delle regole, e un’accoglienza migliore per chi proviene da un paese spesso martoriato dalla guerra, o comunque in situazioni di difficoltà. Le garanzie chieste, da chi chiede un blocco dei flussi migratori, riguarderebbero in particolar modo gli aspetti lavorativi, con la conseguente  possibilità di entrare nel paese soltanto se in possesso di una posizione lavorativa. Altri, invece, sottolineano come questo impedirebbe alla stragrande maggioranza degli immigrati di spostarsi, dal momento che particolarmente difficile sarebbe ottenere un lavoro in un paese senza nemmeno avervi mai messo piede.
In quest’ottica sono da analizzare anche le ultime due importanti leggi italiane in materia di immigrazione, promulgate da un governo di centro-sinistra e da uno di centro-destra. La prima, risalente al 1998, cercava di regolamentare i flussi in ingresso, e istituiva dei centri (molto criticati negli anni a venire, per le condizioni in cui vengono ospitati gli immigrati) dove “sistemare” in maniera provvisoria, in attesa del completamento del lungo iter burocratico, gli immigrati sottoposti a provvedimenti di espulsione. Ancora più aspra, la legge promulgata nel 2002, che prevedeva anche un’espulsione immediata degli immigrati clandestini.
Molti problemi, di natura tanto etica quanto politica, sono nati nell’ultimo anno, quando a seguito delle sollevazioni nei paesi nordafricani (Marocco, Tunisia, Libia), moltissimi immigrati hanno attraversato il mar Mediterraneo, giungendo anche in Italia, oltre che in Francia e nei paesi del centro Europa. Il vecchio continente, però, è stato tutt’altro che preparato ad affrontare questa nuova “emergenza”, tanto più  che in casi come la Libia, gli immigrati e la diplomazia internazionale, hanno effettuato pressioni per ottenere lo status di rifugiati politici, trattandosi in buona parte di cittadini fuggiti dalla sanguinosa repressione che il colonnello Gheddafi e le sue truppe stavano mettendo in atto nel paese.
Il dibattito, così, si è riaperto in questi mesi: quali sono i limiti entro cui uno stato può proibire a dei cittadini di attraversare o di soggiornare nel suo territorio? È conciliabile tutto ciò con il diritto alla libera circolazione degli uomini e delle merci, sancito dalle istituzioni mondiali e continentali?
Una risposta concreta a queste domande non è stata data, ma appare chiaro che un equilibrio tra i processi (soprattutto economici) messi in atto negli ultimi anni, che prevedono un mondo aperto, basato sulla possibilità di scambi (non certo solo commerciali), e il problema di chi ancora oggi chiede la chiusura delle frontiere e pretende di controllare i flussi e gli spostamenti delle persone, è ben lontano dall’essere risolto.

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