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Vilfredo Pareto

Pensiero e vita.

Breve sintesi Vilfredo Pareto (1848 – 1923) era un economista e sociologo che, appena laureato in Economia, partecipò attivamente alla battaglia liberista contro il protezionismo e l’asservimento dello stato a interessi privati. Le sue principali opere economiche sono il Corso di economia politica (1898) ed il Manuale di economia politica (1906). La sue teorie vedono l’economia come la scienza che ha per oggetto le azioni logiche dell’uomo per raggiungere i fini adeguati tramite i mezzi a disposizione. Ogni soggetto compie delle azioni secondo i suoi gusti, operando a seconda della disponibilità  dei beni e della tecnologia, che vengono definiti ostacoli. L’equilibrio finale tra gusti e ostacoli ò descritto dall’analisi economica. Pareto sostiene che la sociologia, alla quale si dedica fervidamente dal 1897, ò il seguito logico dell’economia, poichè serve a ritrovare le condizioni che garantiscono l’equilibrio della comunità . La società  ò composta da elementi che interagiscono fra di loro e tendono a compiere imprese prevalentemente negative, che Pareto definisce azioni non logiche, in quanto non mettono in atto la consapevolezza dei mezzi rispetto ai fini. Ciò può accadere quando le persone si comportano seguendo l’istinto, oppure tengono conto solo dei parametri soggettivi invece di considerare anche quelli oggettivi, basando le azioni su fattori culturali e non logico-sperimentali. Pareto basa lo studio sociologico sulle teorie, ovvero sulle credenze associate alle azioni, dividendole in teorie logico/sperimentali (che riflettono fedelmente le azioni logiche) ed in teorie non logico sperimentali, che, nonostante la loro falsità  scientifica, svolgono un ruolo centrale sulla società  facendo leva sulla loro illusorietà . Queste teorie negative sono composte da elementi quasi logici, tramite cui le persone razionalizzano a posteriori i loro istinti e sentimenti, che prendono la definizione di derivazioni. L’altra faccia delle teorie non logico/sperimentali sono i residui positivi dell’autentica teoria logica. L’applicazione più famosa di questa concezione sociologica ò la teoria della circolazione delle èlites. Secondo questa teoria i residui sono distribuiti incongruamente nella società , che a causa di questa iniquità  si divide in una classe dominante ed in una classe dominata, composta dalle persone meno dotate. La classe dominante ò responsabile della forma politica della società  e delle sue condizioni di equilibrio. Nella società  ideale, si verifica un costante equilibrio dinamico tramite il ricambio continuo e regolare dell’èlite. Quando ciò non ò possibile, si può verificare un equilibrio statico o una situazione sovversiva, che conduce ad un nuovo sistema politico e sociale (rivoluzione). Quest’ultimo mutamento, secondo le considerazioni di Pareto, non potrebbe mai essere positivo, in quanto la rivoluzione ò sinonimo di regresso. Queste considerazioni si distanziano notevolmente dalle teorie del materialismo storico e del darwinismo sociale, che invece vedono nel progresso una forma di evoluzione. Il metodo L’uomo non ò quell’essere razionale che credono gli economisti. Le azioni umane possono essere contemporaneamente assurde e positive. Sono importanti da considerare i fatti, e per il Pareto, anche i valori sono fatti. Dei fatti Pareto non vuole coglierne l’essenza. Affermare l’assurdità  di una dottrina non significa affermare che sia inutile. Pareto non crede che la scienza possa comprendere la totalità  del reale e dei fatti osservati, anche se ciò potrebbe sembrare. Il confronto con i fatti ò l’unica rigidità  del suo metodo. La teoria dell’azione. Residui e derivazioni. La distinzione tra azioni logiche e non, non ha senso e non ò possibile senza un criterio logico. Nel giudicare logica un’azione, questa deve rispettare 2 condizioni: – sia intenzionata in modo logico; – predisponga adeguatamente i mezzi per raggiungere un fine. L’azione non logica ò un’azione che non rispetta entrambi i criteri richiesti dal metodo sperimentale.. Le azioni logiche sono poche, si hanno presso i popoli “civili” (dov’ò sviluppata la scienza) e riguardano in gran parte economia e scienza. Non esclude che, a seconda del contesto, un’azione non logica possa rivelarsi logica. Ad esempio prima della battaglia il generale romano consultava gli aruspici davanti alla truppa. E’ un’azione non logica perchè i mezzi non sono adeguati al fine (vittoria). Tuttavia il generale, così facendo, dava convinzione ai soldati à  l’azione diveniva logica. Un’azione non logica non ò irrazionale. Il sociologo non deve indagare sul dove hanno origine le azioni non logiche o cosa sono, ma su quali fatti le danno luogo. Partire dai fatti senza considerare l’origine. Gli esseri umani agiscono in base a impulsi, istinti, sentimenti e sentono insopprimibile il dare una veste logica alle loro azioni, quasi sempre illogiche. 1° genere: Azioni piuttosto rare che non hanno una condotta logica. Sono rare perchè gli uomini razionalizzano le azioni più assurde. 2° genere: Quasi la totalità  delle azioni umane. Gli atti non sono logicamente connessi al risultato ma lo sono nella coscienza di chi agisce. (ad es. le danze magiche per la pioggia) 3° genere: Azioni con risultato logico avendo il soggetto compiuto atti giusti per raggiungerlo e però senza averci pensato. Azioni istintive (come le palpebre che si chiudono se un oggetto sta per colpire l’occhio). 4° genere: Azioni intenzionate in modo logico che hanno un risultato oggettivamente logico. Ciò che gli uomini fanno non corrisponde a ciò che si proponevano di fare. (gli imprenditori che cercano di ridurre i costi dei loro prodotti non si propongono di abbassare i prezzi sul mercato, tuttavia il risultato ò questo). Cos’ò un’azione? Un’azione si compone di 2 parti, la prima corrisponde a impulsi che rinviano a istinti, sentimenti e simili, la seconda consiste nelle razionalizzazioni, nelle giustificazioni che gli uomini danno alle loro azioni. Il primo elemento ò costante, l’altro varia. Ad es. in tutte le culture l’omicidio ò proibito e punito. Tuttavia le motivazioni della proibizione sono diverse, da ragioni religiose a giuridico/logiche. La proibizione dell’omicidio ò la parte costante, le motivazioni sono quella variabile. Pareto non vuole sapere cosa sono i residui: se dovuti a sentimenti, istinto o altro. Definiti i contenuti dell’azione, composta da una parte costante, il residuo, e di una variabile (la derivazione). Sei residui fondamentali 1- Istinto delle combinazioni; 2- La persistenza degli aggregati; 3- Il bisogno di manifestare i sentimenti con atti esterni; 4- L’istinto di socialità ; 5- L’integrità  dell’individuo; 6- Residuo sessuale. I primi 2 sono i più importanti (PROGRESSO e CONSERVAZIONE) Le altri 4 classi sono la classificazione dei comportamenti umani in società . La stratificazione sociale e la teoria delle elites. Per Pareto in ogni tempo e ogni luogo, la storia del passato ci mostra gli individui divisi in gruppi che si procurano i beni sottraendoli ad altri gruppi che a loro volta fanno lo stesso. Ogni società  ò divisa in 2 gruppi (strati): quello dei GOVERNANTI e quello dei GOVERNATI. Tale gerarchia non manca mai. Di solito lo strato superiore costituisce una ELITE minoritaria. L’elite ò costituita da coloro che hanno gli indici più elevati nella rispettiva attività . Queste elites vanno divise in 2 parti: quella che detiene il potere e quella che vuole sottrarglielo. Lo stare al potere infiacchirà  la prima elite che prima o poi dovrà  cedere il potere all’altra elite, più giovane e agguerrita. La circolazione e la lotta tra elites ò indispensabile. Il sistema sarà  più in equilibrio più la classe al potere saprà  inglobare quella in ascesa. Devono mescolarsi gli uomini forti (leoni) con quelli furbi (volpi). (tipico di Machiavelli) La circolazione delle elites ò inconvertibile e utile per la prosperità . Pareto conclude che si può immaginare una società  con gerarchia stabile, ma non avrebbe nulla di reale. La gerarchia finisce col mutare. La storia della società  umana ò la storia dell’avvicendarsi delle aristocrazie. Il sistema sociale e il suo mutamento. Egli ha un’idea di un sistema in equilibrio alla cui base ò il conflitto. E’ un equilibrio dinamico. La dinamicità  ò basata sui due residui fondamentali (progresso e conservazione). Il prevalere del primo spinge la società  verso il nuovo, il secondo residuo tende a consolidare e preservare. E’ la legge del pendolo che determina un equilibrio instabile soggettivo a mutamenti ciclici analoghi. Gli interesse agiscono sui residui e sulle derivazioni. I residui agiscono sugli interessi, e le derivazioni agiscono sui sistemi economici modificando gli interessi. A una società  in cui prevale l’istinto delle combinazioni succede una società  in cui prevale la persistenza degli aggragati. Il sistema sociale oscilla, le oscillazioni variano. Le società  cambiano lentissimamente in quanto i residui cambiano lentissimamente. C’ò dunque una teoria ciclica del mutamento sociale che non torna però esattamente allo stesso punto di partenza. I residui non cambiano. Le manifestazioni cambiano lentamente. Le derivazioni cambiano velocemente. Il pensiero Vilfredo Pareto (1848-1923) fu prima ingegnere, poi economista, infine sociologo. Nacque a Parigi nel 1848, suo padre era un marchese in esilio in Francia per ragioni politiche. Rientra in Italia nel 1859 a Casale Monferrato. Nel 1870 si laurea a pieni voti in ingegneria. Viene assunto dalle ferrovie. Passa dalle ferrovie alle ferriere. Nel ’20 giudica la situazione italiana caotica e pericolosa, si dimostra contrario al partito socialista. L’anno seguente il fascismo attrae la sua attenzione, come al solito, scettica: ma poi cambia idea. “Speriamo che Mussolini rinnovi l’Italia. E’ un uomo di stato di primissimo ordine”, ma comunque si rende conto della violenza esagerata dei fascisti. Il fascismo lo inserisce nelle liste dei senatori da presentare al re. La sua adesione resta comunque cauta. Muore nel 1923. Nella cultura italiana del tempo Pareto ha una dimensione quasi iconoclasta. Nato in Francia da famiglia italiana, quando completa gli studi di ingegneria al politecnico di Torino mantiene nella sua cultura l’impronta del positivismo francese. Rispetto agli studiosi italiani dell’epoca, progressisti prudentissimi o caratterizzati da un massimalismo adolescenziale, egli appare teso a distruggere preconcetti, sentimentalismi, pulsioni missionarie, utopie, demagogie. La sua posizione ò rigorosamente scientifica. ” Spinto da un desiderio di apportare un complemento indispensabile agli studi di economia politica e soprattutto ispirandomi all’esempio delle scienze naturali, io sono stato indotto a comporre il mio ‘Trattato di sociologia’ il cui unico scopo – dico unico e insisto su questo punto – ò di ricercare la realtà  sperimentale per mezzo dell’applicazione alle scienze sociali dei metodi che hanno fatto le loro prove in fisica, in chimica, in astronomia, in biologia e in altre scienze simili “. Questa dichiarazione, che si trova negli “Scritti sociologici”, pubblicati nel 1946, ò la sintesi degli obiettivi di Pareto. Egli vede il sistema sociale come un sistema fisicochimico nel quale le molecole sono rappresentate dai singoli umani con le loro particolarità  che interagiscono al momento della “miscelazione sociale”. Nel “Trattato di sociologia generale”, apparso nel 1916, Pareto mette sotto analisi l’irrazionalità  del comportamento umano, trascurandone la razionalità , già  trattata a fondo nei testi di economia da lui scritti. Tuttavia, contrariamente a quanto fa Veblen negli Stati Uniti, egli non opera il distacco dalla teoria economica ma ne integra le astrazioni per arrivare, attraverso lo strumento sociologico e psicologico, alla spiegazione di quelle manifestazioni del comportamento umano che l’analisi economica non ò riuscita a penetrare. Pareto, insomma, vuole separare in modo concettuale le componenti razionali dell’azione dalle componenti non razionali. Un esempio preso dal “Trattato”: ” Un politicante ò spinto a propugnare la teoria della ‘solidarietà ‘ dal desiderio di conseguire quattrini, onori, poteri… E’ manifesto che se il politicante dicesse: ‘Credete a questa teoria perchè ciò mi torna conto’, farebbe ridere e non persuaderebbe alcuno; egli deve dunque prendere le mosse da certi principi che possano essere accolti da chi l’ascolta… Spesso chi vuoi persuadere altrui principia col persuadere se medesimo; e, anche se ò mosso principalmente dal proprio tornaconto, finisce col credere di essere mosso dal desiderio del bene altrui ” . Nel distinguere i fatti umani Pareto individua un nucleo costante costituito da manifestazioni di istinti, sentimenti, interessi che egli definisce “residuo”, e un nucleo variabile costituito da tentativi di giustificare razionalmente l’irrazionale, detto “derivazione”. Su questa distinzione Pareto costruisce l’edificio della sua sociologia e arriva alla formulazione della teoria dell’equilibrio sociale che, a somiglianza di quella dell’equilibrio economico, appoggia sui fattori individuali già  citati e sui fenomeni d’insieme, di gruppo, ai quali i fattori individuali danno vita. Quando Pareto passa al settore politico, conclude che la società  ha una struttura elitaria, che le masse sono incapaci di governarsi, che le èlite (data la legge della competizione e della conseguente selezione dei più forti) sono destinate ad ascendere e a decadere (teoria della circolazione delle èlite). I popoli, sostiene Pareto sulla “Rivista italiana di sociologia” del luglio 1900, ad eccezione di brevi periodi di tempo, sono sempre guidati da un’aristocrazia, intendendo questo termine come indicativo dei più forti, dei più energici, dei più capaci sia nel positivo sia nel negativo. Ma per legge fisiologica le aristocrazie non reggono all’onda lunga e perciò la storia umana procede ” mentre una gente sale e l’altra cala. Tale ò il fenomeno reale, benchè spesso a noi appaia sotto altra forma. La nuova aristocrazia, che vuole cacciare l’antica o anche solo essere partecipe dei poteri e degli onori di questa, non esprime schiettamente tale intendimento, ma si fa capo a tutti gli oppressi, dice di voler procacciare non il bene proprio ma quello dei più: e muove all’assalto non già  in nome dei diritti di una ristretta classe, bensì in quello dei diritti di quasi tutti i cittadini. S’intende che, quando ha vinto, ricaccia sotto il giogo gli alleati o al massimo fa loro qualche concessione di forma. Tale ò la storia delle contese dell’aristocrazia, della plebs e dei patres a Roma; tale, e fu ben notata dai socialisti moderni, ò la storia della vittoria della borghesia sull’aristocrazia di origine feudale “. Pareto non perde d’occhio quanto accade attorno a lui. E’ il momento in cui imperversano logomachie ideologiche, i partiti prendono sempre maggior forza organizzandosi meglio e quindi meglio penetrando nel tessuto sociale del paese. Il socialismo ò sulla cresta dell’onda, fa diga in difesa dei diritti dei contadini, dei mezzadri, dei braccianti, degli operai, si presenta come pista di lancio dell’umanità  verso il “mondo giusto e di uguali”. Ma cosa pensa Pareto del socialismo? Si sente spesso parlare – egli risponde nel libro “I sistemi socialisti” – di un’economia politica liberale, cristiana, socialista, eccetera. Dal punto di vista scientifico ciò non ha senso. Una proposizione scientifica ò vera o falsa, non può adempiere un’altra condizione, come quella di essere liberale o socialista. Voler integrare le equazioni della meccanica celeste mercè l’introduzione di una condizione cattolica o atea, sarebbe un atto di pura follia. Ma se tali caratteri accessori sono assolutamente respinti dalle teorie scientifiche, essi non mancano mai, invece, fra gli uomini che studiano queste teorie. L’uomo non ò un essere di pura ragione, ò anche un essere di sentimento e di fede, e il più ragionevole non può esimersi dal prendere partito, forse anche senza averne netta coscienza, a proposito di alcuni dei problemi la cui soluzione oltrepassa i limiti della scienza. ” Non vi ò un’astronomia cattolica e un’astronomia atea “, specifica Pareto, ” ma vi sono astronomi cattolici e astronomi atei. Voler dimostrare il teorema del quadrato dell’ipotenusa con un appello agli ‘immortali principi del 1789’ o alla ‘fede nell’avvenire della Patria’ sarebbe perfettamente assurdo. E’ lo stesso che invocare la fede socialista per dimostrare la legge che, nelle nostre società , regola la distribuzione della ricchezza. La fede cattolica ha finito col mettersi d’accordo con i risultati dell’astronomia e della geologia che la fede dei marxisti e quella degli etici, dunque, procurino anch’esse di conciliarsi coi risultati della scienza economica! “. Quando Pareto dà  alle stampe il “Trattato di sociologia” (ò il 1916) sta divampando in pieno la prima guerra mondiale. A chi studia la scena internazionale con attenzione e distacco scientifico appare chiaro che l’analisi di Vilfredo Pareto (da alcuni anni in Svizzera, chiamato alla cattedra di economia politica presso l’università  di Losanna) trova riscontro frequente nella realtà  dei fatti che stanno accadendo. Un’altra conferma viene alla fine del grande massacro, nel 1918: la caduta delle aristocrazie tedesca, russa, austriaca, esito di quel grande scontro fra èlite internazionali che ò stato il conflitto appena concluso. Qualche anno dopo, dal suo tranquillo osservatorio di Losanna, Pareto vede scorrere sullo schermo della storia i drammatici anni del dopoguerra italiano. Accade qualcosa di simile a quello che aveva immaginato Marx. Ma nel fluire degli avvenimenti non si riscontra la dialettica prevista dal filosofo tedesco (anche se in Russia la rivoluzione dell’ottobre 1917 fa nascere la “grande illusione”). Anzi, quanto avviene in Italia sembra la conferma sperimentale della teoria delle èlite: conquista il potere la “èlite fascista” che in un primo momento si fa portavoce delle masse e poi si allea – essendo incerto il rapporto di forza – con la vecchia “aristocrazia” che voleva cacciare, per essere ” anche solo partecipe del potere e degli onori di questa “. Più tardi la nuova èlite stipulerà  un’altra alleanza, anche questa da manuale paretiano: quella con la Chiesa romana. Anni dopo, nuove conferme: in Germania la presa del potere da parte del nazismo e l’alleanza con la grande borghesia tedesca; in Unione Sovietica il socialismo non diventa realtà  e i popoli della Grande Russia si trovano dominati, anzichè dall’aristocrazia guidata dallo zar, dall’èlite espressa dal partito al potere.

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