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I decemviri

I decemviri ebbero l’incarico di scrivere un corpo di leggi rispondenti alle nuove esigenze di una società notevolmente mutata e che garantissero un’imparziale applicazione del diritto sia per i patrizi che per i plebei. La tradizione riferisce il nome del tribuno della plebe C. Terentillo Arsa, come quello che per primo avanzò la proposta di creare una commissione di giuristi con lo scopo di limitare il potere dei consoli e gli abusi dei patrizi a danno della plebe in mancanza di leggi scritte. L’opera dei primi decemviri fu continuata da un secondo decemvirato e si concluse con la compilazione delle leggi delle dodici tavole, fondamento del successivo diritto romani.
In epoca successiva la fantasia popolare creò la leggendo di Virginia e di Appio Claudio. Questo fu preso da insano amore per una bella fanciulla del popolo, già fidanzata con l’ex tribuno della plebe Icilio, e, per averla, indusse un suo cliente a reclamare come propria la fanciulla col falso pretesto che essa era una schiava, perché nata da una sua schiava.
Deferita la questione al giudizio di Appio Claudio, questi assegnò Virginia al suo cliente. A questo punto il padre della fanciulla di nome Virginio, valoroso centurione plebeo, vedendo vano ogni tentativo di sottrarre la figlia alò disonore, chiese di interrogarla in disparte insieme alla sua nutrice. Quivi, estratto un pugnale, le trafisse il petto, inveendo contro la tirannide di Appio Claudio e dei decemviri. Il popolo commosso da così atroce delitto compiuto per la disperazione di un padre, e aizzato da Icilio, si ribellò ai decemviri e rielesse i consoli.
Appio Claudio, per evitare il giudizio e la condanna, si uccise; gli altri decemviri presero la via dell’esilio.

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