La studentessa, conosciuta sui social come @cyclebreakingclub, ha affidato a un video la propria frustrazione dopo aver ricevuto zero su un compito. Il motivo: il docente ha giudicato l’elaborato scritto con l’Intelligenza Artificiale, ritenendo il tempo di realizzazione impensabile per un essere umano.
La ragazza ha dichiarato di aver impiegato ore per scrivere il testo, lavorando «normalmente, come un umano». Ha poi sottolineato l’assurdità della stima del professore: «Il docente ha ritenuto che l’abbia scritto in meno di un secondo, ma anche se usassi l’IA ci vuole più di un secondo».
Il video, diventato virale, mostra il suo smarrimento di fronte a un’accusa basata su un sospetto temporale. «Adesso non so cosa fare», ha concluso, esprimendo l’incertezza su come dimostrare l’autenticità del proprio lavoro e ottenere giustizia.
I limiti dei rilevatori anti-IA emersi nei commenti
Tra i numerosi commenti al video della studentessa emerge una testimonianza significativa: quella di Rayed, utente che racconta di aver subito lo stesso trattamento.
Per verificare l’affidabilità degli strumenti utilizzati dai docenti, Rayed ha condotto un esperimento diretto: ha applicato i tool di rilevamento a un vecchio articolo del professore stesso, pubblicato nel 2017, quindi ben prima della diffusione dell’intelligenza artificiale generativa.
Il risultato ha lasciato perplessi: il testo è stato segnalato come «100% AI».
Questo episodio, riportato nei commenti, solleva interrogativi concreti sulla precisione dei rilevatori automatici. La frustrazione di Rayed si concentra su quella che definisce una pratica frettolosa: «È davvero fastidioso avere a che fare con professori pigri che non leggono il lavoro e usano l’IA come scusa».
L’esempio mette in luce come gli strumenti anti-IA possono produrre falsi positivi anche su testi certamente scritti da esseri umani, alimentando il dibattito sulla loro reale attendibilità come prova definitiva.
Le prove di autenticità: la cronologia di Google Docs come tutela
Tra i commenti al video, spicca il suggerimento pratico offerto da Ayanna Wrote Ist, che propone di utilizzare Google Docs come strumento di tutela preventiva. La piattaforma conserva automaticamente la cronologia delle revisioni, registrando ogni modifica, cancellazione e battitura effettuata durante la stesura del documento.
Questo archivio digitale costituisce una prova tangibile del processo di scrittura, mostrando fasi, tempi e progressione del lavoro in modo oggettivo e verificabile.
Ayanna racconta la propria esperienza diretta: anche lui era stato accusato di aver prodotto un elaborato tramite intelligenza artificiale, ma la cronologia salvata da Google Docs ha permesso di dimostrare l’autenticità del proprio operato, neutralizzando l’accusa.
Il consiglio rappresenta una strategia concreta per gli studenti che vogliono documentare il percorso di elaborazione e disporre di elementi probatori in caso di contestazioni basate su sospetti o analisi automatiche. La funzionalità, accessibile gratuitamente, offre trasparenza sul metodo di lavoro senza richiedere competenze tecniche particolari.
Le reazioni online e il dibattito tra pari
Il video ha innescato un confronto acceso sull’affidabilità degli strumenti anti-IA e sul diritto degli studenti a difendersi da accuse fondate su sospetti digitali. I social hanno moltiplicato testimonianze analoghe, consigli pratici e critiche verso metodi di verifica percepiti come insufficienti.
Emerge il contrasto tra l’esigenza di controllo dei docenti e la tutela del lavoro autentico, con richieste di maggiore trasparenza nei criteri e di garanzie procedurali per chi si vede contestare l’originalità dell’elaborato.