La Cina ha trasformato l’integrazione dell’intelligenza artificiale nel sistema educativo in una questione di priorità nazionale. Secondo i dati del Mycos Institute, appena l’1% di studenti e docenti universitari cinesi non utilizza mai strumenti di AI generativa, una percentuale che testimonia un cambiamento radicale avvenuto in meno di due anni.
L’approccio cinese si distingue per la sua natura strategica piuttosto che ideologica: formare cittadini competenti nell’interazione con l’AI rappresenta un obiettivo nazionale preciso, non lasciato alle scelte individuali delle singole istituzioni educative.
Le scuole elementari e il piano 2+1
La provincia del Guangdong rappresenta il laboratorio più avanzato per l’integrazione dell’intelligenza artificiale nell’istruzione primaria. Il Piano 2+1 introduce sistematicamente l’alfabetizzazione digitale fin dalle prime classi, creando le basi per una generazione nativa dell’AI.
Il programma prevede la formazione specifica dei docenti con il supporto di esperti tecnologici, garantendo competenze didattiche adeguate per guidare gli studenti nell’utilizzo consapevole degli strumenti digitali. L’elemento più innovativo riguarda la raccolta e analisi dei dati di apprendimento per assegnare compiti personalizzati, adattando il percorso educativo alle specifiche esigenze cognitive di ciascun bambino e sviluppando precocemente le competenze digitali necessarie per il futuro.
Le università come centri sperimentali
Le principali università cinesi stanno guidando una trasformazione radicale nell’integrazione dell’intelligenza artificiale. Tutte le 46 università di punta hanno introdotto corsi interdisciplinari sull’AI, con alcuni atenei che stanno creando interi college dedicati all’educazione generale centrata sull’intelligenza artificiale.
L’Università di Zhejiang ha reso obbligatorio un corso base sull’AI per tutti gli iscritti dal primo anno, mentre Fudan propone oltre cento corsi collegati all’intelligenza artificiale. Nanjing ha esteso la formazione a studenti di ogni facoltà, dimostrando come l’obiettivo non sia solo preparare informatici, ma formare figure ibride capaci di utilizzare modelli generativi in ambiti diversi come giornalismo, scienze sociali e medicina.
Il programma delle micro-lauree “AI+X”, condiviso tra atenei prestigiosi come Fudan, USTC e Shanghai Jiao Tong, rappresenta l’innovazione più significativa, proponendo combinazioni trasversali tra intelligenza artificiale e qualsiasi disciplina. Il dato più impressionante è quantitativo: dai 35 corsi di laurea in AI del 2019 si è passati a oltre 600 percorsi nel 2025.
L’uso dell’AI come strumento pedagogico e soft power
L’approccio cinese considera l’intelligenza artificiale un collaboratore da conoscere approfonditamente, non un nemico da combattere. Questa filosofia contrasta nettamente con la mentalità difensiva prevalente nelle istituzioni occidentali, dove l’AI viene spesso associata al plagio o a scorciatoie cognitive inappropriate.
I docenti cinesi incoraggiano l’uso dell’AI, ma enfatizzano l’importanza di sviluppare competenze specifiche: formulare domande intelligenti, impostare prompt efficaci e valutare criticamente l’output generato. Questa metodologia trasforma l’AI da semplice strumento a partner pedagogico attivo.
L’adozione di DeepSeek nelle università rappresenta una mossa strategica di soft power. In un contesto di competizione tecnologica sino-americana, formare studenti con strumenti “autoctoni” diventa una dichiarazione di autosufficienza culturale. Le università che integrano DeepSeek seguono le linee guida ministeriali per un’educazione AI-centrica e identitaria, rafforzando l’orgoglio nazionale tecnologico.
Le criticità in un modello per la competitività
L’integrazione massiva dell’intelligenza artificiale nel sistema educativo cinese presenta significative problematiche che meritano attenzione critica. Una ricerca condotta su 148 studenti di ingegneria rivela come l’uso quotidiano dell’AI migliori produttività e creatività, ma non sempre si traduca in risultati accademici superiori.
Emergono preoccupazioni crescenti riguardo affidabilità, accuratezza e rischi di dipendenza cognitiva tra gli studenti.
I limiti etici rappresentano una sfida particolare: l’uniformazione del pensiero causata da modelli allenati su dataset omogenei minaccia la diversità intellettuale. L’espansione rapida dell’AI rischia inoltre di accentuare disuguaglianze tra studenti con diverso accesso a strumenti avanzati e tra istituti dotati di risorse tecnologiche adeguate versus quelli privi di supporto specialistico.