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Giacomo Leopardi

Pensiero e vita.

Vita di Leopardi

Giacomo Leopardi nacque a Recanati nel 1798 dal conte Monaldo e da Adelaide Antici. Il padre, fedele al papa e di idee reazionarie, fu uomo erudito e autore di scritti politici, ma non comprese tutta l’umanità del figlio. La madre si dedicò quasi solo all'amministrazione del dissestato patrimonio.

Rivelatosi precocemente dotato di vivo ingegno e straordinaria memoria, Leopardi acquisì ancora fanciullo una prodigiosa erudizione, che lo rese celebre fra i dotti. Lo studio "matto e disperatissimo" lo isolò dal mondo e gli causò gravi danni alla salute.
Sulla soglia dell'adolescenza, insoddisfatto, scoprì in sé i segni di una grave crisi. Abbandonò la fede paterna, e sentì la prima vocazione poetica.
Gli divenne insopportabile il paese, da cui desiderò allontanarsi. Un viaggio a Roma lo rese ancora più deluso.
Visse un certo periodo in Toscana, lasciando la poesia per la riflessione delle Operette morali. Ripiombato nella disperazione, e assieme sentendo la più alta ispirazione poetica, trascorse gli ultimi anni a Napoli presso l'amico Ranieri, spegnendosi ancora giovane.

Il pensiero di Leopardi

Pessimismo individuale

Le condizioni fisiche influirono, ma non determinarono il pensiero del Leopardi. In una prima fase egli riflette sul proprio stato infelice, contrapposto ad un mondo bello e lieto (il De Sanctis parlò di "pessimismo individuale").

Pessimismo storico

L'esperienza degli uomini lo indusse poi a considerare infelicità come comune a tutto il genere umano: questo infatti, per mezzo della ragione, si è separato dal meccanicismo della natura, elaborando l'antropocentrismo e l'illusione della felicità ("pessimismo storico").

Pessimismo cosmico

Infine il Leopardi giunge alla considerazione infelicità del tutto attraverso la riflessione sulla vanità dell'universo, che prelude al moderno esistenzialismo ("pessimismo cosmico").

Come unica soluzione, il poeta vede un invito agli uomini a collaborare fra di loro, ritenendosi alleati contro il comune nemico, la natura.
 

I Canti

È il titolo dell'opera poetica del Leopardi, da lui stesso imposto all'edizione definitiva. Vi si distinguono le Canzoni Civili, tra cui è celebre All'Italia.
 

Gli Idilli

Il nome di idillio, che significa quadretto, è desunto dalla tradizione greca. Si distinguono in:

  • Piccoli Idilli
  • Grandi Idilli

Ultimo canto di Saffo

La poetessa, grande nello spirito ma deforme nel corpo, si chiede il motivo della sua sventura, non trova una risposta e si uccide.

Passero solitario

Il passero guarda gli altri uccelli vivere attivi e felici; sente di non essere capace di seguirli. E' una condanna dell'intellettualismo e degli effetti funesti dell'eccesso di erudizione.

Sabato del villaggio

La gente umile del villaggio (donzelletta, vecchierella, falegname, fanciulli…) è felice perché non ha consapevolezza della sventura, che negli uomini nasce con la ragione. Per il fanciullo la felicità è come il sabato, cui seguirà la delusione della festa.

A Silvia

Il poeta ricorda con struggente nostalgia l'amore per Silvia, prematuramente morta. Più felice è Silvia che non ha conosciuto la disillusione della vita. La natura illude di una felicità che non dà poi.

L'infinito

Il monte circondato da una siepe ispira al poeta l'immagine grandiosa dell'infinito, a cui egli compara la vita umana e la storia. Smarrisce la sua individualità perdendosi in quell'immensa visione.

Canto notturno di un pastore errante nell'Asia

Il pastore, simbolo dell’umanità primitiva incolta, si pone le domande primordiali: il senso della vita umana, che è passeggera, contrapposto all'eternità della luna. La vita umane è dolore o noia. Ma forse ogni altra esistenza, sia umana che animale, non è che sventura.

La poesia leopardiana è essenzialmente il potere evocatorio della parola poetica, che parla all'anima attraverso un linguaggio assai vario, fatto del pari di parole dotte e di parole comuni. Il Leopardi scioglie le regole della canzone petrarchesca attraverso una libera combinazione di versi e di rime, che preparano il moderno verso libero.
 

Le operette morali

Sono brevi scritti in prosa, in maggior parte dialoghi, con cui il poeta vuole esprimere la sua visione filosofica. Combatte lo spiritualismo che illude l'uomo dell'antropocentrismo e della felicità, servendosi dell'arma della satira. Brilla nelle Operette un sorriso sarcastico ricco di umorismo, di immagini fantastiche e di frutti della straordinaria erudizione del Leopardi. Lo stile è assai complesso ed elegante.

Dialogo della Natura e di un Islandese

Un Islandese, deluso della vita, cerca un luogo del mondo dove non possa incontrare la Natura; la incontra però, e le domanda perché‚ maltratti così gli uomini. La natura risponde che non si cura affatto degli uomini, e che il mondo è un processo meccanico indifferente. L'uomo chiede perché‚ se è così, la Natura faccia nascere gli uomini: ma muore prima di ottenere risposta.

Dialogo di Cristoforo Colombo e Pietro Guitierrez

Navigando nell'Oceano, Cristoforo Colombo spiega allo spagnolo Pietro Guitierrez che il timore dell'ignoto e l'avventura sono il solo rimedio contro la noia che avrebbero provato restando in patria.
 

Lo Zibaldone

È una monumentale raccolta di appunti ed osservazioni di varia natura, utile a seguire lo sviluppo degli studi e dello stesso pensiero del Leopardi.

 

  • Letteratura Italiana

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