Saggio breve su Carlo Goldoni e le sue opere - Studentville

Saggio breve su Carlo Goldoni e le sue opere

Saggio breve su Goldoni e le sue opere: esempio svolto di saggio breve incentrato sulle opere di Goldoni che segnano il passaggio dalla commedia dell'arte alla riforma goldoniana.
Saggio breve su Carlo Goldoni e le sue opere

SAGGIO BREVE SU CARLO GOLDONI E LE SUE OPERE. Al solo pronunciare la parola saggio breve qualcuno di voi potrebbe iniziare a sudare freddo e andare completamente nel pallone: eh sì, lo sappiamo, si tratta di una tipologia di testo abbastanza complicata nella struttura, soprattutto se poi la traccia riguarda argomenti specifici come quelli affrontati in letteratura italiana. Se infatti, per esempio, il prof decide di assegnarvi un saggio breve su Goldoni e le sue opere, magari ponendo l’attenzione sul passaggio dalla commedia dell’arte alla riforma goldoniana, come pensate di svolgerlo? Da dove iniziare e come organizzare il testo in modo che si mantenga intatta la struttura del saggio breve? Niente paura: per risolvere i vostri dubbi basta continuare a leggere l’esempio di saggio breve su Goldoni e le sue opere che vi proponiamo qui sotto!

Per non sbagliare, ecco le regole del perfetto saggio breve: Saggio breve: come fare

Traccia su Goldoni Prima Prova Maturità 2018

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TRACCIA SAGGIO BREVE SU GOLDONI: I DOCUMENTI. Per prima cosa leggiamo i documenti presenti nel dossier della traccia:

Documento 1. 
“…espose sul teatro tutte quelle verità che gli si posero dinanzi, ricopiate materialmente, e trivialmente, e non imitate dalla natura, nè coll’eleganza necessaria ad uno scrittore. Non seppe o non volle separarele verità che si devono, da quelle che non si devono, porre in vista sopra un teatro; ma si è regolato solo con quel principio, che la verità piace sempre. Da ciò nasce che le sue commedie odorano per lo più di un pernizioso costume.” (Carlo Gozzi).

Documento 2. 
“Bisogna confessare, che gli uomini tutti traggono fin dalla nascita un certo particolar loro Genio, che gli spigne più ad uno che ad un altro genere di professione e di studio, al qual chi si appiglia, suole riuscirvi con mirabile facilità. Io certamente mi sono sentito rapire quasi per una interna insuperabile forza agli studi Teatrali sin dalla più tenera mia giovinezza. Cadendomi fra le mani Commedie o Drammi, io vi trovava le mie delizie; e’ mi sovviene, che sul solo esemplare diquelle del Cicognini in età di ott’anni in circa, una Commedia, qual ella si fosse, composi, prima d’averne veduto rappresentar alcuna in sulle Scene, di che può render testimonianza ancora il mio carissi­mo amico Signor Abate Don Jacopo Valle. Crebbe in me vieppiù questo genio, quando cominciai ad andare spesso a’ Teatri; né mai mi abbandonò esso ne’ vari miei giri per diverse Città dell’Italia, dove m’è convenuto successivamente passare, o a cagione di studio, o di seguir mio Padre secondo le differenti direzioni della medica sua professione. In Perugia, in Rimini, in Milano, in Pavia, in mezzo alla disgustosa occupazione di quel­le applicazioni che a viva forza mi si volevan far gustare, come la Medicina prima, e poi la Giurisprudenza, si andò sempre in qualche maniera sfogando il mio trasporto per la Drammatica Poesia, or con Dialoghi, or con Commedie, or con rappresentar nelle nobili Accademie un qualche Teatral Personaggio.

Finalmente ritornato in Venezia mia Patria, fui obbligato a darmi all’esercizio del Foro, per provvedere, man­cato di vita mio Padre, alla mia sussistenza, dopo, d’essere stato già in Padova onorato della laurea Dottorale, e di aver qualche tempo servito nelle assessorie di alcuni ragguardevoli Reggimenti di questa Serenissima Repubblica in Terraferma. Ma chiamavami al Teatro il mio Genio, e con ripugnanza penosa adempiva i doveri d’ogni altro, comecché onorevolissimo Uffizio. In fatti, se mai in altro tempo applicai con diletto e con osservazion diligente alle Drammatiche Composizioni che su que’ famosi Teatri rappresentavansi, certamente fu in questo. Dimodoché, sebbene da’ miei principi formar potessi un non infelice presagio dell’avvenire nella profession nobilissima dell’Avvocato in quel celebre Foro, pure rapito dalla violenta mia inclinazione, mi tolsi alla Patria, risoluto di abbandonarmi affatto a quella interna forza, che mi voleva tutto alla Drammatica Poesia. Scorse molte Italiane Città, intento ad apprendere i vari usi e costumi, che pur diversi fioriscono ne’ vari Domini di questa nostra deliziosa parte d’Europa, fermatomi finalmente in Milano, colà principiai a compor di proposito per servigio degli Italiani Teatri.
Tutto ciò ho voluto riferir ingenuamente colla sola mira di far rilevare il vero e sodo stimolo ch’ebbi per darmi intieramente a questo genere di studio. Altro non fu esso certamente se non se la invincibil forza del Genio mio pel Teatro, alla quale non ho potuto far fronte. Non è perciò maraviglia se in tutti i miei viaggi, le mie dimore, in tutti gli accidenti della mia vita, in tutte le mie osservazioni, e fin ne’ miei passatempi medesimi, tenendo sempre rivolto l’animo e fisso a questa sorta di applicazione, m’abbia fatta un’abbondante provvisione di materia atta a lavorarsi pel Teatro, la quale riconoscer debbo come una inesausta miniera d’argomenti per le Teatrali mie Composizioni; ed ecco come insensibilmente mi sono andato impegnando nella presente mia professione di Scrittor di Commedie. E per verità come mai lusingar alcuno, senza di questo particolar Genio dalla Natura stessa donato, di poter riuscire fecondo e felice Inventore e Scrittor di Commedie?
«La cosa più essenziale della Commedia» scrive un valente Francese «è il ridicolo. Avvi un ridicolo nelle parole, ed un ridicolo nelle cose; un ridicolo onesto, e un ridicolo buffonesco. Egli è un puro dono della Natura il saper trovar il ridicolo d’ogni cosa. Ciò nasce puramente dal Genio. L’arte e la regola vi han poca parte, e quell’Aristotile, che sa così bene insegnar a far piangere gli uomini, non dà alcun formale precetto per fargli ridere.»
Che cosa può dunque far mai chi non ha questo Genio della Natura? Potrà ben egli, quand’abbia formato collo studio un buon senso, rettamente giudicar forse delle opere altrui in questo genere medesimo, ma non produrne felicemente delle proprie. Potrà forse anche, dopo di aversi bene stillato il cervello sui libri degli egregi Maestri, che dell’Arte della Commedia diedero le ottime regole tratte dall’esempio de’ bravi Poeti Comici, che ne’ secoli andati fiorirono, potrà, dico, far delle regolatissime Opere, scriverà in purgatissima Lingua, ma avrà la disgrazia, che tuttavia non piacerà sul Teatro. Così non piacendo, non potrà nemmeno istruire, giacché l’istruzione vuole dalle Scene esser porta al popolo, addolcita dalle grazie e lepidezze poetiche, se l’Uditore che viene al Teatro col fin primario di ricrearsi, ha da indursi a gustarla.” (Carlo Goldoni, Prefazione alle Commedie)

Documento 3. 
“Dirò con ingenuità che sebben non ho trascurata la lettura de’ più venerabili, e celebri autori, da’ quali come da ottimi maestri, non possono trarsi che utilissimi documenti ed esempli: contuttociò i due libri su’ quali ho più meditato, e di cui non mi pentirò  mai di essermi servito, furono il mondo e il teatro” (Carlo Goldoni, Memoires)
SAGGIO BREVE SU GOLDONI E OPERE: TITOLO E CONSEGNA. Letti bene i documenti, si può procedere con la stesura del saggio breve, che dovrà essere introdotto da titolo e consegna:

  • Titolo: Dalla maschera all’espressione del volto: la riforma di Goldoni
  • Consegna: rivista di letteratura

SAGGIO BREVE DALLA COMMEDIA DELL’ARTE ALLA RIFORMA GOLDONIANA: INTRODUZIONE. Una riforma, che si tratti di politica o qualsiasi altro ambito, non viene mai accettata con facilità: l’uomo infatti tende a guardare con sospetto le novità che gli vengono proposte, e allontanarsi dalla tradizione diventa un tragitto lungo e difficile. E’ proprio ciò che è successo a Carlo Goldoni che, accortosi che la commedia dell’arte aveva grossi punti deboli ed era quasi vicina al tramonto, volle cercare di stabilire nuovi canoni per darle una nuova dignità.
SAGGIO BREVE SVOLTO SULLA RIFORMA DEL TEATRO DI GOLDONI: SVOLGIMENTO. La commedia dell’arte non era altro che improvvisazione e luoghi comuni: gli attori, rigorosamente in maschera, seguivano un semplice canovaccio improvvisando le battute, che spesso erano licenziose e volgari. Non a caso le ragazze per bene non erano ammesse nei teatri durante questi spettacoli, e il pubblico era formato da gente che rideva per scene che aveva visto e rivisto migliaia di volte, con la differenza che si poteva cambiare la battuta o il modo di esporla. Per il resto, personaggi e situazioni erano sempre gli stessi. Per esempio, se ad un certo punto in scena entrava Arlecchino, il pubblico sapeva già che prima o poi sarebbe stato preso a bastonate. Goldoni allora propone una serie di cambiamenti: in primo luogo inizia a scrivere le parti che ciascun attore deve imparare a memoria: non più improvvisazione quindi, ma battute scritte da seguire meticolosamente. In secondo luogo, abolisce la maschera, che impediva agli attori di mostrare le espressioni del viso e la mimica facciale che ci consentono di comprendere meglio l’interiorità del personaggio rappresentato. Le trame allora diventano più corpose e intricate, i personaggi non sono più semplici maschere ma diventano più vicini alla realtà, le situazioni variano di volta in volta. E, cosa non meno importante, i testi vengono epurati da battute sconce e oscene: secondo Goldoni (punto che precisa anche nella prefazione dell’edizione delle sue Commedie) il teatro deve divertire ed educare, insegnare e moralizzare tra battute scherzose e burle. Si mettono allora in ridicolo gli aspetti negativi dell’agire umano, si puniscono i personaggi che commettono brutte azioni. E affinché l’opera didascalica abbia successo, occorre mettere in scena situazioni reali e credibili, presi direttamente da una delle due fonti di ispirazione di Goldoni: il mondo, vale a dire la realtà così com’è. Ai nostri occhi tutte queste modifiche sono ovviamente eccellenti, geniali e decisamente da attuare: ma non lo erano nel Settecento, quando pubblico, attori e compagnie teatrali erano abituati da tutta una vita alla commedia dell’arte. E come ho detto all’inizio, i cambiamenti non vengono mai accettati così facilmente: Goldoni incontrò non poche difficoltà, e nell’arco della sua carriera spesso si è dovuto piegare ai gusti del pubblico, scrivendo canovacci secondo i canoni dell’epoca. Tra tutti, il famoso commediografo Carlo Gozzi mise per iscritto le sue riserve sull’opera di Goldoni, criticando, tra le varie cose, il fatto che Goldoni rappresentasse la realtà totale senza filtri, con personaggi come donne, borghesi e ceti inferiori che prima di allora non avevano avuto in scena un ruolo determinante.

Scopri di più sulla riforma del teatro: Carlo Goldoni e la riforma del teatro
SAGGIO BREVE SVOLTO SU CARLO GOLDONI E LE SUE OPERE: CONCLUSIONE. Ci vorrà molto tempo prima che la riforma di Goldoni e le sue opere vengano apprezzate in pieno: ma nonostante le mille difficoltà, il nostro apprezzatissimo commediografo non ha mollato, anzi ha realizzato un’infinità di commedie che ancora oggi vengono lette e rappresentate. E da lì in poi, grazie a Goldoni, la commedia riprenderà vigore, diventando nel corso del tempo un genere teatrale di alto livello, proponendo tematiche di riflessione sempre nuove e scene uniche e irripetibili.

Per approfondire leggi qui: Carlo Goldoni, opere e cronologia
CARLO GOLDONI: RIASSUNTI E RISORSE PER STUDIARE. Se stai studiando Goldoni e hai bisogno di una mano, ecco le risorse che ti servono:

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