Il 25 novembre, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il comune di Genova ha annunciato l’avvio di una sperimentazione nell’ambito dell’educazione sessuale e affettiva destinata ai più piccoli. L’iniziativa coinvolgerà 300 bambini dai 3 ai 6 anni iscritti in quattro scuole dell’infanzia comunali, con un’ora dedicata ogni settimana a percorsi formativi sull’affettività.
Il progetto prevede anche incontri rivolti alle famiglie, affinché il lavoro educativo possa integrarsi con l’ambiente domestico e sviluppare una consapevolezza condivisa.
La sindaca Silvia Salis ha sottolineato la portata simbolica e concreta dell’operazione: “Ci vuole molto coraggio a sostenere che non ci sia bisogno di un’educazione affettiva nelle scuole ma anche a sostenere che dev’essere qualcosa appannaggio esclusivamente delle famiglie.”
Lo Stato ha la responsabilità di educare e il sindaco che ha il polso della società deve dare un segnale. L’amministrazione comunale considera il pilota un primo passo, destinato a estendersi progressivamente per raggiungere migliaia di minori.
Il quadro normativo recente: emendamenti, chiarimenti e correttivi
Il 15 ottobre l’approvazione alla Camera di un emendamento al Ddl sul consenso informato ha esteso il divieto per figure esterne di trattare tematiche sessuali in aula non solo a infanzia e primaria, ma anche alla secondaria di primo grado. La misura ha alimentato l’impressione di un blocco dell’educazione sessuale fino alle medie, ma il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha prontamente precisato che i programmi ordinari ne consentono l’inserimento attraverso le Indicazioni Nazionali del Primo Ciclo e le nuove Linee Guida di Educazione Civica.
Il 10 novembre la Lega ha depositato un emendamento correttivo che equipara le scuole medie alle superiori: il divieto per attività condotte da esterni viene così rimosso, sostituito dall’obbligo di consenso informato dei genitori, che devono conoscere temi e materiali didattici. La manovra restringe l’intervento di soggetti terzi senza però impedire l’educazione affettiva curricolare.
Le ragioni dichiarate: prevenzione della violenza e responsabilità istituzionale
La sindaca di Genova Silvia Salis ha rivendicato una posizione netta sull’educazione affettiva sin dall’infanzia, definendola necessaria per contrastare la violenza di genere e i modelli culturali che ostacolano l’emancipazione femminile. “Come sindaco progressista ho una posizione molto chiara, c’è bisogno di un’educazione affettiva per i bambini più piccoli”, ha dichiarato, sottolineando come linguaggio e difficoltà delle donne nel Paese siano responsabilità collettiva, ancor più per gli amministratori locali.
Il progetto pilota, che coinvolge trecento bambini, punta a un’estensione a migliaia di minori. L’obiettivo è innescare “un movimento culturale per scardinare il populismo becero che ha invaso il Paese”, partendo dai territori.
Le voci del dibattito: approfondimenti, interviste e un sondaggio
La testata La Tecnica della Scuola ha dedicato un focus articolato al tema, raccogliendo materiali per fare chiarezza sul dibattito. Tra gli approfondimenti pubblicati figurano l’analisi sulla possibilità di introdurre una materia autonoma e il riferimento al disegno di legge in Senato che prevede un’ora aggiuntiva alla secondaria.
Le interviste a docenti ed esperti hanno evidenziato posizioni diverse: dal racconto degli stereotipi di genere alle segnalazioni sulla crescita delle malattie e sulla necessità di formazione strutturata. La Rete degli Studenti Medi ha definito la stretta «grave e poco lungimirante». Alcuni genitori hanno manifestato timori su contenuti ritenuti inappropriati.
Un sondaggio ha mostrato che nove docenti su dieci si oppongono al «divieto» fino alle medie. I favorevoli alla limitazione hanno replicato sottolineando che non tutte le famiglie possiedono competenze adeguate per gestire autonomamente il tema.