Studio all'estero aumenta l'occupazione del 7,9%: il rapporto AlmaLaurea sui neolaureati

Studiare all'estero aumenta la probabilità di lavorare dopo un anno dal titolo

Chi ha svolto un periodo di studio all'estero ha il 7,9% di probabilità in più di essere occupato a un anno dalla laurea, secondo il rapporto AlmaLaurea.
Studiare all'estero aumenta la probabilità di lavorare dopo un anno dal titolo

Secondo il rapporto AlmaLaurea sul Profilo dei laureati, chi ha svolto un periodo di studio all’estero – riconosciuto dal proprio corso o su iniziativa personale – ha il 7,9% di probabilità in più di essere occupato a un anno dal conseguimento del titolo rispetto a chi non ha maturato esperienze oltreconfine.

Il dato emerge a parità di condizioni e sottolinea come la mobilità internazionale, spesso veicolata dal programma Erasmus+, rappresenti una leva concreta per accelerare l’ingresso nel mercato del lavoro. L’incremento occupazionale registrato conferma che le competenze trasversali e le reti di contatti sviluppate all’estero pesano positivamente sui percorsi professionali dei neolaureati italiani.

La dinamica delle mobilità: dal pre-Covid alla ripresa

Nell’ultimo decennio la partecipazione degli studenti italiani a esperienze di studio all’estero ha seguito un andamento discontinuo. Il rapporto AlmaLaurea documenta una crescita costante fino al 2020, quando la quota di laureati coinvolti ha raggiunto l’11,3%. Nel biennio successivo si è registrato un brusco calo: l’8,5% nel 2021 e l’8,3% nel 2022, effetto diretto delle restrizioni imposte dalla pandemia.

Nel 2023 è iniziata una ripresa, con un incremento di 2 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Nel 2024 la percentuale è salita al 10,3%, segnalando un ritorno di interesse per la mobilità internazionale. Nonostante il recupero, i numeri restano inferiori ai livelli pre-pandemici, con un divario di circa un punto percentuale rispetto al picco del 2020.

Le differenze per livello di laurea

Tra i laureati di primo livello del 2024, le esperienze di studio all’estero riconosciute dal corso hanno coinvolto il 7,8% degli studenti. La quota cresce sensibilmente tra chi ha conseguito una laurea magistrale biennale, dove la partecipazione raggiunge il 13,2%.

Se si includono coloro che hanno svolto un periodo oltreconfine durante la triennale ma non nel biennio, la percentuale sale al 18,4%, con un ulteriore 5,2% che porta con sé un’esperienza maturata nel ciclo precedente. Per le magistrali a ciclo unico, la mobilità si attesta al 14,8%, collocandosi a metà tra i due segmenti.

Il divario tra triennali e magistrali riflette diversi fattori: una maggiore autonomia organizzativa, una rete di contatti consolidata e una più ampia disponibilità di programmi di scambio nei corsi di secondo livello favoriscono la partecipazione.

Le differenze per area disciplinare

La diffusione degli scambi internazionali varia sensibilmente in base all’ambito di studio. Tra i laureati di primo livello del 2024, le esperienze all’estero riconosciute risultano particolarmente frequenti nel gruppo linguistico, con il 22,9% di partecipazione, seguito da politico-sociale e comunicazione al 14,1% ed economico all’11,7%.

Per le magistrali a ciclo unico guidano architettura e ingegneria civile con il 19,1%, il gruppo giuridico al 17,1% e quello medico-farmaceutico al 16,4%. Tra i magistrali biennali prevale nuovamente l’ambito linguistico con il 23,1%, seguito da ingegneria industriale e dell’informazione al 18,1% ed economico al 16,2%.

Questi dati confermano come alcune discipline favoriscano strutturalmente la mobilità internazionale rispetto ad altre.

Le disuguaglianze territoriali e socio-economiche

La partecipazione ai programmi di mobilità internazionale mostra forti divari geografici e sociali. Nelle università del Nord la quota raggiunge il 12,3%, con punte del 13,5% nel Nord-Est, mentre al Centro scende al 9,1% e al Sud si ferma al 7,9%.

Ancora più marcato è il peso del contesto familiare. Tra i laureati con entrambi i genitori laureati la partecipazione arriva al 16,3%, contro il 7% di chi ha genitori privi di diploma. Sul piano economico, il 13,4% degli studenti di estrazione più elevata svolge esperienze all’estero, percentuale che crolla al 7,7% tra quelli provenienti da famiglie svantaggiate.

Le borse Erasmus e gli altri finanziamenti non riescono a coprire integralmente i costi, rendendo i soggiorni oltreconfine un impegno troppo oneroso per le famiglie meno abbienti.

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