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Nerone

L'impero romano sotto Nerone.

Svetonio (Vite dei Cesari):

Era ancora semivivo quando ad un centurione che, fatta irruzione e fingendo di volerlo aiutare, gli aveva tamponando la ferita con un proprio mantello, rivolse soltanto queste parole: E' troppo tardi! Questa è fedeltà!. E così dicendo morì, i suoi occhi stralunati si fecero fissi da ispirare orrore e terrore in coloro che li videro.

La successione avvenne senza contrasti: Nerone fu acclamato dalle coorti pretorie e il Senato accettò senza discussioni il fatto compiuto, concedendo il potere al giovane imperatore. Egli aveva infatti solo diciassette anni e governarono per lui durante i primi tempi la madre Agrippina e i maestri Lucio Anneo Seneca, il filosofo, e Sesto Afranio Burro, prefetto del pretorio. La sua crudeltà però si rivelò fin dal principio, quando fece avvelenare Britannico. Nerone si proponeva di attuare il programma di Augusto, riservandosi la politica estera e la cura dell'esercito e lasciando al Senato la politica interna, ma questo tentativo di diarchia urtò contro la realtà politica: se la tradizione di Roma repubblicana ancora forte impediva infatti l'instaurazione di un potere imperiale assoluto, si avvertiva sempre più, specie nelle province, la necessità di superare la divisione dei poteri pubblici fra Senato e imperatore.

Nerone, fornito di discreto ingegno e di cultura letteraria ma privo di affetti profondi, volle a poco a poco eliminare tutti coloro che potevano creargli opposizioni: dopo Britannico fece uccidere nell'anno 59 la madre, quindi allontanò Seneca dal governo per restare solo a capo dello Stato e nello stesso tempo fece uccidere la propria moglie Ottavia per sposare Poppea Sabina, sottraendola al marito Otone. Gli eccessi e le follie di Nerone non ebbero più limiti, mentre nuovi problemi urgevano ai confini e nelle province esasperate dalle imposte. In Oriente era ripresa la guerra col regno dei Parti per il possesso dell'Armenia; una ribellione era scoppiata in Britannia; nel 66 si ribellarono gli Ebrei di Palestina; agitazioni si ebbero anche in Gallia, sul Reno, nella Mesia, ecc. Ma di ciò poco si occupava Nerone, intento più che altro a esaltare se stesso con gli attributi della divinità. La persecuzione dei cristiani, ai quali l'imperatore attribuì l'incendio di Roma dell'anno 64, forse casuale, finì col suscitare orrore, mentre a screditare Nerone e ad accrescere l'animosità contro di lui contribuì il suo famoso viaggio in Grecia.

Intanto, sulle rovine spianate al centro di Roma era iniziata la gigantesca costruzione della Domus Aurea che assorbiva ingenti ricchezze, aggravando la crisi del tesoro. Nell'anno 58 Nerone aveva tentato una riforma finanziaria, con l'abolizione delle imposte indirette e specialmente dei dazi tra provincia e provincia, sostituendovi un rimaneggiamento delle tasse dirette che colpivano i ceti più ricchi, i propietari di beni fondiari; ma per l'opposizione suscitata nell'aristocrazia senatoria e l'ostilità dei cavalieri, la legge era stata respinta dal Senato. Più tardi, nel 63, compì una riforma di grande importanza nella storia dell'Impero, diminuendo il piede dell'aureus da 1/40 di libbra d'oro a 1/45, quello del denarius da 1/84 di libbra d'argento a 1/96, realizzando con ciò un buon profitto per lo Stato.

Grande era il malcontento a Roma, dove furono organizzate contro l'imperatore parecchie congiure: a una di queste, capeggiata da Calpurnio Pisone, partecipò forse anche Seneca, che fu costretto a uccidersi. Tuttavia lo scontento non bastò ad abbattere Nerone; furono le insurrezioni militari scoppiate in Gallia con Giulio Vindice, in Spagna con Sulpicio Galba, in Lusitania con Salvio Otone e infine in Africa con Clodio Macro, che costrinsero Nerone a fuggire da Roma; il Senato lo dichiarò nemico pubblico e, con l'appoggio dei pretoriani, proclamò imperatore Galba. A Nerone non restò che uccidersi (9 giugno del 68).

Svetonio Vite dei Cesari:

Fu di statura regolare, col capo interamente calvo e gli occhi cerulei. Aveva il naso aquilino e le mani e i piedi gravemente deformati dall'artrite, tanto che non riusciva a sopportare le scarpe e non poteva srotolare e nemmeno tenere in mano una pergamena.
Elevato al potere dalle forze armate, Galba affrontò subito il problema dell'esercito e dei pretoriani e quello non meno urgente della restaurazione finanziaria; ma la sua opera, cominciata col rifiuto del donativo ai pretoriani, gli alienò le forze dalle quali era stato sospinto all'Impero. Così le legioni delle due Germanie, al principio del gennaio 69, acclamarono imperatore Aulo Vitellio, i pretoriani Otone. Galba fu trucidato; poi Otone, sconfitto dai Vitelliani, si suicidò. Contro Vitellio, che governava a Roma, avanzò Tito Flavio Vespasiano, proclamato imperatore dalle legioni d'Oriente (luglio del 69) e la sorte di Vitellio fu decisa dalla vittoria dei Flaviani a Bedriaco. I pretoriani in pochi mesi avevano acclamato e tradito tre imperatori.

  • Storia Antica

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