Quinto Ennio - Studentville

Quinto Ennio

[T2]La vita e le opere minori[/T]

Quinto Ennio nacque a Rudiae nel 239 a.C. e morì a Roma nel 169 a.C. Rudiae è una cittadina situata attualmente in Puglia, vicino Lecce, zona che però veniva chiamata comunemente dai romani CALABRIA, come anche tutto il resto dell’Italia meridionale (allo stesso modo quella che per loro era la LIBIA per noi è l’Africa settentrionale). Quella zona era originariamente occupata dai Messapi, popolazione Osca che si stanziò nel sud Italia nel II millennio, in seguito venne colonizzata dalla Grecia nel periodo della 2° colonizzazione (attorno al settimo secolo) per poi cadere nelle mani di Roma; per questo motivo Ennio riteneva di avere una natura Trilingue (cultura osca + greca + latina).
Nel 204 a. C. egli giunse a Roma al seguito di Catone, si erano incontrati in Sardegna dove lui era soldato di guarnigione durante la seconda guerra punica. Giunto nella capitale si allontanò dal suo amico per una sostanziale divergenza di opinioni: egli riteneva oltremodo importanti i rapporti gli influssi della cultura greca, che non erano stati per nulla accettati da Catone. Inoltre nella sua vita politica di CENSORE, Catone, manifestò disapprovazione nei confronti del rapporto di mecenatismo che legava Ennio, come altri suoi colleghi, alla famiglia dei nobili e ricchi Scipioni. All’inizio Ennio, come altri suoi conterranei, svolse il mestiere di precettore per i figli dei nobili romani, ma contemporaneamente iniziò a scrivere le sue prime opere teatrali. La fama lo ricorda come grande tragediografo, mentre sappiamo che come commediografo fu un vero fiasco.
Un periodo molto importante della sua vita fu quello che va dal 189 al 187 circa, infatti, in questi anni accompagnò, come poeta cortigiano, in generale romano Nobiliore nella sua campagna in Grecia contro la lega etolica che terminò con la vittoria dell’Ambracia. A questa vittoria Ennio dedicò un’opera, probabilmente una praetexta (tragedia di ambientazione romana) in cui esaltava le doti del suo protettore. Questo componimento fu duramente criticato da Catone perché si era soliti dedicare questo tipo di opere a valorosi deceduti, mentre in questo caso Ennio l’aveva scritta per un vivo. Grazie a questo lavoro per tutto il resto della sua vita, Ennio venne protetto dalla famiglia di Nobiliore e dal circolo degli Scipioni. Ricevette inoltre anche una grande ricompensa: la cittadinanza romana. Negli ultimi anni si dedicò alla stesura del primo poema epico con sfondo storico della storia latina: gli ANNALES. In principio la sua fortuna fu segnata dalle sue tragedie: siamo a conoscenza di almeno sue 20 cothurnate, molte delle quali citate da autori successivi, come Cicerone, e di due praetextae: L’AMBRACIA e LE SABINAE, una di argomento storico contemporaneo e una leggenda. Nelle sue tragedie Ennio prende molto spunto da tragici classici greci quali Euripide, Sofocle ed Eschilo; in realtà tra questi il suo preferito fu Euripide che come lui esaltava la psicologia dei personaggi, cercava di ingigantire le loro passioni, mentre Sofocle le razionalizzava. Egli si basava molto su queste tragedie, tanto da copiarne il titolo traducendolo in latino, non per questo però si può dire che Ennio tradusse le opere già esistenti in greco, la tecnica da lui usata è chiamata VERTERE, questo è un procedimento grazie al quale Ennio portava il testo ad una nuova sensibilità adatta al gusto romano, molto più pratico e razionale di quello greco. Egli attira l’attenzione del pubblico a cui si rivolge personalmente, in alcuni casi è spinto anche a inserire il coro, come una sorta di personificazione del pubblico medio romano.
La sua poesia non ricevette solo elogi, ma anche critiche da parte principalmente di autori vissuti in epoca classico, come ad esempio Orazio, che giudicavano il suo stile molto pesante. Ciò è giustificato dal fatto che Orazio aveva ormai raggiunto la perfezione stilistica come anche Virgilio suo contemporaneo e quindi non poteva apprezzare i primi rozzi tentativi di elevarsi dall’uso del saturnio con l’importazione dell’esametro greco. Orazio criticava soprattutto gli arcaismi diffusi in tutta l’opera che sono però a loro volta giustificati dal fatto che servivano come elemento indispensabile alla stesura di una tragedia per elevarne lo stile, ma dato che l’autore classico non si era mai dedicato alla redazione di tale genere non poteva esserne a conoscenza. E in ogni modo bisogna ricordare che Ennio non usò come modello opere greche solo perché colti intellettuali ne ritrovassero dei frammenti nelle sue rappresentazioni, ma perché voleva continuare la tradizione greca e rendere sempre attuali e interessanti opere che avevano già precedentemente raggiunto la fama. Gli espedienti che adoperò per riuscire in questo suo intento sono vari, due sono i principali che si aggiungono al vertere già precedentemente menzionato: LA CONTAMINATIO: procedimento che consente all’autore di prendere spunto da vari testi e autori per mescolarli; e il PRAEPOSTERUM, figura retorica in cui partendo da un periodo greco disposto in ordine casuale permette di assemblarlo in ordine cronologico. Quest’ultima tecnica stilistica era molto importante perché doveva soddisfare il gusto razionale dei romani che assistevano alle sue rappresentazioni, che non apprezzava il clima rarefatto delle tragedie greche. Ennio, quindi, continuò a esagerare tutti i sentimenti dei personaggi delle sue tragedie e con delle espressioni drammatiche interessava il pubblico alla vicenda e lo faceva identificare con il ruolo dell’attore; è per questo che è di fondamentale importanza che il nostro poeta abbia reinserito nelle sue rappresentazioni la figura del coro, questo era una sorta di voce popolare. Vediamo ad esempio nell’“Achille” come il pubblico ritrovi se stesso nell’assemblea (il coro) e capisce i riferimenti alla vita politica attuale e ai loro governanti. Ovviamente tutto ciò che è stato fin ad ora scritto va riferito solamente alla tragedia perché sappiamo che come commediografo il nostro Ennio fu un vero e proprio fallimento, tanto è vero che di lui ricordiamo solo i titoli (anche se contrastati) di due commedie: IL LOTTATORE e L’OSTESSA che ci fanno pensare a opere di ambientazione romana. Ma in realtà abbiamo testimonianza anche di numerose altre sue opere, per l’esattezza sette, che si aggiungono alle tragedie e agli ANNALES, sua opera più famosa.

1) HEDYPHAGÈTICA: un’opera giovanile di gastronomia.
2) SOTA: è un vero e proprio omaggio alla cultura osca, un testo costituita da versi sotadei, usati dalla plebe in occasioni particolari quali la nascita, la morte ma soprattutto il matrimonio. Erano per la maggior parte di carattere osceno, non stupisce quindi che per lo più fossero dedicati alla prima notte di nozze e ad altri argomenti riguardanti la sfera sessuale. Venivano recitati o in processioni o per lo più durante i banchetti.
3) SATURAE: (saturus, a, um  satura lanx era il piatto da portata etrusco per i sacrifici alle divinità, su questi si trovavano ogni genere di pietanza, allo stesso modo nelle satire venivano trattati vari argomenti e con l’utilizzo di vari generi; Ennio a quanto pare utilizzava sia la prosa sia la poesia.Purtroppo ci rimangono solo pochissimi versi e ciò non ci consente di attribuirgli il primato in questo genere, bisognerà aspettare molto tempo ancora, con Lucilio, che però userà solo la poesia, è la sua tecnica è ormai molto evoluta, peccato non poter sapere grazie a chi ha raggiunto una tale maturità.
4) SCIPIO: encomio a Scipione l’Africano, il vincitore di Zama (202 a.C.), è un testo storico celebrativo ma c’è poca oggettività nella narrazione.
5) EUHEMERUS: è un testo che parla delle teorie di Evemero da Messina, il quale riteneva che ci fosse un forte legame mondo sensibile e mondo divino, infatti per lui gli dei non sono altro che eroi particolarmente meritevoli che sono stati eletti all’immortalità (Ebe e Ganimede ne sono l’esempio evidente poiché divenuti coppieri degli dei per la loro giovinezza e bellezza). In conclusione quindi gli dei non esistono se non come uomini divinizzati e questo è alla base del poema epico che celebra gli eroi in quanto destinati a essere divinizzati e quindi a proteggere il mondo.
6) EPICHARMUS: poema molto simile al precedente ma basato sulle teorie di Epicarpo, poeta che riteneva che gli dei fossero la personificazione delle forze della natura.
7) PROTREPTICUS: detto anche più semplicemente PRECEPTA, sono degli insegnamenti morali e culturali per i suoi contemporanei, basato molto sulle teorie di Epicuro.

[T2]Gli Annales[/T]

Questa è l’opera per cui Ennio viene principalmente ricordato, in età matura egli decise di dedicarsi alla stesura della storia romana. Il progetto iniziale fu quello di compilare questo componimento suddividendolo in 15 libri (è la prima volta che un autore sceglie di compiere questo lavoro) e quindi narrare partendo dalle mitologiche origini dell’urbe per arrivare fino alla già celebrata vittoria dell’Ambracia, scrivendolo si accorse di dover aggiungere altri tre canti fino ad arrivare fino ad avvenimenti a lui contemporanei, parlando quindi anche degli Scipioni, si fermò poco prima di Pidna a causa di un’improvvisa morte. È questa la prima opera epico – storica redatta in latino e con l’utilizzo dell’esametro , ciò fu particolarmente difficile perché non aveva precedenti a cui fare riferimento dato che prima avevano tutti usato il greco per vari motivi: Fabio Pittore e Cincio Alimento, infatti, avevano usato la lingua ellenica per scopi propagandistici, si trovavano in un periodo in cui Roma voleva giustificare il suo dominio sugli altri popoli di cultura prevalentemente greca e così costoro scrissero per loro una storia romana che dimostrasse la sua autorità. Inoltre egli riprese la tradizione greca anche perché decise di inserire due proemi all’opera, uno nel primo, uno nel settimo canto.
Il Primo Proemio, seguendo il modello di Esiodo, narra di un’apparizione in sogno di Omero che confidava ad Ennio di essersi incarnato in lui, come Omero era stato il padre dell’epica greca, lui lo sarebbe stato di quella latina.
Nel Secondo Proemio Ennio cerca di mostrare tutte le sue conoscenze di filologia annunciando l’avvento delle muse come ispiratrici del poeta e l’abbandono consequenziale delle Camene e dei sorpassati saturni. La critica diretta è nei confronti di Nevio che nella sua opera “Bellum Poenicum” aveva usato il latino saturnio. Ennio però non vuole assolutamente entrare in competizione con lui, tanto è vero che negli Annales egli dedica solo una piccola sezione alla narrazione della prima guerra punica. Il titolo, che rimanda all’opera dei pontefici, lascia pensare ad una narrazione annuale, ma in realtà così non fu, Ennio scelse degli argomenti a cui dare più spazio preferendo avvenimenti di tipo bellico a quelli politici, sempre rispettando rigorosamente l’ordine cronologico.
Temi principali:
1) Proemio
2) Enea in Italia
3) Romolo e Remo e i sette re di Roma
4) Guerra contro i popoli italici e contro Pirro
5) Le due guerre puniche
6) Campagne in Grecia e vittoria su Annibale
7) Siria e vittoria di Nobiliore
8) Campagne recenti

La sua opera, come in generale tutto il suo stile è caratterizzato da un forte sperimentalismo, numerosi sono i calchi dal greco usati per supplire a parole di cui la lingua latina è carente o che non sono appropriate, usa anche degli arcaismi come la desinenza del genitivo in –OEO per supplire al genitivo omerico in –OIO. Gli esametri usati sono olospondaici o olodattilici, a seconda dello scopo della narrazione, come:
OLLI RESPONDIT REX ALBAI LONGAI
Che può essere diviso in: Olli / respon / dit rex / albai / longai
Oppure, seguendo la tradizione dei versi pieni di allitterazioni, come di consueto si faceva con il saturnio:
O, TITE, TUTE, TATI, TIBI TANTA, TYRANNE, TULISTI
Altrimenti si possono notare i suoni onomatopeici come la riproduzione del suono della tromba con TARATANTARA, un neologismo.
L’aggiunta di allitterazione all’interno dell’esametro greco sono il segno che Ennio vuole rendere romana l’opera da lui “tradotta”, per questo scopo elaborò delle regole per costruire l’esametro con parole latine.

[T2]Struttura degli Annales[/T]

Si è cercato di ricostruire la materia trattata negli Annales, che è stata alla fine distribuita nei vari libri secondo il seguente schema: libri I-III : proemio, arrivo nel Lazio di Enea, ospite del re Latino, Romolo e Remo, fondazione della città di Roma, ratto della Sabine, i sette re e la cacciata di Tarquinio il Superbo; libri IV-V : nascita della repubblica, guerre contro gli italici; libro VI : Appio Claudio Cieco, guerra a oltranza e vittoria su Pirro, intervenuto in difesa di Taranto; libri VII-X : guerre puniche, la prima trattata per sommi capi in quanto già esposta da Nevio, esposta più diffusamente invece la seconda, che deciderà il destino del Mediterraneo, condotta dall’eroe prediletto di Ennio, Scipione l’Africano; libri XI-XII : guerra macedonica, con la vittoria (364) di Flaminino a Cinocefale su Filippo; libri XIII-XIV : guerra di Siria contro Antioco e vittoria di Magnesia; libro XV : sconfitta della Lega etolica e trionfo di Marco Fulvio Nobiliore; libri XVI-XVIII : avvenimenti successivi, come la guerra istrica e le lotte contro i liguri, i sardi e i corsi, probabilmente fino alla morte del poeta.

[T2]Fonti e metrica[/T]

Fonti di Ennio furono con tutta probabilità gli annalisti, tra cui Fabio Pittore, i documenti ufficiali dello stato, quali gli Annales Maximi e i Commmentarii, il Bellum Poenicum di Nevio. Ennio non stimava molto quest’ultimo, ma entrambi avevano composto il loro poema, animati dall’ammirazione per quel popolo romano che li aveva accolti e di cui si sentivano parte. Ennio si distinse da Nevio per l’ampiezza della trattazione storica e per l’uso dell’esametro dattilico, il verso dell’epica greca.
Proprio l’uso di questo metro pose a Ennio una serie di problemi linguistici. Il saturnio dell’Odissea di Livio Andronico e del Bellum Poenicum di Nevio, il senario giambico, il settenario trocaico o altri metri usati in teatro, erano versi piuttosto liberi. Così non è l’esametro. Ennio dovette perciò predisporre norme ben precise e costanti, che lo costrinsero a studi grammaticali e ad audaci sperimentalismi. Da ciò la presenza di neologismi e parole di gusto arcaico, onomatopee, parole troncate e costrutti alla greca.

[T2]La poetica[/T]

Ennio volle esaltare il popolo romano, la cui grandezza era per lui frutto dell’intervento divino. Tutto il poema è immerso in un’atmosfera eroica; per dare forma epica ad avvenimenti storici, si servì del modello omerico, dal concilio degli dei all’avventura di Enea, dell’agiografia ellenistica, ma anche dell’annalistica tipicamente romana per il progredire della narrazione. I condottieri si comportano come eroi dei tempi omerici e anche gli avvenimenti contemporanei sono avvolti in un alone mitico. I versi rimasti mostrano una poesia vigorosa e appassionata, ma anche capace di assumere aspetti meditativi e di trattare con lievità temi delicati. Lo stile è solenne e magniloquente, intriso di grecismi e similitudini, con esametri interamente composti da dattili o da spondei, con frequenti allitterazioni, come la famosa o Tite, tute, Tati, tibi tanta, tyranne, tulisti (O Tito Tazio, tu, tiranno, hai portato a te tanto grandi sventure). Grande fu l’influenza che gli Annales hanno esercitato sull’opera di Lucrezio e di Virgilio.

Ennio ebbe un alto concetto di sé: afferma di essere la reincarnazione di Omero e narra di essere stato trasportato in sogno sul Parnaso, dove gli appare l’ombra del grande Omero. Questo illumina sulla consapevolezza che il poeta ebbe della propria grandezza e della funzione della sua opera. E non è l’unico autocompiacimento: è sufficiente, per esempio, pensare agli epigrammi autocelebrativi da lui composti.

[T2]Giudizi su Ennio[/T]

Secondo la classifica dei migliori commediografi svolta da Volcacio Sedigito, il nostro Ennio si posiziona all’ultimo posto e solo per la sua antichità.
Cicerone è il maggior collezionista di versi di Ennio, lo stimava molto ed è lui che ci comunica che veniva molto criticato per i suoi versi particolarmente eruditi.
Quintiliano lo ritiene sì bravo ma per lo più per la sua antichità.

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