De Senectute Paragrafo 14: versione svolta - StudentVille

De Senectute, Paragrafo 14

Sua enim vitia insipientes et suam culpam in senectutem conferunt, quod non faciebat is, cuius modo

mentionem feci, Ennius:
‘Sicut fortis equus, spatio qui saepe supremo vicit Olympia, nunc senio confectus quiescit.’

Equi fortis et victoris senectuti comparat suam. Quem quidem probe meminisse potestis; anno enim undevicesimo post eius

mortem hi consules T. Flamininus et M’. Acilius facti sunt; ille autem Caepione et Philippo iterum consulibus mortuus est,

cum ego quinque et sexaginta annos natus legem Voconiam magna voce et bonis lateribus suasissem. Annos septuaginta natus (tot

enim vixit Ennius) ita ferebat duo, quae maxima putantur onera, paupertatem et senectutem, ut eis paene delectari

videretur.

Versione tradotta

Infatti gli stolti attribuiscono alla

vecchiaia i propri vizi e le proprie mancanze. Cosa che non faceva colui di cui feci menzione poco fa, Ennio:
“Come un

focoso destriero, che spesso nel tratto finale vinse ad Olimpia, ora riposa sfinito dalla vecchiaia…”.
Egli paragona la

sua vecchiaia a quella di un cavallo forte e vittorioso. Voi lo potete di certo ben ricordare: infatti diciannove anni dopo la

sua morte furono eletti gli attuali consoli Tito Flaminino e Marco Acilio; egli poi morì quando erano consoli Cepione e, per la

seconda volta, Filippo, quando io, allora sessantacinquenne, sostenni a voce alta e con buoni polmoni la legge Voconia [dal

tribuno Quinto Voconio Saxa, la legge proibiva di nominare eredi le donne]. Ma a sessant’anni – tanti infatti ne visse Ennio

– sopportava i due pesi che sono ritenuti i più gravosi, la povertà e la vecchiaia, in una maniera tale da sembrare quasi

compiacersene.

  • Letteratura Latina
  • De Senectute di Cicerone
  • Cicerone
  • De Senectute

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