Venio nunc ad istius, quem ad modum
ipse appellat, studium, ut amici eius, morbum et insaniam, ut Siculi, latrocinium; ego quo nomine appellem nescio; rem vobis
proponam, vos eam suo non nominis pondere penditote. Genus ipsum prius cognoscite, iudices; deinde fortasse non magno opere
quaeretis quo id nomine appellandum putetis. Nego in Sicilia tota, tam locupleti, tam vetere provincia, tot oppidis, tot
familiis tam copiosis, ullum argenteum vas, ullum Corinthium aut Deliacum fuisse, ullam gemmam aut margaritam, quicquam ex auro
aut ebore factum, signum ullum aeneum, marmoreum, eburneum, nego ullam picturam neque in tabula neque in textili quin
conquisierit, inspexerit, quod placitum sit abstulerit.
Versione tradotta
Passo ora a parlare di quella che il nostro imputato chiama passione, i suoi amici
mania morbosa, i siciliani rapina continuata. Quanto a me, non so proprio come chiamarla: vi porrò davanti agli occhi i fatti e
voi dovrete valutarli per quello che sono, non già in base al nome che li designa. Voi, signori giudici, prendete prima
conoscenza della natura dei fatti in sé e per sé, e dopo non vi sarà probabilmente troppo difficile cercare quale nome si debba
secondo voi dare a essi. Io dichiaro che in tutta quanta la Sicilia, provincia così ricca e antica, piena di tante città e di
tante famiglie così facoltose, non cè stato vaso dargento né vaso di Corinto o di Delo, né pietra preziosa o perla, né
oggetto doro e davorio, né statua di bronzo o di marmo o davorio, dichiaro che non cè stato quadro né arazzo che egli non
abbia bramosamente ricercato, accuratamente esaminato e, se di suo gusto, portato via.
- Letteratura Latina
- Verrinae di Marco Tullio Cicerone
- Cicerone