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Goethe

Vita e pensiero.

Romanticismo: Goethe

Vita e opere Johann Wolfgang von Goethe (Francoforte sul Meno 1749 – Weimar 1832), poeta, drammaturgo, romanziere e scienziato tedesco. Figlio di un funzionario dell’amministrazione imperiale, dal 1765 al 1768 studiò diritto a Lipsia, dove maturò in lui l’interesse per la letteratura e la pittura, e dove conobbe le opere drammatiche di Friedrich Gottlieb Klopstock e Gotthold Ephraim Lessing. La sua prima produzione poetica e drammatica, che risente dell’influenza di questi autori, trasse spunti anche dall’amore per la figlia di un oste, che gli ispirò la commedia pastorale Capriccio d’innamorati (1767). Dello stesso periodo ò una tragedia in versi, I complici (1768). Nel 1768, ammalatosi gravemente, fece ritorno a Francoforte e, superata la fase critica della malattia, durante la convalescenza si dedicò a studiare occultismo, astrologia, alchimia. L’amicizia con Susanne von Klettenberg, un’amica della madre, attiva pietista, lo accostò al misticismo religioso. Dal 1770 al 1771 Goethe visse a Strasburgo dove accanto alle discipline giuridiche, coltivò lo studio della musica, dell’arte, dell’anatomia, della chimica. Prime influenze: A Strasburgo ebbe due incontri che sarebbero stati molto importanti nella sua vita e determinanti per la sua opera letteraria. Il primo fu quello con Friederike Brion, figlia di un pastore protestante, che Goethe amò e che avrebbe fornito il modello per vari suoi personaggi femminili, compreso quello di Margherita nel Faust. Il secondo fu l’incontro con il filosofo e critico letterario Johann Gottfried von Herder con cui strinse amicizia: Herder, fra l’altro, lo portò a sottrarsi all’influenza del classicismo francese, ligio alla concezione aristotelica dell’unità  di tempo, di luogo e di azione, cui doveva attenersi la tragedia, e lo introdusse all’opera di Shakespeare, in cui proprio il mancato rispetto delle tradizionali unità  contribuisce all’intensità  drammatica. Herder, inoltre, indusse Goethe ad approfondire il significato della poesia popolare tedesca e delle forme dell’architettura gotica quali fonti di ispirazione letteraria. Gli insegnamenti di Herder si tradussero nella tragedia Gà¶tz di Berlichingen (1773), che Goethe scrisse a Francoforte, dove era tornato una volta conclusi gli studi giuridici. L’opera, che prende a modello Shakespeare, ha come protagonista un cavaliere del Cinquecento, in rivolta contro l’autorità  dell’imperatore e della Chiesa, e anticipa i fremiti libertari che sarebbero stati l’anima del movimento Sturm und Drang, antesignano del romanticismo tedesco. Quando nel 1771 si trasferì da Strasburgo a Wetzlar, per fare pratica presso il tribunale, Goethe visse una fase d’irrequietezza sentimentale: nel 1774 dedicò a un amore impossibile il romanzo epistolare I dolori del giovane Werther, che ebbe vasta eco non soltanto sullo sviluppo del romanzo tedesco, ma anche nel mondo letterario del tempo (vi si ispirò Ugo Foscolo, quando nel 1798 scrisse la prima versione delle Ultime lettere di Jacopo Ortis); analoghe ispirazioni pervadono i drammi Clavigo (1774) e Stella (1775). Negli stessi anni, Goethe compose numerosi saggi letterari e teologici, varie liriche, e soprattutto la prima versione del Faust, il cosiddetto Urfaust (“Faust originario”). Gli anni di Weimar: Nel 1775 il diciottenne Karl August, duca di Weimar chiese a Goethe di fargli da precettore. Nel primo decennio a Weimar Goethe dimostrò straordinarie capacità  di organizzatore e amministratore, rendendo la piccola capitale un vivace centro culturale dove affluirono alcuni fra i migliori ingegni del tempo, tra cui Herder e Christoph Martin Wieland; inoltre si dedicò allo studio di varie scienze (botanica, mineralogia, osteologia, ottica), continuò a elaborare il Faust, compose la prima stesura della Vocazione teatrale di Wilhelm Meister e iniziò la versione in prosa dell’Ifigenia in Taurine, che avrebbe riscritto in versi nel 1787. A Weimar infine ebbe un’appassionata storia d’amore con Charlotte von Stein, moglie di un ufficiale e donna di grande fascino e intelligenza, che gli ispirò liriche e ballate. Il viaggio in Italia: Tra i diversi motivi che nel 1786 indussero Goethe a partire per l’Italia vi fu il desiderio di allontanarsi dalla corte di Weimar e da Charlotte von Stein, ma soprattutto la brama di trovare nuovi stimoli e di dare nuovi orizzonti alla sua vena poetica, al contatto dell’arte e della cultura italiana, in particolare di quella classica. Dopo aver visitato le città  dell’Italia settentrionale, la Sicilia e Napoli, Goethe si stabilì a Roma dove rimase fino al 1788. Si dedicò con fervore a studiare l’arte, l’architettura e la letteratura della Grecia, di Roma e del Rinascimento, che gli suggerirono forme di mirabile equilibrio per esprimere il fremito e la tensione della passione autentica. Di questo incontro resta affascinante testimonianza Il viaggio in Italia, che venne pubblicato molti anni dopo (1816 e 1829). Risalgono al soggiorno italiano e alle sue suggestioni la versione in giambi dell’Ifigenia in Taurine, i drammi Egmont (1788) e Torquato Tasso (1790); le Elegie romane (1789); gli Epigrammi veneziani (1790) e alcune scene del Faust. Il ritorno a Weimar: Al ritorno a Weimar (1788) Goethe trovò un’atmosfera ostile nei circoli letterari, mentre a corte mal si accettava la sua relazione con Christiane Vulpius, una giovane che nel 1789 gli diede un figlio e che egli avrebbe sposato nel 1806. Malgrado tutto rimase a Weimar, trattenuto da due motivi d’interesse: la direzione del teatro ducale, che tenne dal 1791 al 1813, e la possibilità  di perseguire meglio che altrove gli studi scientifici, cui si dedicò con rinnovato ardore. Risalgono a questi anni vari scritti di anatomia comparata (1784), di botanica (1790) e due volumi di ottica (1791 e 1792). Fu l’amicizia con Friedrich von Schiller a riavvicinare Goethe alla letteratura e dalla loro collaborazione, durata dal 1794 alla morte di Schiller nel 1805, scaturirono numerose composizioni liriche ed epiche, l’idillio in esametri Arminio e Dorotea (1797), il dramma La figlia naturale (1802), la seconda versione del romanzo Gli anni di noviziato di Wilhelm Meister (1796), che avrebbe costituito un modello narrativo per la successiva produzione letteraria tedesca, inaugurando il genere del romanzo di formazione e soprattutto, su incoraggiamento di Schiller, la versione definitiva del Faust (la prima parte fu pubblicata nel 1808). Gli ultimi anni: Dal 1805 e fino alla morte, Goethe visse anni di intensa creatività . I grandi avvenimenti storici della sua epoca – la Rivoluzione francese, che considerò con un certo sospetto vedendovi non tanto l’espressione di un’istanza di libertà  quanto lo scoppio incontrollato di forze oscure e disordinate; la fortuna di Napoleone, che ammirava; gli sforzi per l’unificazione della Germania, considerati con indifferenza, se non con ostilità  – trovarono in lui un osservatore attento ma non appassionato. Fra gli scritti di questi anni sono il romanzo Le affinità  elettive (1809); Gli anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister (1821, riveduto nel 1829); l’autobiografia Dalla mia vita. Poesia e verità  (in 4 voll., 1811-1833); una raccolta di liriche, Divano occidentale-orientale (1819), dai toni mistici ed erotici, licenziosi e ambigui; la seconda parte del Faust (pubblicata postuma nel 1832). I dolori del giovane Werther I dolori del giovane Werther fu scritto nel 1774 da Wolfgang Goethe, il quale trascrisse in parte la sua vicenda biografica, ed ò quindi permeato da temi tipicamente romantici: l’amore, sublimato ed unico conforto al deludente presente e la natura, portatrice di serenità  e consolatrice. La natura, in particolare, diventa lo spazio complice ed assonante con i sentimenti del protagonista; l’amore, capace di scatenare tempeste emotive e dispensatore di grandi gioie, ma anche di grandi dolori, ò vissuto intensamente ed interamente, pur concretamente irrealizzabile. Al contrario de Le ultime lettere di Jacopo Ortis di Foscolo, nel romanzo di Goethe le vicende passionali non si alternano a quelle politiche. Struttura e forma: il romanzo ò scritto in forma epistolare e le vicende sono narrate per mezzo di lettere che il protagonista invia all’amico Guglielmo. L’intervento esterno di quest’ultimo, comunque, ò circoscritto all’inizio del romanzo ed alla fine, quando Guglielmo descrive il suicidio di Werther. Gli avvenimenti sono narrati in modo analettico e non sempre l’ordine cronologico viene rispettato; questo accade soprattutto nella seconda parte del romanzo dove il ritmo appare più concitato e le riflessioni del Werther sono guidate dall’emotività  e dai ricordi per Lotte, Alberto, Guglielmo e la madre. La prima parte del romanzo, invece, più rilassata, ospita ampie descrizioni ispirate alla natura e ricche di dettagli. Personaggi: il protagonista ò il giovane Werther, il cui profilo fisico non viene mai delineato. Possiamo comunque trarre un’immagine perfettamente nitida del suo carattere e del suo pensiero dagli indizi che lui stesso fornisce tramite le epistole. àˆ un uomo colto, ama la letteratura e nelle sue epistole cita numerose letture quali Omero e Ossian; ama, inoltre, la vita semplice ed agreste, caratteristica che lo fa ben volere dal popolo e dai bambini. Come ogni eroe romantico ò dotato di un’estrema sensibilità  agli eventi esterni ed alterna momenti ottimistici, di passione e di amore per la vita ad altri di sconforto e depressione che lo porteranno al suicidio. Lotte, invece, viene connotata ampiamente dal Werther sia fisicamente (dalla bella figura, di media statura, con lineamenti pieni di grazia eccà–), sia intimamente come una ragazza ingenua, ferma, serena, attiva; Alberto, ponderato e calmo, si configura caratterialmente come l’opposto dell’eroe, d’animo tempestoso e passionale, con il quale stringe comunque amicizia in un rapporto di reciproca stima. Alberto, dunque, non può esser definito antagonista, quanto piuttosto rappresenta l’impedimento e l’ostacolo contro cui si imbatte il Werther. Stile: nel racconto il tono drammatico prevale su quello puramente descrittivo e l’uso del discorso indiretto su quello diretto. Il tono ò semplice e puro come le passioni che sono rappresentate, tuttavia sono presenti francesismi di cui l’autore si serve di sovente. L’organizzazione sintattica predilige l’ipotassi per sottolineare situazioni e stati d’animo tormentati, mentre la paratassi accompagna le descrizioni della natura ed i momenti bucolici. Riassunto: il giovane Werther racconta all’amico Guglielmo tramite alcune lettere la sua sfortunata vicenda amorosa. Werther, infatti, ò innamorato di Carlotta, già  promessa e poi sposa di Alberto, arido, ma di buoni sentimenti, di cui peraltro il protagonista diviene amico. Durante la lettura dei versi di Ossian, Werther strappa l’unico bacio all’amata; poi, però, tormentato dalla gelosia, si uccide con le pistole di Alberto consegnategli dalla stessa Carlotta, quando già  aveva deciso di intraprendere un lungo viaggio. Goethe e la natura Il concetto di “natura” rappresenta certamente uno dei grandi temi del Romanticismo, specie di quello tedesco. Infatti l’amore ed il fascino per essa, che affondano le loro radici nel clima culturale dello “Sturm und Drang” e si alimentano della riscoperta del pensiero di Spinoza, costituiscono uno dei dati più caratteristici del movimento. E Goethe non ò estraneo a questo influsso. Alla base della concezione goethiana della natura vi ò un fondamentale panteismo, che gli deriva dalla lettura di Plotino, di Bruno e di Spinoza, a favore del quale si esprime intervenendo nella cosiddetta ‘disputa sul panteismo’ tipica di quegli anni. La natura ò natura vivente, inizialmente considerata, secondo i parametri dello Sturm und Drang, come un’inesauribile forza primigenia, dalle mille trasformazioni e dai mille volti, compresi quello umano e quello divino. Successivamente, questa visione letteraria si trasforma in una concezione più scentifica, che considera la natura come la sede dell’evoluzione, per complicazione successiva, di un unico fenomeno originario ( Urphà¤nomenon ). Nel suo viaggio in Italia, a Palermo, Goethe credette di aver scoperto la forma della pianta originaria ( Urplanz ): uno stelo dal quale si dipartono i rami e le foglie. La stessa struttura la si ritrova nella costituzione fisica dell’uomo, come colonna vertebrale da cui si diramano gli arti. L’intenzione di Goethe ò quella di costruire una morfologia della natura, ovvero uno studio qualitativo delle forme naturali, condotto attraverso l’intuizione e l’osservazione diretta dei 5 sensi: la sua indagine della natura diverge dunque nettamente da quella della scienza moderna (newtoniana), fondata sulla riconduzione dei fenomeni a elementi quantitativi, misurabili matematicamente attraverso procedure sperimentali oggettive. L’avversione di goethe per la fisica newtoniana, improntata al meccanicismo causale, affiora anche nella sua teoria dei colori: servendosi di un prisma di cristallo, Newton aveva scoperto che la luce bianca ò scomponibile in raggi ai cui differenti indici di rifrazione corrispondono, nella percezione soggettiva, i diversi colori. Goethe, al contrario, sostiene che la luce ò un fenomeno semplice e i colori derivano dalla contrapposizione polare tra chiaro e scuro, cioò tra bianco e nero. Per quanto infondata, la teoria goethiana dei colori si inserisce nella generale tendenza romantica a spiegare i fenomeni naturali come effetti della polarità , cioò a ricondurre la molteplicità  delle manifestazioni ad un’unica legge fondamentale della natura. Per Goethe nella Natura non esiste puro divenire, caotico ed anarchico, ma una serie continua di manifestazioni plastiche, attraverso le quali l’Essere si rende percepibile ai nostri occhi. Metamorfosi significa trasformazione, o meglio una serie di trasformazioni in cui una essenza perenne si manifesta via via con modalità  esteriormente differenti: la forma, che si concretizza biologicamente nel «tipo», a sua volta, non costituisce una realtà  statica, ma una attività  plasmatrice, che solo l’occhio esperto riesce a ricondurre all’Unità , attraverso la catena dell’Essere, scorgendo l’Eterno nel transitorio. Che tutto ciò non si sia risolto in una semplice speculazione teorica, ma abbia dato risultati concreti, lo dimostra il fatto che Goethe, seguendo tale paradigma, attraverso «il metodo genetico, il metodo della comparazione anatomica ed embriologica, conosciuto oggi come morfologia comparata», potè conseguire tre notevoli scoperte scientifiche, tuttora valide nella loro essenza: l’origine fogliare delle differenti strutture del fiore: sepali, petali, stami, pistilli; l’origine del cranio da vertebre trasformate; l’esistenza dell’osso intermascellare, o incisivo, nel cranio umano, tanto che la sutura corrispondente, situata tra il canino ed il secondo incisivo, e stata chiamata ufficialmente, in suo onore, sutura incisiva goethei. Goethe ò profondamente convinto, sulla scia di gran parte del pensiero romantico, che la natura costituisca un tutto organico, di cui l’uomo ò solo manifestazione; l’errore dell’uomo, come già  aveva detto Spinoza, sta nel non riconoscere di essere parti del tutto, di questa totalità  che ò la natura, ma di pretendere di esistere come individualità . Così scrive Goethe a proposito: ‘ Natura! Noi siamo da essa circondati e avvinti, senza poter da essa uscire e senza poter entrare in essa più profondamente. Non invitati e non avvertiti, essa ci prende nel giro della sua danza e ci attrae nel vortice, finchè, stanchi, cadiamo nelle sue braccia. Essa crea eternamente nuove forze: ciò ch’ò ora non era ancora, ciò che era non torna; tutto ò nuovo, e nondimeno ò sempre antico. Noi viviamo nel mezzo di essa, e le siamo estranei. Essa parla incessantemente con noi, e non ci palesa il suo segreto. Noi operiamo costantemente su di essa, e tuttavia non abbiamo su di essa nessun potere. Pare che la natura tutto abbia indirizzato verso l’individualità , eppure non sa che farsene degl’individui. Artista incomparabile, senza apparenza di sforzo passa dalle opere più grandi alle minuzie più esatte. [… ] àˆ intera, e nondimeno ò sempre incompiuta. Non conosce passato e futuro; il presente ò la sua eternità  ‘. Il Faust In quest’opera, che ò il suo indiscusso capolavoro, Goethe riprese il soggetto di una leggenda popolare molto diffusa in Germania e che in Inghilterra era già  stata soggetto di una rielaborazione teatrale da parte del poeta elisabettiano Christopher Marlowe. La storia ha come protagonista uno studioso, Johann Faust, che, ormai vecchio, tentato dal demonio Mefistofele, vende la propria anima in cambio di giovinezza, sapienza e potere. Ora Faust, onnipotente, può disporre delle sorti altrui: porta alla follia e alla morte una povera fanciulla, Margherita; poi inizia a esercitare la sua influenza diabolica presso le corti principesche del gran mondo. E benchè tutto sembri congiurare alla dannazione di Faust, la pietà  divina riconosce il desiderio di bene che ò stato all’origine di tanto peccare: la stessa Margherita intercede per Faust, simbolo ormai dell’umanità  stessa e del suo cammino verso la redenzione. L’opera, allegoria della vita umana nell’intera gamma delle passioni, delle miserie e dei momenti di grandezza, afferma il diritto e la capacità  dell’individuo di voler conoscere il divino e l’umano, la capacità  dell’uomo di essere “misura di tutte le cose”, e mostra il cammino percorso da Goethe dagli anni inquieti dello Sturm und Drang fino alla compostezza classica delle forme e alla saggezza della maturità . E’ il mito della superbia della ragione illuministica, dell’uomo che vuole essere il signore del mondo. Faust ò un medico- scienziato, uomo rispettabilissimo, che svolge la sua attività  con un aiutante (Wagner). Conosciuto tutto il possibile, Faust si sente insoddisfatto e si rivolge alla magia, che gli si presenta come vero e proprio spirito della magia, incarnato dalla diabolica figura di Mefistofele. Quest’ultimo era già  comparso nel ‘prologo in cielo’ per sfidare il Signore che riuscirà  a dannare Faust. Faust e Mefistofele siglano un patto: Faust ottiene la giovinezza in cambio della propria anima. Dopo di che, Faust si innamora della bella popolana Margherita e riesce a conquistarla: ella ò indotta da Faust a somministrare un sonnifero alla propria madre per potersi così incontrare con l’amante. Il sonnifero, però, porta la madre alla morte. Margherita, uccisa la madre e anche il proprio fratello (Valentino), commette un altro omicidio: toglie infatti la vita al suo bambino (affogandolo), figlio di Faust, e viene arrestata. Nel frattempo Faust vive con Mefistofele nuove avventure: viene infatti introdotto alla conoscenza dei mondi infernali e condotto ad una Sabba (il concilio di streghe e potenze demoniache). Nell’ultima scena dell’opera la ritroviamo in carcere, in preda a forti allucinazioni: invoca a gran voce il perdono di Dio. Faust, accortosi di quanto sta accadendo, impone a Mefistofele di liberare Margherita, la quale, però, si rivela impaurita dalla figura di Mefistofele: ha colto in tale figura la presenza del diabolico, il male. Margherita viene comunque dichiarata salva da una voce celeste. Questa ò la trama generale dell’opera. Due sono le grandi tematiche del Faust: il patto-scommessa e lo Streben (il cercare): Mefistofele sfida Dio, dimostrando che Faust, pur affannato alla ricerca di nuovi ed elevati saperi, ò in realtà  pur sempre disponibile ad un piacere che proviene dall’abbandono della sapienza. Il Signore tira in ballo il concetto di Streben dicendo che ‘ erra l’uomo finchò cerca ‘. La parola ‘streben’ caratterizza il protagonista, il suo continuo sforzo di superare i limiti, di non appagarsi mai in nessuna situazione; rappresenta anche lo spirito della borghesia, la sua forza innovativa e rivoluzionaria. Faust, nel primo prologo, ò disperato: il sapere cui ò pervenuto non gli permette di conoscere l’intima essenza della Natura (tema sentitissimo in Goethe) e decide dunque di darsi alla magia, evocando Mefistofele. Faust ò salvato in extremis dal suicidio: sente la campane della pasqua e la gioia che da ese deriva. In Faust, va sottolineato, convivono due anime in contrasto: la prima tende al potere-sapere, l’altra ad un legame con il mondo. Qui sotto c’ò una trama più dettagliata: Volume I Prologhi Dedica Prologo sul teatro: Direttore – Poeta. Il direttore ò avido di guadagno, il poeta difende i diritti del genio e ha simpatia per l’improvvisazione e vuole preparare il pubblico all’apparente disorganicità  del Faust. Prologo in cielo: Mefistofele – Dio ® accordo. Mefistofele può tentare come vuole Faust, ma Dio ò convinto che non ci riuscirà . Entrano nuovi elementi: la lotta tra l’Io e la natura. Prima parte della tragedia Notte: Faust si rende conto di non sapere nulla ® desiderio di reagire alla conoscenza libresca per avviarsi, staccandosi dall’illuminismo, verso una conoscenza intuitiva per svelare l’essenza della natura. Vuole arrivare alla chiarezza. Invoca lo Spirito della terra, ma si conclude in una sconfitta perchè sente ancor più dolorosamente la distanza tra l’uomo e Dio, tra la creatura finita e l’infinito. Viene rispinto entro i limiti delle sue umane possibilità , come castigo di essersi creduto simile a Dio. Dialogo con Wagner (studente) che vorrebbe sapere sempre di più. Wagner ò il rappresentante della decadente tradizione della retorica umanistica e di alcuni aspetti della letteratura del tempo. Più tardi, solo decide di suicidarsi, per rientrare nell’universale, nell’infinito. Il desiderio di vivere e l’aspirazione di fondersi con il tutto sono in Goethe spesso uniti con il senso della morte. Faust crede l’inferno una creazione umana. Gli angeli evocano in lui il periodo felice della sua giovinezza e lo fermano. Streben: impulso che non lo abbandonerà  mai, come energia vitale e positiva. Allo Streben di Faust, che ò desiderio di andare sempre oltre i risultati delle proprie esperienze, si oppone il Genus di Mefistofele, che ò quasi voluttuosa pigrizia di appagarsi in quello che ò. Fuori della porta della città : giovani a passeggio. Inquietudine di Faust contrasta con la pacata esistenza di Wagner e il primitivo viversi della folla. Faust si rivolge agli spiriti dell’aria perchè lo strappino alla sua chiusa esistenza. “Due anime abitano nel mio petto, l’una si vuol separare dall’altra”. ® Faust ò ormai fuori dal dualismo cristiano: cielo / terra, Uomo / Dio, natura / spirito. Il suo dualismo ò dentro di lui. Ecco le due anime. Una lo avvince al mondo sensibile, l’altra verso l’infinito e il divino.. il diavolo ò un po’ la voce della prima anima, ma Faust sa che la seconda avrà  il sopravvento. Faust vede un cane ® Mefistofele Studio: dal cane si sviluppa Mefistofele. Non appare a Faust perchè ò stato evocato, ma per il discorso del prologo in cielo. D’altro canto Faust non aveva invocato il demonio, ma gli spiriti che stanno tra cielo e terra. Mefistofele gli si presenta come un diavolo come tutti gli altri. Studio: patto. Faust accetta le condizioni di Mefistofele e questi crede che vincerà  la scommessa saziandone il corpo e l’animo di brutali piaceri. Faust, poco preoccupato di com’ò l’aldilà  perchè non crede all’aldilà  tradizionale, si sente legato alla terra e vuole vivere qui la sua esperienza, ò anche convinto che non potrà  mai arrivare a una dichiarazione che indichi soddisfazione e sazietà  nel suo animo perchè non crede nemmeno a queste possibilità . Nell’accettare il patto egli accetta anche il patto con se stesso: non soggiacergli. Faust si ribella al suo tempo e alla cultura. Solo se Mefistofele riuscirà  a spegnere il suo desiderio di agire, Faust sarà  sconfitto. Ma sa anche che Mefistofele, per la sua natura, non può capire l’essere umano nel suo alto tendere e gli chiede che gli può dare senza illudersi. Faust arriva ad un impegno con sè stesso e contro Mefistofele: non lasciar mai spegnere il suo desiderio di vita ® germe della vittoria finale di Faust. Mefistofele, che gli consiglia di abbandonarsi ai piaceri della vita, non lo comprenderà  mai. (leggi pag. 83) Faust – Goethe volta le spalle all’Illuminismo per abbracciare l’irrazionalità  dello Sturm und Drang: “entro qualsiasi costume sentirò sempre la pena di questa angusta esistenza terrena”. Entra uno scolaro che rappresenta Goethe giovane di Lipsia. Cantina di Auerbach a Lipsia: ambiente studentesco. Arrivano Faust e Mefistofele. Faust quasi non parla, il diavolo fa uscire il vino dal tavolo ma, quando inavvertitamente uno studente lo fa cadere per terra, si trasforma in fiamme. Cucina della strega: Faust ringiovanisce, da questo momento ò il personaggio principale. Strada: inizia il dramma di Margherita il suo amore per Faust si risolverà  in tragedia personale e creerà  la distruzione di quella piccola società  che prima la protegge e poi l’imprigiona. Faust ò attirato da questo semplice mondo idillico e sente che ciò lo pone in urto con il suo Streben. Il contrasto non si risolve. Margherita rappresenta un po’ tutte le donne amate da Goethe nella sua giovinezza. Egli vede in Margherita e nel suo agire una prova di quella forza irresistibile che ò nella natura, e che avvince e domina anima e sensi. Lentamente il suo amore per Faust le farà  superare tutte le barriere: la differenza sociale, religiosa, il ritegno morale per una notte d’amore senza matrimonio. Sera: Faust e Mefistofele vanno a casa di Margherita, ambiente impregnato di castità  e purezza. Faust vi lascia un cofanetto pieno di gioielli. Il suo desiderio sessuale si tramuta in amore. Lei lo trova. Passeggiata: Mefistofele racconta a Faust che la madre ha portato il cofanetto al parroco ® condanna l’avidità  della chiesa. La casa della vicina: Margherita ha trovato un altro cofanetto e lo porta da Marta. Arriva Mefistofele, comunica a Marta la morte di suo marito e le fa la corte. Strada: “in breve tempo Margherita sarà  vostra”. Giardino: conversazione delle due coppie. Faust e Margherita molto innamorati, Mefistofele schiva le allusioni di Marta e lei insiste. Ogni dialogo tra Margherita e Faust ò sempre più caldo fino ad arrivare alla dichiarazione d’amore. Bosco e caverna: monologo di Faust, ò una preghiera di ringraziamento allo Spirito della terra che, attraverso il finito, il terreno (l’amore per Margherita), ha costruito un legame con l’infinito. l’amore gli ha insegnato anche che la conoscenza dell’infinito passa attraverso il finito. Faust avrebbe raggiunto equilibrio, conoscenza e fusione con la natura se non o turbasse la compagnia di Mefistofele, cui ormai ò legato. Senza Mefistofele ha stabilito con sè e la natura un rapporto diverso, gli pare d’essersi purificato con l’aver frenato il desiderio di possedere Margherita. Sopraggiunge Mefistofele che cerca di tramutare l’amore in passione, Faust si rende conto che non la può frenare e vi si abbandona. Distrugge in sè ciò che vi era di grande e nobile e distrugge anche l’ingenuità  di lei. Giardino di Marta: Margherita ha ormai deciso di darsi a Faust, sente che quello ò il suo destino. Ma sente il bisogno che la loro unione sia dello spirito e della carne e s’informa sulla religiosità  di lui. La religiosità  di Faust ò quella dello Sturm und Drang, una religione di natura. Margherita ha i primi dubbi sulla natura di Mefistofele. Faust le dà  delle gocce da mettere nella bevanda della madre affinchè dorma. Alla fonte: ò passato un po’ di tempo. Margherita sa, anche se la sua colpa non ò ancora visibile. Bastione: Margherita non si può rivolgere a nessuno per conforto, nemmeno all’amato che ò egoisticamente lontano. Notte: Faust uccide Valentino, il fratello di Margherita, che vuole svergognare pubblicamente la sorella, poi deve fuggire dalla città . Duomo: funerale della madre, che ò morta per il narcotico senza potersi confessare. Margherita, senza madre, fratello e Faust, ò completamente sola. Notte di Valpurga: festa sensualmente pagana. Mefistofele conduce Faust sul Brocken nella speranza che questi conosca la lussuria e vi si abbandoni, ma Faust non vi si perde totalmente perchè a richiamarlo a sè c’ò l’immagine di Margherita, simbolo della donna-amore. E’ questa che vincerà  sulla donna-lussuria e lo richiamerà  dall’abisso della lussuria, volgendolo verso nuove esperienze. La scena si divide in quattro parti: salita di Faust e Mefistofele verso il Brocken; rappresentazione della notte di streghe e lussuria; partecipazione di Faust e Mefistofele alla danza volgare; apparizione di Margherita; Passano molti personaggi a cui Goethe ha dato un riferimento satirico (i malcontenti che si lamentano di tutti ma non fanno nulla per cambiare le cose, il poeta dilettante, i poeti modesti, Nicolai, i poeti della vecchia scuola, persone volubili, Lavater, Fichte, Kant, Jacobi, la scuola di Hume). Giorno fosco, campagna: si ritorna all’azione. Faust scopre che Margherita ò in prigione e vuole farla fuggire, offuscando i sensi del carceriere. Carcere: Faust ò lì per il suo dovere di uomo e per pietà , ma non più per amore. Soddisfatta la sua passione, vuole riprendere la sua ricerca. Lei lo capisce. In Margherita comincia ad affiorare il senso dell’errore commesso, per non vorrà  seguirlo e dichiarerà  la sua volontà  di espiazione. Così si salva. Vede Mefistofele alle spalle di Faust e sente che lui ò perduto. L’invocazione finale “Heinrich, Heinrich!” ò la promessa di un amore dopo la morte. Seconda parte della tragedia In cinque atti Atto Primo Ridente contrada: ò passato uno spazio di tempo indeterminabile. Faust si ridesta in mezzo alla natura serena e ridente. Sul tormento si posa la natura ristoratrice e rinasce a nuova vita, dimentica il passato. La voglia e la gioia di vivere lo salvano dal rimorso. Tutti vogliono fargli dimenticare quanto ò successo. Cambia la sua visione della vita, non si slancia più verso l’infinito, ma accetta i limiti del reale, del finito, della conoscenza. L’uomo, pur aspirando al divino, deve limitarsi a goderne quanto di esso si manifesta in terra e vivere ed agire entro i limiti concessi all’umana natura. Palazzo imperiale, sala del trono: Goethe giudica il mondo di corte con ironia, i suoi difetti, il suo falso splendore, le sue debolezze, senza che il rispetto per l’autorità  venga meno. Mefistofele prende il posto del buffone. Gran salone: mascherata di carnevale a corte, non ha un significato particolare, ma ha solo lo scopo di divertire. Faust appare vestito da Pluto, il dio della ricchezza come mezzo di creazione e attività  umana, e Mefistofele da Avarizia. L’imperatore ò vestito da Pan. Faust fa sgorgare un fiume d’oro dalla sua cassa, la barba dell’imperatore prende fuoco, Faust e Mefistofele dominano le fiamme e appaiono come salvatori. Giardino di svago: con le sue arti magiche, Faust si ò guadagnato i favori dell’imperatore. Grazie a lui i debiti dell’impero vengono salvati e si produce carta moneta. Galleria oscura: ò la prima delle tre scene che culmineranno con l’invocazione di Elena. Elena si trova in un mondo che non ò quello di Mefistofele perchè quest’evocazione non dipende dalla magia. Lei ò l’idea della pura bellezza e risiede in un mondo al di fuori di quello di Mefistofele, presso le Madri. Elena sarà  colei che apre a Faust un nuovo mondo e lo avvia verso una nuova esperienza ed in essa lo accompagnerà . Goethe considera il loro amore come un amore altissimo, nel quale anima e sensi formano un’unità  inscindibile. Le Madri ® la forma originaria e primitiva di ogni forma vivente (mito creato da Goethe). L’imperatore vuole che Faust invochi Elena e Paride, ma deve scendere dalle Madri e Mefistofele gli dà  la chiave. La sua impresa ò vera e grande magia, non di formule, ma di volontà  d’animo. Entra in un mondo fuori del tempo, il mondo dell’assoluto. Ritorna diverso, ha inizio qui il suo viaggio verso il divino mondo della bellezza, che finirà  con la morte di Elena. Sale riccamente illuminate: intermezzo. Mentre Faust ò dalle Madri, Mefistofele opera miracolose guarigioni. Sala dei cavalieri: Faust torna, appaiono sul palco Elena e Paride. Frivoli commenti della folla egli vuole Elena, ma per poter arrivare a questa bellezza, dovrà  compiere la lunga educazione estetica in Grecia. Nel suo rapimento, dimentica che tra il mondo della magia e quello della realtà  esiste un abisso invalicabile, si illude di poter dominare con la chiave entrambi i mondi. Ma ò un errore perchè confonde il mondo degli spiriti con quello terreno. Faust nel voler difendere Elena dal ratto di Paride e nel volerla fare sua, viola questa legge. La catastrofe ò inevitabile. Volume II Atto Secondo Stretta stanza gotica con alte volte: Faust ò presente solo con il corpo, ma la sua mente ò altrove. L’evocazione di Elena e il tentativo di Faust di impadronirsene, mettono Mefistofele di fronte a nuovi problemi. Lo riporta nello studio dove strinsero il patto e, mentre Mefistofele si diverte con Wagner, ormai dottore inorgoglito e con il Famulus di lui, Faust sogna Elena. Laboratorio: Wagner cerca di creare artificialmente un uomo. Wagner mette insieme gli elementi, Mefistofele gli soffia la vita ® Homunculus. Eredita da Mefistofele il piacere dello scherzo, da Faust il desiderio di fare. Ma per essere veramente vivo egli ha bisogno di una propria individualità , ha bisogno di divenire, di formarsi. E in questa ricerca di vita troverà  la sua fine. L’anima di Faust ò immersa nel mondo della classicità  e non in quello nordico medievale. Notte di Valpurga: questa scena costituisce il ponte necessario tra il laboratorio di Faust e l’esperienza con Elena, non più ombra evocata ma creatura viva. Faust, per arrivare a questo, dovrà  passare per il terribile mondo mitologico greco. Vi ò qui un dramma nel dramma. Scena: Homunculus, Faust e Mefistofele giungono sui campi di Farsaglia. Scena: Sfingi, Grifoni e Sirene li accolgono nel loro mondo. Scena: lungo il Peneio inferiore, Faust ha la visione della nascita di Elena e si incontra con Manto, una Sibilla, che gli permette la discesa all’Orco. Scena: lungo il Peneio superiore, Mefistofele si trasforma in Forciade, così può entrare ed essere accettato, nel mondo classico. Scena: tra le rocce del mar Egeo si compie il destino di Homunculus. Egli vuole vivere una vita concreta, uscire dal vetro dove conduce una vita artificiale. Assetato di amore e bellezza si slancia verso la dea Galatea ma, nell’impeto, infrange il cristallo e muore. Homunculus sacrifica la sua vita spirituale e da questo sacrificio scaturirà  la vera essenza della fusione corpo / spirito. Egli muore per diventare perchè per vivere la sua assoluta spiritualità  deve fondersi con la realtà . Anche nell’esistenza degli uomini, lo spirito per vivere e per dare vita, deve incatenarsi. Morire e diventare attraverso questo spirito sono la via alla vita. Il Goethe espone qui le teorie sull’origine del mondo (polemica vulcanisti e nettunisti) e quelle sull’origine della vita. I vulcanisti ritengono che la crosta terrestre sia effetto dell’azione dei vulcani, i nettunisti che sia effetto dell’azione dell’acqua. Goethe inclinava verso i nettunisti Vi sono in queste scene, tre azioni singole e parallele. Atto Terzo Davanti al palazzo di Menelao a Sparta: Elena appare sulla scena avvolta da un’aura tragica, come un personaggio di Euripide. Goethe, scrivendo questo atto, pensava a una seconda grande esperienza d’amore di Faust, un’esperienza che fosse felice conquista spirituale della classicità  e della bellezza, amore che fosse armonia di anima e corpo. Assistiamo qui ad una nuova vita di Elena e Faust in Grecia e, nella loro unione, vi ò una simbolica unione del mondo classico-mediterraneo con il mondo nordico-romantico. Mefistofele-Forciade (rappresenta il mondo cristiano-occidentale) deve creare in Elena il desiderio spontaneo di seguirlo e rifugiarsi da Faust, per sfuggire alla vendetta di Menelao. Così Mefistofele e Faust appaiono come salvatori. Elena si avvia verso il castello, ciò vuol dire avviarsi verso un’altra vita e un altro tempo. Cortile interno del castello: Faust e Elena si avviano alla loro fusione. Faust ha superato il suo stato d’inquietudine e si presenta in nobile compostezza e sicurezza di sè (ideale greco di Goethe). Ha compiuto la sua educazione estetica. Il suo spirito nordico ha preso possesso della sua grecità , di cui se ne arricchisce e non vi si perde, ma grazie allo spirito e non alla grecità , torna a vivere nuove forme. L’unione di Faust e Elena ò l’unione del mondo umano e del mondo divino. Conducono uno stile di vita libero, secondo natura, fuori dalle convenzioni. Nuovo Faust ò sicuro di sè. Vivono fuori del tempo e nella natura eternamente giovane. Arcadica felicità , ma Faust non potrà  rimanere fermo a lungo. Bosco ombroso (in Arcadia): il personaggio principale ò Euforione, figlio di Faust e Elena. Del padre ha lo slancio verso l’infinito, il desiderio dell’amore, dell’azione e, della madre ha la bellezza. Ma in lui non ò armonia, titanismo faustiano e classicità  non sono in lui fusi in un tutto equilibrato. Predomina in lui l’elemento dionisiaco. questa sua natura ò la causa fatale della sua morte (si ispira al Byron, quindi muore nella guerra di liberazione della Grecia, cioò volto verso l’azione, ma fermato dal suo tragico destino). Il suo destino determina quello degli altri, Elena muore, il coro si disperde e Faust muove verso le ultime esperienze. Atto Quarto Alta montagna: perduta Elena, Faust tende alla potenza e all’azione, alla realtà  e alla vita. Come l’amore per Margherita, anche quello per Elena ha avuto fine. Dolorosa anche questa esperienza, ma più alta. Si chiude un momento della sua esistenza. Egli prende congedo dalla vita amorosa e, senza rimpianti e con virile decisione, inizia l’ultima esperienza, quella della vita attiva per sè e per gli altri. Mefistofele pensa alla gloria a vantaggio di chi la consegue. Faust persa a una grande azione fine a se stessa e Mefistofele non lo comprende. Faust ò molto cambiato, un tempo la natura si identificava con il divino, ora egli vede nella natura un’energia che l’uomo può domare e rendere proprio strumento ® esperienza dell’azione e creazione. “L’azione ò tutto, la gloria nulla”. Sui contrafforti: Faust partecipa alla guerra tra imperatore e antimperatore. Con l’aiuto delle arti magiche di Mefistofele combattono per l’imperatore schiere di spiriti e gli procurano la vittoria. Tenda dell’antimperatore: l’imperatore sa benissimo che deve la vittoria alle arti magiche dei suoi due alleati, ma fa finta di credere che sia merito dei quattro principi e si affretta a ricompensarli. Faust viene investito del litorale dell’impero. L’imperatore nota che il suo impero ò in declino, ha una forma di governo che crolla e i suoi principi lo derubano e non ha la forza di reagire. Ma Faust sta per iniziare quell’azione che creerà  una nuova forma di vita sociale, un nuovo stato. Atto Quinto Paesaggio aperto: Goethe riprende l’episodio delle Metamorfosi di Ovidio, in cui Giove e Mercurio percorrono la Frigia e trovano ospitalità  presso due coniugi Filemone e Bauci. A dimostrare la loro gratitudine ne cambiano la modesta casa in tempio e concedono loro la grazia di poter morire contemporaneamente. Filemone si trasforma in quercia e Bauci in tiglio. In questo episodio, un viandante naufragato venne salvato dai due. Torna a ringraziarli, ma al loro posto vi trova un’oasi di pace. Si nota come vi ò un presagio di catastrofe, un nuovo mondo assale l’antico. Palazzo: ormai la sua spiaggia ò divenuta fiorente. Ma Faust ò irritato perchè di fronte al suo mondo creato dal nulla, meccanico, fabbricato e non divenuto, sta quello di Filemone e Bauci, idillico, sereno, lentamente divenuto. Il desiderio del possesso ò più forte di lui, Mefistofele non capisce le sue inquietudini. Faust chiede a Mefistofele di far cambiare residenza a due vecchi, ma in cambio ha distruzione e morte. Vengono uccisi e sente che la colpa di ciò ricade su di lui. Viene colto da senso di colpa e pentimento. Mefistofele ha portato alle estreme conseguenze il suo desiderio di possesso. E così il titano Faust si fa uomo. Ritrova, ripudiando la magia, la sua umanità , i limiti della sua umanità  e la sua libertà . Ora Faust può morire. Notte profonda: Faust canta le lodi della vita e si esalta nella bellezza del mondo. Un’affermazione d’amore verso la vita. Notare quanto sia forte il contrasto con la descrizione dell’incendio, della distruzione e della morte con lo stato d’animo di Faust. Vi ò la sua prima incertezza interiore. Il senso di colpa, il rimorso, il pentimento. Tuttavia si riprende. Mezzanotte: la crisi di Faust si sta sviluppando, si sta allontanando dalla magia e lo conduce ad una reazione di fronte a Mefistofele e alle sue arti magiche perchè si accorge che viene quasi sempre trascinato dove non avrebbe dovuto e voluto arrivare. Sente il desiderio di essere libero. La sua volontà  di uomo si sostituirà  al potere della magia. Ma non gli ò possibile tornare com’era prima del patto e lo assale un senso di tragica solitudine. Gli passa davanti la visione della sua vita, vita di cui non si pente. Il suo progredire interiore e il suo non appagarsi mai non si ò placato e Faust riconferma il superamento del patto con Mefistofele. Le forze misteriose e demoniache che agiscono sull’individuo e ne turbano l’armonia sono anche fonte di grandi azioni. Gli uomini che hanno vissuto sotto il dominio della cura sono stati ciechi tutta la loro vita. Faust che non l’ha conosciuta le si oppone. Sarà  ora cieco, ma ò cecità  solamente esteriore. Faust ha saputo vincere la cura perchè per reazione, dentro brilla una luce. E lo spirito raddoppia le sue energie e tende all’azione con impeto giovanile. Con un abbandono alla vita pieno di fiducia e gioioso. Accetta la vita come un inevitabile susseguirsi di bene e di male, nei loro fatali limiti imposti a ciò che si può desiderare e volere. Di fronte ad esse l’uomo, pur accettandole, ò libero e non cessa mai di guardare lontano, di tendere, di salire, di progredire nell’alterna vicenda di tormento e felicità . Così la vittoria di Faust sulla cura non sta nel respingerla o nell’ignorarla, ma nell’accogliere entro di sè questa accettazione della realtà  senza che, spenta la luce degli occhi, si spenga quella dell’anima. Grande cortile antistante al palazzo: dopo che Faust si ò staccato da lui, Mefistofele ò divenuto solo sorvegliante. L’ultimo Streben del vegliardo, creare uno stato dove vi regni e lo governi una libera cooperazione di uomini liberi, lietamente operosi ® uno stato del XIX secolo à  l’uomo del XVIII secolo (titanico, egocentrico, estetico) cede di fronte a questo nuovo uomo. Quest’ultimo Faust ò più completo, più equilibrato e maturo nei suoi rapporti con gli altri uomini. Mefistofele ò sconfitto perchè Faust si ò salvato in virtù dello Streben, che annulla in lui l’errore e lo incita a non fermarsi mai. Mefistofele lo fa morire perchè crede di aver vinto il patto. Ma ancora una volta dimostra di non aver compreso le ultime parole di Faust, che non esprimono, come lui crede, il desiderio di attaccarsi a qualcosa di terreno, ma nascono da una visione disinteressata e altruistica. Sepoltura: Faust ò morto. Il dissidio in lui (due anime nel suo petto) e quello simbolico (contrasto con Mefistofele) ò finito. Il suo destino non ò più entro i limiti della terra, ma oltre. Mefistofele non prende sul tragico la sconfitta. Si rassegna e deride la sua sciocchezza. Gole montane: progressività  del purificarsi e affinarsi, nel volo degli spiriti, un salire verso l’alto. Gli angeli che portano l’immortale Faust sono i più perfetti. La morte ò il primo passo verso la spiritualità , che si compirà  per gradi. Affinchè l’ultimo resto della sua doppia natura cada e svanisca, ò necessaria l’azione dell’amore divino e questo si manifesta per tramite di Margherita. Così si apre all’immortale di Faust la via alle sfere più alte. L’esperienza di Faust non si ò compiuta, ma ne ò cominciata una nuova, oltre i limiti della terra. Uno Streben purificato. Faust aveva raggiunto in terra il grado estremo del progredire, non poteva più andare oltre, la natura gli deve concedere un’altra forma di esistenza, una forma adatta a quell’implacabile Streben. Si chiude con il Chorus Mysticus, che sembra dileguarsi verso regioni al di là  della terra, dove l’uomo può elevarsi non con i suoi sensi ma solo con un volo dell’anima.

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