Il 28 novembre 2025 l’Italia si ferma per uno sciopero generale che attraversa settore pubblico e privato. La mobilitazione, promossa da COBAS, ADL, Clap, Sial, Cub, Usi-Cit, Usi, Usb e Flai Ts, durerà un’intera giornata e coinvolgerà lavoratori di ogni ambito.
Al centro della protesta la richiesta di maggiori investimenti nei servizi essenziali: sanità, scuola, università, trasporti e assistenza territoriale, oggi in forte difficoltà. I sindacati chiedono inoltre la riduzione delle spese militari per liberare risorse destinate al welfare e alle iniziative di supporto alla vita quotidiana dei cittadini.
Lo sciopero punta a riportare l’attenzione sul valore dei servizi pubblici e sul loro impatto diretto sulla qualità della vita. La giornata di mobilitazione avrà ripercussioni su scuole, trasporti e numerose categorie di lavoratori, con l’obiettivo di sollecitare il Governo a un cambio di rotta sulle politiche economiche e sociali.
Le ricadute su scuola e università: personale, studenti, PCTO e Invalsi
La mobilitazione del 28 novembre coinvolge direttamente il mondo della formazione. Unicobas ha proclamato lo sciopero per tutto il personale docente e ATA di scuola, ricerca e università, puntando il dito contro le criticità strutturali del sistema educativo italiano.
Tra le priorità emerge la richiesta di investimenti sull’edilizia scolastica: molti edifici non rispettano le norme di sicurezza, mettendo a rischio studenti e lavoratori. Il sindacato chiede fondi adeguati per rendere le scuole luoghi sicuri e dignitosi, oltre a un contratto equo e realmente aggiornato per il personale.
Un altro fronte aperto riguarda la contestazione alle prove Invalsi, ritenute strumenti di valutazione standardizzata inadeguati. Si critica inoltre l’obbligo dei PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento), considerati poco efficaci nella loro attuale configurazione.
Il sindacato rivendica anche il riconoscimento dell’anzianità per gli ATA ex Enti Locali, ancora in attesa di risarcimenti dopo sentenze europee rimaste inapplicate. Infine, viene espressa ferma opposizione alla regionalizzazione del sistema scolastico, vista come fattore di frammentazione e disuguaglianza territoriale.
I nodi del lavoro: salari, contratti, pensioni e orari
Le rivendicazioni economiche rappresentano il cuore pulsante della mobilitazione. I sindacati chiedono aumenti salariali che recuperino l’inflazione reale, poiché il costo della vita è cresciuto ben oltre gli stipendi attuali, erodendo il potere d’acquisto di famiglie e lavoratori.
Al centro della piattaforma figura il rinnovo dei contratti sia nel settore pubblico che in quello privato, accompagnato dalla richiesta di introdurre per legge il salario minimo come strumento di tutela contro la povertà lavorativa.
Sul fronte previdenziale, le sigle chiedono un adeguamento completo delle pensioni e l’abolizione della legge Fornero, misura ancora oggi contestata per aver innalzato l’età pensionabile senza garantire percorsi di uscita flessibili.
Tra le proposte emerge la riduzione generale dell’orario di lavoro, tema centrale nel dibattito europeo sulla conciliazione vita-lavoro. A questo si aggiungono due obiettivi strutturali: la stabilizzazione dei precari della Pubblica Amministrazione, compresi quelli impiegati negli appalti, e maggiori tutele per garantire la parità di genere nel mondo del lavoro, ancora penalizzata da divari retributivi e contrattuali.
La legge di bilancio e il quadro internazionale: servizi pubblici e posizioni sul conflitto
I sindacati promotori criticano duramente la legge di bilancio, considerata penalizzante per i settori sociali. La piattaforma rivendicativa chiede la ripubblicizzazione di sanità, istruzione, trasporto pubblico e servizi ambientali, settori oggi gestiti attraverso appalti e subappalti che, secondo le organizzazioni, alimentano precarietà e frammentazione.
La protesta assume anche una dimensione internazionale. Le sigle aderenti collegano le rivendicazioni nazionali alla richiesta di libertà di movimento e diritti di cittadinanza, estendendo la solidarietà oltre i confini. In particolare, chiedono la sospensione dei rapporti economici e militari con lo Stato di Israele ed esprimono sostegno alla popolazione palestinese.