Riforma dell’esame di stato: ritorno alla dichiarazione di maturità

Riforma dell’Esame di Stato: ritorno alla dichiarazione di maturità

Riforma dell'esame di stato significa un ritorno alla dichiarazione di maturità, un cambiamento significativo nel sistema educativo.
Riforma dell’Esame di Stato: ritorno alla dichiarazione di maturità
Riforma dell'esame di stato significa un ritorno alla dichiarazione di maturità, un cambiamento significativo nel sistema educativo.

Il ministro Giuseppe Valditara ha avanzato da settimane una proposta di riforma dell’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo, incentrata su un cambio di paradigma fondamentale. L’obiettivo dichiarato è quello di trasformare l’esame in uno strumento capace di accertare la maturità complessiva dello studente, superando l’attuale impostazione che si limita alla verifica delle competenze e conoscenze acquisite durante il percorso scolastico.

Tuttavia, la proposta ministeriale presenta ancora zone d’ombra significative, principalmente legate alla difficoltà di definire con precisione cosa debba intendersi per “maturità” in ambito educativo e come tale concetto possa tradursi concretamente in un dispositivo legislativo efficace.

Il contesto normativo e storico

L’attuale framework normativo dell’esame di stato si basa sul decreto legislativo 62 del 2017, che stabilisce che il colloquio finale deve “accertare il conseguimento del profilo culturale, educativo e professionale della studentessa o dello studente”. Questo riferimento rimanda direttamente al PECUP (Profilo educativo, culturale e professionale), definito dal decreto legislativo 226 del 2005 e successivamente precisato per i licei dal DPR 89 del 2010.

Tuttavia, né nel PECUP originario né nelle sue successive integrazioni compare mai il termine “maturità” come obiettivo formativo specifico. Anche la riforma Moratti, considerata la più “berlusconiana” delle riforme scolastiche, mantenne l’impianto dell’esame di stato senza reintrodurre riferimenti alla maturità dello studente.

La dichiarazione di maturità storica

La formula della dichiarazione di maturità fu introdotta nel 1969 dal ministro Fiorentino Sullo, proprio nel clima effervescente delle proteste studentesche. La legge stabiliva che “a conclusione dell’esame di maturità viene formulato, per ciascun candidato, un motivato giudizio” basato non solo sull’esito dell’esame, ma anche “dagli atti dello scrutinio di ammissione, dal curriculum degli studi e da ogni altro elemento” a disposizione della commissione.

Il giudizio positivo si concludeva con la dichiarazione di maturità, integrata da un voto secondo le disposizioni vigenti.

Le implicazioni e sfide legislative

Il ritorno alla dichiarazione di maturità comporterebbe conseguenze normative significative che richiederebbero un intervento legislativo articolato. La modifica dell’esame di stato non può limitarsi a una semplice ridenominazione, ma necessita di una revisione del Profilo educativo, culturale e professionale (PECUP) attualmente in vigore dal 2005. Questo documento, che definisce gli obiettivi formativi del secondo ciclo, non contempla infatti il concetto di “maturità” come traguardo educativo specifico.

La sfida principale risiede nella definizione giuridica precisa di “maturità complessiva dello studente”, un concetto che deve essere tradotto in parametri valutativi concreti e misurabili. Il decreto legislativo 62 del 2017 dovrebbe essere modificato per integrare questa nuova prospettiva valutativa.

Il dibattito politico e culturale

Le contraddizioni politiche emergono chiaramente nell’analisi della proposta Valditara. Il ministro critica apertamente l’eliminazione dell’esame di maturità operata da Berlinguer, tuttavia la successiva riforma Moratti, considerata la più “berlusconiana” delle riforme scolastiche, aveva confermato l’esame di Stato senza alcun riferimento alla maturità dello studente.

La cultura istituzionale attuale si trova quindi a confrontarsi con un paradosso: recuperare elementi della riforma Sullo del 1969, nata proprio dalle proteste sessantottine che il centrodestra tradizionalmente critica. Le aspettative del mondo educativo rimangono elevate, mentre crescono le critiche sulla vaghezza della proposta. Il Parlamento attende la formalizzazione delle intenzioni ministeriali per valutare concretamente la fattibilità di questa trasformazione dell’esame conclusivo.

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