Ut enim quisque sibi plurimum confidit et ut
quisque maxime virtute et sapientia sic munitus est, ut nullo egeat suaque omnia in se ipso posita iudicet, ita in amicitiis
expetendis colendisque maxime excellit. Quid enim? Africanus indigens mei? Minime hercule! ac ne ego quidem illius; sed ego
admiratione quadam virtutis eius, ille vicissim opinione fortasse non nulla, quam de meis moribus habebat, me dilexit; auxit
benevolentiam consuetudo. Sed quamquam utilitates multae et magnae consecutae sunt, non sunt tamen ab earum spe causae
diligendi profectae.
Versione tradotta
Quanto più infatti uno confida in sé, quanto più uno è armato di virtù e di sapienza (così
armato da non aver bisogno di nessuno e da poter pensare d'avere tutte le sue cose in se stesso), tanto più cerca e coltiva
amicizie. E allora? L'Africano aveva forse bisogno di me? No, per Ercole! E neppure io di lui; ma io per una certa
ammirazione della sua virtù ho preso ad amare lui, egli a sua volta forse per una qualche stima che aveva dei miei costumi ha
preso ad amare me; la familiarità ha poi accresciuto l'affetto. Ma quantunque molte e grandi utilità ne siano seguite, non
tuttavia dalla speranza di esse è venuto il motivo del nostro affetto.
- Letteratura Latina
- De Amicitia di Marco Tullio Cicerone
- Cicerone