Strumenti musicali - Studentville

Strumenti musicali

Erano tantissimi gli strumenti musicali usati dai Romani.

[P]Cornu[/P]

Era uno strumento a fiato di bronzo usato prevalentemente nell’esercito e in particolare dalla fanteria, ma anche durante le cerimonie religiose, i funerali o i giochi dell’anfiteatro. In origine, era ricavato da un corno animale, si presentava come una tromba fortemente ricurva, munita al centro di una traversa che consentiva di suonare lo strumento appoggiandolo sulla spalla. Il lituo, di origine etrusca, era costituito da un tubo bronzeo lungo e sottile, pressoché cilindrico e terminante in una sorta di cono ripiegato all’indietro.

[P]Bucina[/P]

Secondo studi recenti sarebbe uno strumento di forma pressoché semicircolare, distinto dal cornu, oltre che per la mancanza della traversa, per il fatto di essere realizzato in corno bovino, e non in metallo. In un primo tempo usata dall’esercito solo per l’esecuzione di segnali di ordinanza all’interno dell’accampamento, a poco a poco finì con l’essere impiegata anche sul campo di battaglia e in particolare dalla cavalleria.

[P]Tuba[/P]

La tuba era un altro strumento a fiato di carattere spiccatamente militare, usato dalla fanteria. Realizzata generalmente in bronzo e consistente in una canna conica lunga all’incirca 1 m con bocchino separabile in corno, in bronzo, essa emetteva un suono aspro e terribile. Per questo motivo veniva usata per dare i segnali di attacco, di incoraggiamento durante la battaglia e di ritirata, nonché per dare l’ordine di accamparsi e forse anche per annunciare l’adunata generale dell’esercito. L’impiego della tuba era fondamentale durante i trionfi e le cerimonie religiose.

[P]Tibia e tibicines[/P]

La tibia era uno strumento a fiato corrispondente al flauto greco. Era dotata di ancia, una linguetta sottile che veniva messa in vibrazione dal fiato del suonatore e che era applicata in modo tale da costituire l’imboccatura dello strumento; per effetto della sua vibrazione il tubo sonoro si apriva e si chiudeva alternativamente facendo vibrare la colonna d’aria in esso contenuta e producendo il suono. Quando l’ancia veniva inserita dentro una canna, soffiando energicamente si produceva un suono amplificato, la cui altezza veniva a seconda della lunghezza della canna; chiudendo con le dita i fori praticati sulla canna, si modificava la lunghezza utile per l’amplificazione e quindi l’altezza del suono. Per suonare lo strumento, l’esecutore doveva applicare sulla bocca una fascia di cuoio con due fori, fermata, da una cinghietta dietro la testa. In questo modo non solo l’imboccatura delle due canne era facilitata, ma la pressione del soffio risultava maggiore. In un primo tempo, la tibia aveva tre fori a sinistra e quattro a destra, ma alcuni esemplari di Ercolano e di Pompei recano fino a quindici buchi. La lunghezza dello strumento variava a seconda del numero dei fori, con l’invenzione degli anelli rotanti, simili alle chiavi dei moderni clarinetti, la lunghezza della tibia arrivò a toccare i 60 cm.

[P]Syrinx o flauto di Pan[/P]

Lo strumento è costituito da una serie di canne di misura decrescente, allineate nel senso della lunghezza e tenute insieme da cordocini e da ceraGli esemplari giunti fino a noi sono però costruiti con materiali più resistenti, come la terracotta, il legno, l’avorio, il bronzo. Ogni canna dello strumento emetteva una nota della scala musicale; e per suonare si faceva scorrere lo strumento sulle labbra, soffiando, proprio come si fa con l’armonica a bocca.

[P]Avena, calamus, fistula e stipula[/P]

Sono nomi diversi con i quali si indicano strumenti tipici del genere pastorale, talvolta usati proprio come sinonimi. Il loro suono era esile e dolce e l’aspetto è quello dei flauti diritti; in particolare la fistula e la stipula esprimono nel nome l’idea di una semplice canna in grado di risuonare.

[P]Organo idraulico e a mantici[/P]

L’invenzione dell’organo idraulico si deve a Ctesibio di Alessandria; sua moglie Thais imparò a suonarlo e divenne la prima organista della storia. Non sappiamo con esattezza quando questo strumento fu introdotto a Roma, ma nella metà del I secolo il suo impiego fu frequentissimo sia nelle rappresentazioni teatrali che nei giochi del circo e dell’anfiteatro. In esso la spinta dell’acqua è essenziale per spingere l’aria nel somiere, cioè il cassone che contiene tutto il meccanismo per aprire e chiudere le valvole applicate all’innesto di ogni canna, la parte sonora dell’organo. Nell’organo a mantici, i mantici venivano adattati direttamente nel somiere e, come in una zampogna, spingevano dentro l’aria compressa.

[P]Lyra e cithara[/P]

I due strumenti si compongono entrambi di una cassa armonica, di due bracci o montanti che partendo dalla cassa sono congiunti in alto da una traversa orizzontale, e di un numero variabile di corde di uguale lunghezza, tese tra la parte inferiore della cassa e la traversa. Nella lyra la cassa armonica era ricavata originariamente da un guscio di tartaruga, che ricordava la lyra inventata da Hermes, e sulla cui superficie concava veniva tesa una pelle di bue; quando negli esemplari più tardi si userà il legno, la forma e la concavità del carapace originario verranno rigorosamente mantenute. Nella cithara la cassa di risonanza era invece realizzata interamente in legno, i bracci erano più massicci e soprattutto facevano corpo con la cassa armonica, contribuendo in tal modo ad amplificare il suono. Nella lyra e nella cithara le corde, di budello o di canapa, venivano fissate alla parte inferiore della cassa, sollevate da un ponticello e legate alla traversa per mezzo di cinghiette di bue arrotolate, girando le quali si procedeva all’accordatura dello strumento.
Più tardi si usarono i cavicchi piantati nella traversa, almeno nei casi in cui lo spessore di quest’ultima lo consentiva.
Il numero delle corde variava da tre a dodici, giungendo anche a diciotto nella cithara tarda; ma nelle rappresentazioni figurate compare quasi sempre la lyra a sette corde.
Per quanto concerne la tecnica di esecuzione i due strumenti venivano suonati sia seduti, sia stando in piedi. Le corde venivano pizzicate da sotto con le dita della mano sinistra.
Nella mano destra il suonatore, teneva il plettro, un piccolo oggetto a forma di punta di freccia, di norma attaccato con un cordoncino allo strumento in modo da essere sempre a portata di mano.

[P]Harpa[/P]

Era uno strumento di forma grosso modo triangolare, provvisto di corde di diversa lunghezza ma di uguale spessore. I Romani lo chiamavano Pandura. Era uno strumento dotato di cassa armonica emisferica e di manico lungo e ricurvo alla cui estremità si trovavano i cavicchi ai quali erano fissati le corde. Pigiando con le dita le corde contro il manico, la parte vibrante poteva essere ridotta a piacimento e la qualità dei suoni che si poteva produrre diventava infinita. La pandura veniva suonata esclusivamente dalle donne.

[P]Tympanum[/P]

Era uno strumento a percussione costituito da un cerchio di legno o di bronzo del diametro di circa trenta cm, sul quale veniva tesa una pelle di bue o di asino battuta ritmicamente con le mani o con il plettro.

[P]Scabellum[/P]

Questo singolarissimo strumento a percussione aveva la forma di un grosso sandalo e si calzava con il piede destro. Consisteva in due tavolette di legno sovrapposte, nella faccia interna delle quali era una castagnetta che, battendo con forza al piede produceva un rumore sonoro. In genere esso veniva usato per dare il tempo ai danzatori e per annunciare la fine dello spettacolo.

[P]Cymbalum[/P]

Strumento di provenienze orientale simile ai nostri piatti, era costituito da due dischi di bronzo, talvolta fortemente bombati, che venivano battuti ritmicamente l’uno con l’altro. La raffigurazione del cymbalum si riferiscono per lo più alle cerimonie in onore di Cibele, di Dioniso e di Demetra; ma in ambiente romano l’uso di questo strumento perde il carattere squisitamente religioso e figura frequentemente in mano ai danzatori.

[P]Crotala[/P]

Realizzati in argilla, legno e anche avorio, i crotali corrispondono alle moderne nacchere e venivano usati per scandire il ritmo della danza. Nella loro forma più semplice si ottenevano tagliando in due la parte inferiore di un ramoscello, a metà circa della lunghezza, e riattaccando il pezzo staccato nello stesso punto tramite un anello, o un cordoncino, grazie al quale poteva oscillare e battere liberamente. Il tipo di crotali più vicino alle moderne nacchere consisteva invece in due conchiglie di legno, convesse all’esterno e concave all’interno, tenute insieme sulla sommità da un cordoncino che si legava al polso.

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