Italia al 19,9% nell'uso dell'IA generativa: Eurostat 2025 fotografa il divario con l'Europa

Italia al 19,9% nell'uso dell'IA generativa: Eurostat 2025 fotografa il divario con l'Europa

I dati Eurostat 2025 rivelano che l'Italia utilizza l'intelligenza artificiale generativa solo al 19,9%, ben sotto la media UE del 32,7%.
Italia al 19,9% nell'uso dell'IA generativa: Eurostat 2025 fotografa il divario con l'Europa

I dati Eurostat 2025 fotografano l’utilizzo di software basati su intelligenza artificiale generativa tra i cittadini europei di età compresa tra 16 e 74 anni. Si tratta di strumenti capaci di creare contenuti digitali in autonomia: testi, codice informatico, immagini o risposte conversazionali tramite chatbot.

In media, il 32,7% della popolazione europea li utilizza regolarmente, soprattutto per interessi personali, mentre l’uso legato al lavoro o all’istruzione formale è meno diffuso.

L’Italia si colloca nettamente al di sotto della media comunitaria con appena il 19,9% degli utenti, evidenziando una minore integrazione delle tecnologie generative nel tessuto nazionale. Il divario risulta evidente sia nell’ambito scolastico sia in quello professionale, segnalando un ritardo nell’adozione di strumenti che stanno rapidamente trasformando modalità di studio e lavoro in altri paesi europei.

Le differenze tra i paesi membri: Nord Europa vicino al 50%, Italia tra i fanalini di coda

La distribuzione geografica dell’adozione tecnologica rivela una polarizzazione netta all’interno dell’Unione Europea. Danimarca, Estonia e Malta guidano la classifica, sfiorando il 50% di utilizzo grazie a un’integrazione capillare dei modelli linguistici avanzati nelle attività quotidiane.

I paesi scandinavi dimostrano una reattività tecnologica superiore, incorporando rapidamente chatbot e assistenti virtuali nelle routine personali e professionali.

All’estremo opposto, Romania, Italia e Bulgaria chiudono la graduatoria con percentuali inferiori al 20%, evidenziando resistenze culturali o strutturali all’innovazione. Questa geografia dell’adozione disegna un continente a due velocità: mentre il Nord corre verso la transizione digitale, le aree sud-orientali faticano a integrare le nuove tecnologie generative nel tessuto sociale ed economico, rischiando di rimanere escluse dalle opportunità strategiche offerte dall’automazione.

La situazione italiana: adozione limitata e gap educativo nelle scuole e nel lavoro

L’Italia si ferma al 19,9%, posizionandosi tra i fanalini di coda del continente. Il dato complessivo nasconde criticità specifiche che riguardano in particolare il mondo della formazione e quello professionale.

Nel settore educativo emerge una carenza evidente: pochissimi studenti utilizzano l’intelligenza artificiale come supporto allo studio, con percentuali circa tre volte inferiori alla media comunitaria. Questa distanza rispetto al resto d’Europa evidenzia una scarsa integrazione delle tecnologie generative nei percorsi di apprendimento, limitando l’accesso a strumenti che potrebbero facilitare la comprensione di concetti complessi o ottimizzare i tempi di studio.

Anche il tessuto produttivo nazionale appare lento nel recepire le potenzialità offerte dall’IA. Il mondo del lavoro fatica ad adottare soluzioni innovative, probabilmente frenato da una carenza di competenze specifiche e da una limitata consapevolezza delle opportunità che queste tecnologie possono generare in termini di efficienza e qualità dei processi.

Questo ritardo nell’integrazione crea un divario digitale che rischia di penalizzare sia i percorsi formativi sia le prime esperienze professionali, allontanando l’Italia dagli standard tecnologici che caratterizzano i mercati del lavoro più avanzati.

Le ricadute per studenti e neolaureati: dal rischio di divario digitale alla competitività

Il ritardo nell’adozione dell’Intelligenza Artificiale si traduce in conseguenze dirette per chi studia o cerca lavoro. Il divario digitale italiano limita l’accesso a strumenti che potrebbero migliorare l’apprendimento e le competenze richieste dalle aziende. Gli studenti crescono con minore familiarità verso tecnologie ormai standard in altri paesi, mentre i neolaureati affrontano un mercato del lavoro che richiede abilità non sviluppate durante il percorso formativo.

Senza interventi mirati, il rischio è perdere competitività in un’economia globale sempre più automatizzata. La scarsa integrazione delle tecnologie generative nelle scuole riduce le opportunità di acquisire competenze digitali avanzate, penalizzando i giovani italiani rispetto ai coetanei europei.

Il gap si riflette anche nelle prime esperienze professionali, dove la carenza di formazione specifica sull’IA può limitare l’accesso a posizioni innovative e ben retribuite.

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