La negoziazione del contratto scolastico 2022-2024 si muove in un quadro di rigide limitazioni economiche. L’incremento medio previsto si attesta intorno ai 150 euro lordi mensili, cifra che rappresenta un tetto praticamente invalicabile nelle attuali condizioni. Questo margine economico, fissato preventivamente, non consente ulteriori spazi di manovra alle parti sociali impegnate nella contrattazione.
La situazione appare cristallizzata: per superare questo limite sarebbe necessaria l’approvazione di una specifica legge di stanziamento aggiuntivo, prospettiva considerata irrealistica nel breve periodo. Tale scenario ha di fatto congelato ogni possibilità di ampliare la trattativa salariale, costringendo sindacati e personale scolastico a confrontarsi con un orizzonte economico predeterminato e insufficiente rispetto alle aspettative.
Il divario tra incremento salariale e inflazione reale
L’aumento salariale previsto dal contratto si ferma al 6%, mentre l’inflazione cumulata dal 2021 raggiunge il 18%. Questo divario rappresenta una “coperta corta” che non compensa l’erosione del potere d’acquisto.
Nel settore pubblico, i rinnovi si basano su un’inflazione programmata stimata dal MEF nei Documenti di Economia e Finanza, parametro che nel triennio 2021-2023 si è discostato notevolmente dalla realtà, causando una perdita di circa 12-13 punti percentuali rispetto al 2020.
La questione dei buoni pasto
Il dibattito sulla contrattazione scolastica si è ulteriormente acceso con la proposta di introdurre i buoni pasto nel comparto scuola, misura che ha subito un primo significativo stop in ambito parlamentare. La Commissione Cultura e Istruzione pubblica del Senato ha infatti respinto un emendamento al decreto Scuola-Pnrr che avrebbe esteso questo beneficio al personale scolastico.
Nonostante questa iniziale bocciatura, le organizzazioni sindacali non hanno abbandonato la battaglia, continuando a insistere affinché il principio venga comunque inserito nei testi contrattuali.
La proposta rappresenta un tentativo di equiparare il trattamento del personale scolastico a quello di altri comparti della pubblica amministrazione, dove il buono pasto è già una realtà consolidata. I sindacati sostengono che, in un contesto di erosione del potere d’acquisto, l’introduzione di tale beneficio costituirebbe almeno un parziale ristoro per le perdite subite a causa dell’inflazione. La questione si inserisce così nel più ampio quadro di una contrattazione che cerca soluzioni alternative di fronte all’impossibilità di ottenere aumenti salariali significativi.