Vita e aneddoti su di essa Di Euclide sappiamo ben poco. Gli venne attribuito l’epiteto di stoixeiwthV, compositore degli Elementi. Una delle testimonianze più importanti su Euclide ò quella di Proclo, neoplatonico vissuto nel V secolo dopo Cristo. Proclo scrive che Euclide ò più giovane dei discepoli di Platone, e più vecchio di Archimede (che menziona nelle sue opere gli Elementi di Euclide). Da qui Proclo deduce che Euclide visse ai tempi del re Tolomeo I e siccome Platone morì nel 347 a. C. e Archimede visse tra il 287 e il 212, ò molto probabile che Euclide scrisse gli Elementi intorno al 300 a. C. Euclide visse ad Alessandria d’Egitto ( da non confondere con Euclide di Megara che visse un secolo prima e che era un filosofo) La denominazione Euclide di Alessandria ò contenuta in un brano di Pappo in cui si dice che Apollonio passò lungo tempo insieme ai discepoli di Euclide ad Alessandria. Sul carattere di Euclide abbiamo un brano tratto dall’opera di Pappo nel quale si elogia Euclide per la sua modesta riservatezza, tanto da non dimenticare l’opera dei predecessori. Infatti Euclide compose gli Elementi raccogliendo molti teoremi di Eudosso, di Teeteto. Inoltre Euclide era platonico, al punto di porre come scopo finale dei suoi Elementi la costruzione dei poliedri regolari( le figure cosmiche del Timeo). Alcuni aneddoti, riferiti da Proco, ci danno la possibilità di comprendere il carattere di Euclide. Nel primo, ci ò detto che il re Tolomeo chiese a Euclide se non ci fosse un mezzo più breve degli Elementi per imparare la geometria, e che Euclide gli rispose che non esistono vie regie in geometria. Nel secondo aneddoto si narra che un discepolo, dopo aver imparato alcuni dei primi teoremi, chiese ad Euclide: Maestro, quale utile ricaverò imparando queste cose? Ed Euclide chiamò un servo e gli diede ordine di dare qualche moneta al malcapitato, visto che voleva trarre guadagno da ciò che studiava, e di mandarlo via. Dal primo aneddoto si deduce lâestremo rigore di Euclide, tanto da non fare concessioni didattiche, neanche al re. Il secondo aneddoto allude al carattere strettamente teorico degli Elementi Per esempio, Euclide dimostra la proporzionalità tra i cerchi e i quadrati dei diametri, ma non accenna ad una determinazione del relativo rapporto costante, che ò legato al famoso p. Valori approssimati di detto rapporto verranno forniti più tardi da Archimede, il massimo ingegnere dellâantichità , che non disdegna le applicazioni pratiche. Alcune opere Il testo più famoso di Euclide sono gli Elementi tantâò che Euclide e gli Elementi vengono spesso considerati come sinonimi: in realtà l’autore degli Elementi era anche autore di una dozzina di trattati che coprivano vari argomenti, dall’ottica all’astronomia, dalla musica alla meccanica. Purtroppo solo altre quattro opere sono pervenute sino a noi. Dati ( in greco Dedomena ) Ci ò pervenuta sia nella sua versione greca originale sia in una traduzione araba. Sembra che tale opera sia stata composta per essere usata al Museo di Alessandria come volume sussidiario ai primi sei libri degli Elementi. Doveva servire come guida all’analisi di problemi di geometria al fine di scoprire le dimostrazioni. Si apre con quindici definizioni concernenti grandezze e luoghi. Il testo comprende novantacinque proposizioni riguardanti le implicazioni di condizioni e grandezze che possono essere date in un problema. Divisione delle figure Il testo originale greco ò andato perduto, ma prima della sua scomparsa ne fu fatta una traduzione araba (che trascurava alcune delle dimostrazioni originali perchè facili), la quale fu a sua volta tradotta in latino. Essa comprende una raccolta di trentasei proposizioni concernenti la divisione di figure piane. Per esempio la Proposizione 1 chiede di costruire una retta che sia parallela alla base di un triangolo e divida il triangolo in due aree uguali. Altre proposizioni chiedono di effettuare la divisione di un parallelogramma in due parti uguali mediante una retta passante per un punto dato giacente su uno dei lati (Prop. 6) oppure per un punto dato che si trovi al di fuori del parallelogramma (Prop. 10). L’ultima proposizione chiede di effettuare la divisione di un quadrilatero secondo un rapporto dato per mezzo di una retta passante per un punto giacente su uno dei lati del quadrilatero. Fenomeni E’ un’opera di geometria sferica ad uso degli astronomi. Gran parte del materiale descritto deriva probabilmente dalla tradizione manualistica nota in quel periodo. Ottica ( in greco Optika ) E’ uno dei primi trattati sulla prospettiva, ossia la geometria della visione diretta. Gli antichi avevano diviso lo studio dei fenomeni ottici in tre parti: l’ottica, o geometria della visione diretta; la catottrica, o la geometria dei raggi riflessi; la diottrica, o la geometria dei raggi rifratti. Un’opera che porta il titolo Catottrica viene talvolta attribuita ad Euclide, ma ò di dubbia autenticità . L’Ottica di Euclide ò notevole per l’esposizione di una teoria “emissiva” della visione secondo la quale l’occhio emette raggi che attraversano lo spazio fino a giungere agli oggetti; tale teoria si contrapponeva alla dottrina di Aristotele secondo la quale una sorta di azione si trasmetteva attraverso un mezzo in linea retta dall’oggetto all’occhio. Uno degli obiettivi di questa opera era quello di combattere il concetto epicureo secondo il quale le dimensioni di un oggetto erano quelle che apparivano alla vista, senza tenere conto dell’impiccolimento dovuto alla prospettiva. Fra le opere andate perdute ricordiamo Sui luoghi superficiali, Pseudaria, Porismi e un trattato sulle coniche. Gli Elementi Gli Elementi non sono un compendio della matematica dell’epoca, bensì un manuale introduttivo che abbraccia tutta la matematica “elementare”, cioò l’aritmetica (la teoria dei numeri), la geometria sintetica (dei punti, delle linee, dei piani, dei cerchi e delle sfere) e l’algebra (non nel senso moderno dell’algebra simbolica, ma di un equivalente in termini geometrici). L’arte del calcolo non ò inclusa: questa, infatti, non faceva parte dell’educazione superiore. E neppure lo studio delle coniche o delle curve piane superiori fa parte del libro, poichè costituiva una branca più avanzata della matematica. Così com’ò, il trattato euclideo si limita a presentare una sobria e logica esposizione degli elementi fondamentali della matematica elementare. Gli Elementi sono divisi in tredici libri, dei quali i primi sei riguardano la geometria piana elementare, i tre successivi la teoria dei numeri, il Libro X gli incommensurabili e gli ultimi tre la geometria solida. Tuttavia molte edizioni antiche contengono altri due libri che la critica più recente attribuisce rispettivamente a Ipsicle (II secolo a. C. ) e a Isidoro di Mileto (IV secolo d. C. ). Guardiamo ora in dettaglio il contenuto dei singoli libri. Libro I Definizioni (23) Postulati (5) Nozioni comuni (5) Proposizioni (48) Questo libro inizia bruscamente con un elenco di definizioni. La debolezza di questa parte sta nel fatto che alcune di queste non definiscono nulla; infatti non c’ò nessun elenco preliminare di elementi indefiniti, in termini dei quali si debbano definire gli altri elementi. Dire che un punto ò ciò che non ha parti, una linea ò una lunghezza senza larghezza, una superficie ò ciò che ha soltanto lunghezza e larghezza, non significa definire tali entità , poichè una definizione deve essere espressa in termini di concetti che vengono prima e che sono più noti delle cose definite. La maggior parte delle proposizioni di questo libro sono familiari a chiunque abbia studiato geometria in una scuola superiore. Esse comprendono i teoremi sulla congruenza dei triangoli, sulle costruzioni semplici con riga e compasso, sulle disuguaglianze concernenti gli angoli e i lati di un triangolo, sulle proprietà delle rette parallele e sui parallelogrammi. Il Libro si chiude (Prop. 47 e 48) con la dimostrazione del teorema di Pitagora e del suo reciproco. La dimostrazione del teorema ò diversa da quella in cui si applicano proporzioni tra i lati dei triangoli simili formati dall’altezza che viene abbassata sull’ipotenusa. Euclide si servì invece di una elegante dimostrazione basata su una figura che viene talvolta descritta come un mulino a vento Si ritiene che questa dimostrazione fosse originale di Euclide. Libro II. Definizioni (2) Proposizioni (13) E’ molto breve e tuttavia molto importante: contiene infatti un’algebra geometrica che serve più o meno agli stessi scopi della nostra algebra simbolica. Libro III. Definizioni (11) Proposizioni (37) Tratta la geometria del cerchio che probabilmente Euclide ha attinto da Ippocrate di Chio. Vengono presentati teoremi sulle posizioni reciproche di una retta e un cerchio e di due cerchi, sulle proprietà delle corde e delle tangenti, sulle relazioni tra angoli e archi e tra angoli al centro e angoli alla circonferenza. La prima proposizione, per esempio, chiede di effettuare la costruzione del centro di un cerchio; l’ultima proposizione contiene il noto teorema secondo il quale, se da un punto esterno a un cerchio si tracciano una tangente e una secante, il quadrato costruito sulla tangente ò uguale al rettangolo formato dall’intera secante e dal suo segmento esterno. Libro IV. Definizioni (7) Proposizioni (16) Le proposizioni trattano come inscrivere e circoscrivere ad un cerchio un triangolo, un quadrato, un pentagono regolare e come costruire un esagono e un pentadecagono inscritti in un cerchio. Libro V. Definizioni (18) Proposizioni (25) Riguarda la teoria generale delle proporzioni. Alcuni commentatori hanno avanzato l’ipotesi che tutto il libro sarebbe opera di Eudosso, ma ciò sembra poco verosimile. Alcune definizioni (come quella di rapporto) sono così vaghe da risultare inutili. La Definizione 4, però, ò essenzialmente l’assioma di Eudosso e Archimede: Si dice che due grandezze stanno in rapporto l’una con l’altra, quando, se moltiplicate, sono in grado l’una di superare l’altra. Questo libro tratta di questioni fondamentali. Si apre con proposizioni che sono equivalenti alle proprietà distributive sinistra e destra della moltiplicazione rispetto all’addizione, alla proprietà distributiva sinistra della moltiplicazione rispetto alla sottrazione e alla proprietà associativa della moltiplicazione (ab)c = a(bc). Seguono poi le regole per le espressioni “maggiore di” e “minore di” e le proprietà delle proporzioni. Libro VI. Definizioni (11) Proposizioni (37) Euclide fa uso della teoria delle proporzioni del Libro precedente per dimostrare teoremi concernenti rapporti e proporzioni relativi a triangoli, parallelogrammi o altri poligoni simili. Notevole ò la Proposizione 31, che rappresenta una generalizzazione del teorema di Pitagora: Nei triangoli rettangoli, la figura costruita sul lato che sottende l’angolo retto ò uguale alle figure simili e similmente costruite sui lati che contengono l’angolo retto. Proclo attribuisce questa generalizzazione allo stesso Euclide. Questo Libro contiene anche (nelle Prop. 28 e 29) una generalizzazione del metodo di applicazione delle aree: infatti ora l’autore era in grado di usare liberamente il concetto di similitudine. Libro VII. Definizioni (22) Proposizioni (39) Si apre con una serie di definizioni che individuano diversi tipi di numeri: dispari e pari, primi e composti, piani e solidi, infine quelli perfetti. I numeri sono rappresentati da un segmento: così Euclide indicherà un numero AB. Pertanto non usa le espressioni “ò un multiplo di” o “ò un fattore di”, ma si serve rispettivamente delle espressioni “ò misurato da” e “misura”. Le prime due proposizioni costituiscono la regola della teoria dei numeri nota come l'”algoritmo di Euclide” per trovare il massimo comune divisore di due numeri. Vi sono poi altre proposizioni sui numeri primi e su come trovare il minimo comune multiplo. Libro VIII. Proposizioni (27) Si apre con una serie di proposizioni concernenti numeri in proporzione continua (progressione geometrica) e quindi si volge a trattare alcune semplici proprietà dei quadrati e dei cubi, terminando con la Proposizione 27: Numeri solidi simili hanno l’uno con l’altro il rapporto che un numero cubo ha con un numero cubo Questa affermazione significa semplicemente che, se abbiamo un “numero solido” maâ¢mbâ¢mc e un “numero solido simile” naâ¢nbâ¢nc, allora il loro rapporto sarà m³: n³, ossia staranno tra loro come un cubo sta a un cubo. Libro IX. Proposizioni (36) Ultimo dei tre Libri dedicati alla teoria dei numeri, contiene molti teoremi che presentano un interesse particolare. Fra questi il più famoso ò la Proposizione 20: I numeri primi sono più di una qualsiasi assegnata moltitudine di numeri primi. In altri termini, Euclide presenta qui la ben nota dimostrazione elementare del teorema secondo cui il numero dei numeri primi ò infinito. La dimostrazione ò indiretta: si mostra infatti che l’ipotesi dell’esistenza di un numero finito porta a una contraddizione. La Proposizione 35 contiene una formula per la somma di numeri in progressione geometrica espressa in termini eleganti ma insoliti: Se tanti numeri quanti se ne vuole sono in proporzione continua, e dal secondo e dall’ultimo si sottraggono numeri uguali al primo, allora come l’eccesso del secondo starà al primo, così l’eccesso dell’ultimo starà a tutti quelli che lo precedono. La successiva, e ultima proposizione, ò la ben nota formula per i numeri perfetti: Se tanti numeri quanti ne vogliamo, a cominciare dall’unità , vengono posti continuamente in proporzione doppia fino a che la somma di tutti i numeri non diventi un numero primo, e se la somma viene moltiplicata per l’ultimo numero, il prodotto sarà un numero perfetto. Euclide non da alcuna risposta alla domanda inversa, ossia se la sua formula fornisca o no tutti i numeri perfetti. Sappiamo oggi che tutti i numeri perfetti pari sono del tipo euclideo, ma la questione dell’esistenza di numeri perfetti dispari costituisce ancora un problema irrisolto. La ventina di numeri perfetti oggi noti sono tutti pari, ma trarne per induzione la conclusione che debbano essere tutti pari sarebbe azzardato. Libro X. Definizioni (16) Proposizioni (115) Esso presenta una classificazione sistematica dei segmenti incommensurabili della forma fig1, fig2, fig3, fig4 ove a e b, quando sono della stessa dimensione, sono commensurabili. Oggi saremmo inclini a considerare questo Libro come un trattato sui numeri irrazionali del tipo suddetto, ove a e b sono numeri razionali. Ma Euclide considerava questo Libro come facente parte della geometria, piuttosto che dell’aritmetica. Libro XI. Definizioni (28) Proposizioni (39) Il Libro comprende trentanove proposizioni riguardanti la geometria tridimensionale. Anche qui le definizioni sono facilmente criticabili: Euclide infatti definisce un solido come ciò che ha lunghezza, larghezza e profondità e quindi ci dice che una estremità di un solido ò una superficie. Le ultime quattro definizioni riguardano quattro dei cinque solidi regolari. Non viene incluso il tetraedro, forse per il fatto che era stata precedentemente definita la piramide come una figura solida, contenuta da piani, che ò costruita partendo da un piano e da un qualsiasi punto. Libro XII. Proposizioni (18) Le proposizioni di questo Libro si riferiscono tutte alla misurazione di figure, effettuate con il metodo di esaustione. Il Libro si apre con una dettagliata dimostrazione del teorema secondo cui le aree dei cerchi stanno tra loro come i quadrati costruiti sui diametri. Applicazioni analoghe del tipico metodo della doppia reductio ad absurdum vengono poi usate in relazione alla misurazione dei volumi di piramidi, coni, cilindri e sfere. Archimede attribuiva a Eudosso il merito di avere dato dimostrazioni rigorose di questi teoremi: ò pertanto probabile che Euclide abbia attinto da Eudosso gran parte di questo materiale. Libro XIII. Proposizioni (18) L’ultimo Libro ò dedicato interamente alle proprietà dei cinque solidi regolari. Questo fatto ha indotto alcuni storici ad affermare che gli Elementi furono composti per celebrare le figure cosmiche o platoniche. Dal momento, però, che gran parte del materiale contenuto nei Libri precedenti non ha nulla a che fare con i poliedri regolari, una tale ipotesi sembra abbastanza gratuita. L’obiettivo ò quello di includere ciascuno dei solidi regolari in una sfera, ossia di trovare il rapporto tra il lato del solido inscritto e il raggio della sfera circoscritta. Tali calcoli vengono attribuiti da alcuni commentatori greci a Teeteto, cui si deve probabilmente gran parte del Libro XIII. Nella Proposizione 10, Euclide dimostra il noto teorema secondo cui un triangolo i cui lati siano rispettivamente lati di un pentagono, di un esagono e di un decagono equilateri inscritti nel medesimo cerchio, ò un triangolo rettangolo. Le Proposizioni dalla 13 alla 17 esprimono il rapporto tra il lato e il diametro per ciascuno dei solidi regolari inscritti: 1/d ò √2/3 per il tetraedro, √1/2 per l’ottaedro, √1/3 per il cubo o l’esaedro, √[(5- √5)/10] per l’icosaedro e (√5-1)/2√3 per il dodecaedro. Infine, nell’ultima proposizione, viene dimostrato che non vi possono essere poliedri regolari oltre questi cinque. Gli Elementi di Euclide non sono solo la maggiore e più antica opera matematica greca che ci sia pervenuta, ma costituiscono anche il più autorevole manuale di matematica di tutti i tempi. L’opera fu composta verso il 300 a. C. e da allora fu copiata ripetutamente. Fu inevitabile che vi si introducessero errori e variazioni; alcuni editori di epoca più tarda (come Teone di Alessandria) cercarono addirittura di perfezionare l’originale. Aggiunte posteriori, che generalmente compaiono sotto forma di scoli, forniscono ulteriori informazioni, spesso di natura storica, e nella maggior parte dei casi sono facilmente distinguibili dall’originale. Copie degli Elementi sono pervenute fino a noi attraverso traduzioni arabe, che in seguito vennero tradotte in latino nel XII secolo. La prima edizione a stampa degli Elementi uscì a Venezia nel 1482 e fu uno dei primi libri stampati. I postulati sulle rette parallele In figura 1 la retta r ò fissa mentre la retta s può ruotare in senso antiorario attorno al punto P. Indichiamo con Q il punto in cui r ed s si incontrano. Man mano che s ruota si vede che il punto Q si allontana verso est sulla retta r (fig. 2). Il punto Q si muove con continuità su r: piccole rotazioni di s determinano piccoli spostamenti di Q (e viceversa). Q assume via via tutte le posizioni possibili su r, “passa” per tutti i punti di r. Il punto Q dunque si allontana sempre più sulla retta r. Si intuisce però che esiste una (e una sola) situazione in cui sembra proprio che le due rette non si intersechino e quindi Q non esista. In questa situazione le due rette si dicono parallele (fig. 3). Continuando a ruotare s ci accorgiamo che il punto Q ricompare su r, questa volta però Q ò a ovest (vedi animazione seguente). Eccoci arrivati a un punto cruciale. Nella geometria euclidea si assume, assecondando l’intuizione, che per un punto P non appartenente alla retta r passi una e una sola retta s parallela a r (tale cioò che r e s non si incontrino). Tale assunzione non ò altro che il quinto postulato di Euclide. Qui di seguito sono elencati i postulati su cui Euclide (300 avanti Cristo) fondò, negli Elementi, il castello della sua geometria: (P1) Da ogni punto a ogni altro punto ò possibile condurre una linea retta; Euclide non postula esplicitamente che per due punti passi un’unica retta, ma assume tacitamente che sia così. (P2) Un segmento di linea retta può essere indefinitamente prolungato in linea retta; (P3) Attorno ad un centro scelto a piacere ò possibile tracciare una circonferenza con raggio scelto a piacere; (P4) Tutti gli angoli retti sono uguali; Euclide ha già dato la definizione di angolo retto: se una retta r innalzata da un’altra retta s forma con essa angoli adiacenti uguali fra loro, ciascuno dei due angoli ò retto. Il postulato P4 ò necessario per garantire che gli angoli ottenuti con un’altra costruzione di questo tipo, relativa alle rette r’ e s’, sono uguali ai precedenti. Il postulato P4 dimostra una notevole raffinatezza logica da parte di Euclide e afferma in sostanza che il piano ò uniforme (nel senso che la costruzione predetta fornisce sempre gli stessi angoli, in qualsiasi parte del piano venga eseguita). (P5) In un piano, per un punto fuori di una retta si può condurre una e una sola parallela a una retta data (due rette si diranno, con Euclide, parallele, quando non si incontrano). In realtà Euclide formulò il quinto postulato in una forma diversa da quella qui riportata ma ad essa del tutto equivalente. Dimostrazione dellâinfinità dei numeri primi Un numero maggiore dell’unità si dice primo se ha solo due divisori distinti: 1 e se stesso. Tra 1 e 10 ci sono 5 numeri primi; Tra 10 e 100 ce ne sono 21; Tra 9. 999. 900 e 10. 000. 000 ce ne sono 9; Tra 10. 000. 000 e 10. 000. 100 ce ne sono 3. Questa ò la legge di rarefazione dei numeri primi. Secondo questa legge si può pensare che i numeri primi siano in numero finito, ma non ò così, infatti, Euclide dimostrò che i numeri primi sono infiniti. Dimostrazione (metodo indiretto): Si suppone che i numeri primi siano in numero finito. Esiste allora il numero primo più grande di tutti (MAX). Se si esegue il prodotto tra MAX e tutti i numeri primi che lo precedono e si aumenta di 1 il risultato, si ottiene un nuovo numero primo N più grande di MAX: infatti dividendo N per ciascun numero primo si ottiene sempre resto 1. Questa ò unâassurdità perchè ò in contrasto con il fatto che MAX sia il più grande numero primo. Perciò si conclude che i numeri primi sono infiniti. Le geometrie non euclidee Sono le geometrie che si fondano sulla negazione del 5° postulato (se una retta che interseca due altre rette forma dalla stessa parte angoli inferiori a due angoli retti, le due rette, se estese indefinitamente, si incontrano da quella parte dove gli angoli sono inferiori a due rette) enunciato negli Elementi di Euclide. I dettagli di questi due tipi di geometria non-euclidea sono piuttosto complessi, ma in entrambi i casi i concetti fondamentali possono essere compresi per mezzo di semplici modelli. Geometria iperbolica La geometria di Bolyai-Lobacevskij, spesso chiamata geometria non-euclidea o iperbolica, ambienta la geometria piana all’interno di una circonferenza, in cui tutte le possibili linee ‘rette’ sono rappresentate dalle infinite corde. Come si può osservare, tracciato un ‘punto’ P ed una ‘retta’ r, si possono trovare due ‘rette’ s e t, passanti per P e per gli estremi della corda r. Geometria ellittica La geometria di Riemann, detta anche geometria ellittica o semplicemente geometria non-euclidea, ò costruita sulla superficie di una sfera, in cui tutte le linee rette sono rappresentate dai cerchi massimi. Fig10 Come si può osservare, fissato un punto di Riemann e una retta di Riemann, ossia una coppia (A, B) di punti diametralmente opposti e una circonferenza massima r, allora ogni altra retta di Riemann passante per (A, B) interseca sempre la circonferenza massima, r, in due punti diametralmente opposti (C, D) ossia in un punto di Riemann. I due teoremi sui triangoli rettangoli Molto importanti sono anche i due teoremi sui triangoli rettangoli. Il primo teorema di Euclide enuncia che: âin un triangolo rettangolo ciascun cateto ò medio proporzionale tra l’ipotenusa e la proiezione dello stesso cateto sull’ipotenusaâ. Con una diversa formulazione si può anche dire che: âin un triangolo rettangolo il quadrato costruito su uno qualsiasi dei cateti ò equivalente al rettangolo che ha per dimensioni l’ipotenusa e la proiezione dello stesso cateto sull’ipotenusaâ. Il secondo teorema ci dice che: âin un triangolo rettangolo l’altezza relativa all’ipotenusa ò media proporzionale tra le proiezioni dei cateti sull’ipotenusaâ. Oppure, usando una diversa versione: âin un triangolo rettangolo il quadrato costruito sull’altezza relativa all’ipotenusa ò equivalente al rettangolo che ha per dimensioni le proiezioni dei cateti sull’ipotenusaâ.
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