Tesina sull'inettitudine - Studentville

Tesina sull'inettitudine

Percorso sull'inettitudine come distacco autoironico dalla vita.

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L’inettitudine come distacco autoironico dalla vita. 1, 2, 3, 4, Nell’ambito della crisi della cultura positivistica e nel pieno successo dei topoi dannunziani spiccano le soluzioni tematiche ed espressive di Guido Gozzano, l’esponente di maggior spicco della poesia crepuscolare, che propone una risposta nuova alla modernità incalzante. Si possono sintetizzare in una mappa riaggregativa suggestioni, spunti tematici e valori speculari, che si nascondono nelle posizioni di Futuristi e di Crepuscolari. La risposta di Gozzano appare complessa e non riconducibile ad un semplice rifugio nostalgico nel passato e nelle “buone cose di pessimo gusto” che lo contraddistinguono ( L’Amica di Nonna Speranza ) Il suo atteggiamento ironico e in alcuni casi parodico nei confronti di alcuni miti dannunziani ( la donna e l’amore fatale, il superuomo esteta…), il suo distacco dalla concitazione urbana e dal progresso esaltato dall’età giolittiana spiegano la sua inettitudine a cavalcare gli idoli della modernità. Egli è inadatto sia storicamente che esistenzialmente a condividere l’esaltazione futurista per la vita, accesa dall’energia di macchine, voli, folle plaudenti…..inadatto ad adottare forme espressive indirette, intuitive ove trionfi l’analogia arrischiata e proliferante del testo parolibero. Egli necessita di stabili riferimenti temporali e spaziali, che lo riportano a toni descrittivi anche se demistificatori. L’esperienza della malattia e la presenza quasi amica della Morte gli fanno preferire stati d’animo più raccolti, metafore più interiorizzate ( l’esilio, il rifugio, il colloquio, la poesia…) con le relative oggettivazioni ( il giardino e la cancellata di Cornigliano ( Cocotte ), la cucina ed il solaio di Villa Amarena, la faccia buona e casalinga della Signorina Felicita, l’atmosfera ovattata dell’ ottocentesco salotto di Nonna Speranza, ma anche l’isola tropicale immaginaria di Paolo e Virginia, il silenzio di chiostro e di caserma della villa torinese di Totò Merumeni, la città morta, Goa, la Dourada del suo viaggio in India…) che denotano un bisogno di chiusura in spazi privilegiati e isolati dal tempo. Così le sensazioni possano venir – intenzionalmente – decantate tramite la parola poetica da ogni coinvolgimento troppo intenso con i sentimenti, con le passioni, con le progettualità di vita e la costruzione di solidi ideali storici o culturali. Questo atteggiamento di rinuncia, di distanziamento, di abbandono anche autoironico alla memoria di un passato quietamente inoffensivo e demodé, nella sua spenta e tranquilla purezza, inseriscono l’inettitudine gozzaniana tra i moderni atteggiamenti della crisi del primo ‘900. …Il mio sogno è nutrito d’abbandono di rimpianto. Non amo che le rose che non colsi. Non amo che le cose Che potevano essere e non sono state…Vedo la casa, ecco le rose del bel giardino di vent’anni or sono! I colloqui, Cocotte, vv.67 – 72. La poesia diviene lo spazio privilegiato dell’esistenza; è l’illusione intessuta di ironia di poter evadere verso la ricostruzione fittizia del reale, che ricomponga – rarefatte dalle metafore poetiche – le tappe di una vita affiancata ormai dalla malattia. Le tre sezioni de “I colloqui” ricostruiscono tre tappe ideali della vita di Gozzano. Dal vagabondaggio sentimentale del giovenile errore amoroso, si passa ad alcuni colloqui intrattenuti con con quella Signora vestita di nulla ( Alle soglie ), evocati paradossalmente dai rassicuranti e puri contesti del passato ( Agliè, Villa Amarena, l’isola di Paolo e Virginia ) attorno ai quali però non riesce a delinearsi un’autentica nostalgia. Infine nella terza sezione ( Il reduce ) il poeta così si esprime: “…reduce dall’Amore e dalla Morte, gli hanno mentito le due cose belle…così rifletterà l’ animo di chi , superato ogni guaio fisico e morale, si rassegna alla vita sorridendo (segue nel file da scaricare)

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