Il disegno di legge sul consenso informato preventivo obbligatorio delle famiglie in materia di sessualità a scuola è approdato all’esame dell’Aula di Montecitorio dopo mesi di discussione e audizioni in Commissione Cultura. La proposta, fortemente sostenuta dalla Lega e dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, mira a subordinare la partecipazione degli studenti ad attività didattiche riguardanti sessualità ed educazione all’affettività all’autorizzazione esplicita dei genitori.
Il testo prevede che le scuole debbano informare preventivamente le famiglie sui contenuti dei progetti e delle iniziative che toccano temi definiti “sensibili”, ottenendo il consenso prima dell’avvio delle attività. L’iter parlamentare ha visto il coinvolgimento di esperti, associazioni e rappresentanti del mondo educativo, con posizioni spesso contrapposte sulla portata e sugli effetti della misura proposta.
Le dichiarazioni di Rossano Sasso
Il capogruppo Lega in commissione Scienza, Cultura e Istruzione, Rossano Sasso, ha rivendicato con forza il disegno di legge come strumento per arginare quella che definisce “ideologia gender” nelle scuole. Secondo Sasso, le opposizioni PD, M5S e componenti di estrema sinistra delle associazioni LGBT non tollererebbero la libertà di scelta educativa delle famiglie, sostenendo in audizione che “i figli non sono dei genitori, ma dello Stato”.
Il deputato ha ribadito l’intento di rafforzare l’educazione all’affettività e al rispetto delle differenze, includendo temi già presenti nelle indicazioni nazionali: malattie sessualmente trasmissibili, apparato riproduttivo, prevenzione delle gravidanze indesiderate. Parallelamente, ha annunciato il divieto di interventi da parte di “attivisti trans, drag queen o soggetti privi di competenze pedagogiche” nelle classi elementari su fluidità sessuale, identità di genere e gestazione per altri.
Per gli studenti più grandi, Sasso richiede che le famiglie possano conoscere preventivamente i contenuti dei progetti su temi sensibili, respingendo le accuse di oscurantismo.
Le obiezioni nel dibattito parlamentare
Le opposizioni parlamentari contestano la misura sostenendo che il nesso tra consenso informato e prevenzione della cosiddetta “ideologia gender” risulti poco chiaro sul piano logico. Il punto centrale della critica riguarda il presupposto stesso da cui muove il disegno di legge: l’idea che ogni percorso scolastico sull’affettività e sulla sessualità nasconda automaticamente un intento di indottrinamento ideologico.
Diversi esponenti di PD, M5S e componenti di sinistra rilevano che non esiste evidenza di una correlazione causale diretta tra educazione sessuale curricolare e presunto “ammaestramento” sull’orientamento di genere. L’obiezione si concentra sulla confusione tra informazione scientifica su temi sensibili e ipotetico condizionamento: la scuola è chiamata a fornire strumenti di conoscenza, non a orientare scelte personali.
In sede di audizione, il dibattito si è acceso anche sul ruolo educativo pubblico rispetto alla sfera familiare, con posizioni distanti tra chi difende l’autonomia scolastica e chi rivendica la primazia genitoriale. Il dissenso non investe tanto il principio dell’informazione alle famiglie, quanto il frame ideologico che subordina la didattica a un filtro preventivo su temi ritenuti sensibili senza una chiara definizione normativa.
Le ricadute per studenti e famiglie
Secondo sociologi e psicologi richiamati nel dibattito, il meccanismo del consenso informato rischia di produrre effetti distributivi inattesi. L’autorizzazione preventiva tenderebbe infatti a essere concessa più frequentemente proprio in quegli ambienti familiari già dotati di maggiore capitale culturale: nuclei istruiti, consapevoli del valore formativo dei percorsi di educazione all’affettività e in grado di valutarne criticamente i contenuti.
Al contrario, le situazioni più fragili — contesti caratterizzati da promiscuità, scarsa scolarizzazione, rapporti intrafamiliari conflittuali o violenti — potrebbero costituire proprio gli ambiti in cui l’autorizzazione viene negata. Si tratta, paradossalmente, degli stessi ambienti in cui l’accesso a un’educazione strutturata su affettività e sessualità risulterebbe più necessario, offrendo agli studenti strumenti di comprensione e tutela altrimenti assenti.
In contesti con dinamiche patriarcali marcate, il consenso potrebbe inoltre trasformarsi in barriera sistemica, impedendo la fruizione di percorsi educativi paritari e ampliando il divario di opportunità formative tra studenti provenienti da background familiari differenti.
Le questioni aperte per le scuole
L’applicazione del ddl pone alle istituzioni scolastiche interrogativi concreti sull’organizzazione dei percorsi di educazione all’affettività. Il primo riguarda la selezione dei soggetti chiamati a intervenire: il testo richiama l’esigenza di limitare la partecipazione alle figure dotate di competenze pedagogiche certificate, privilegiando i docenti interni e circoscrivendo il ruolo di esperti esterni a profili riconosciuti.
Gli istituti dovranno inoltre definire i contenuti in coerenza con le indicazioni nazionali vigenti, che già prevedono moduli su malattie sessualmente trasmissibili, apparato riproduttivo e prevenzione delle gravidanze indesiderate. La norma introduce l’obbligo di informare preventivamente le famiglie sui progetti che toccano temi ritenuti sensibili, generando la necessità di procedure trasparenti e tempestive.
Resta aperta la sfida di conciliare trasparenza genitoriale, autonomia educativa e diritto allo studio, garantendo percorsi strutturati che rispondano ai bisogni formativi di tutti gli studenti.