Al liceo Giulio Cesare di Roma, otto nomi di studentesse sono comparsi sui muri dei bagni accompagnati da un incitamento allo stupro. L’episodio segna una frattura con l’immaginario storico evocato da Antonello Venditti nei suoi versi dedicati ai «quattro ragazzi con una chitarra e un pianoforte» che frequentavano lo stesso istituto sessant’anni fa.
Il collettivo studentesco Zero Alibi e i rappresentanti d’istituto hanno denunciato immediatamente l’accaduto, definendolo «non una semplice bravata, ma l’ennesima azione violenta e sessista». Secondo quanto riportato dall’agenzia Ansa, gli studenti hanno organizzato un presidio spontaneo nel cortile dell’istituto per sensibilizzare l’intera comunità scolastica su temi come il rispetto, la violenza di genere e la cultura delle relazioni.
La nota diffusa sottolinea la necessità di affrontare apertamente dinamiche che coinvolgono l’intera collettività scolastica, senza cedere a silenzio o minimizzazioni.
La risposta della preside e gli strumenti disciplinari
La preside Paola Senesi ha reagito con immediatezza, pubblicando un comunicato in cui esprime sostegno e solidarietà alle studentesse e agli studenti coinvolti. Nel testo ribadisce con fermezza che il Giulio Cesare non è aperto alla violenza e non intende essere ricettacolo d’intolleranza, tracciando una linea netta rispetto all’accaduto.
Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha definito il fatto grave e meritevole di sanzione dura, richiamando le nuove norme che, secondo il ministro, forniscono alle scuole strumenti per intervenire con maggiore efficacia. Tuttavia, già prima delle disposizioni volute da Valditara, episodi di tale gravità non venivano ignorati e attivavano procedure disciplinari.
L’episodio evidenzia il contrasto tra gli impegni annunciati a inizio anno scolastico e la persistenza di casi di violenza nelle scuole. A settembre il ministro aveva garantito che le misure disciplinari e i percorsi educativi avrebbero ridotto sensibilmente gli episodi violenti, ma la realtà dimostra come sia complesso incidere su comportamenti con radici profonde.
Le reazioni politiche e l’ipotesi di educazione sessuo-affettiva
La vicenda del liceo Giulio Cesare ha innescato una serie di prese di posizione trasversali dal mondo politico. La sottosegretaria Paola Frassinetti ha chiesto con fermezza che i responsabili vengano rapidamente individuati e puniti, ribadendo la necessità di non lasciare impuniti atti di tale gravità.
La ministra della Famiglia Eugenia Roccella ha sottolineato l’urgenza di un’educazione al rispetto che coinvolga non soltanto scuola e famiglia, ma anche i mondi della cultura giovanile, dai social media alla musica.
Parallele richieste di intervento strutturale sono arrivate da Avs e +Europa: Elisabetta Piccolotti e Riccardo Magi hanno chiesto l’introduzione al più presto di percorsi di educazione sessuo-affettiva nelle scuole, strumento considerato essenziale per prevenire episodi di violenza di genere. Nonostante la condanna trasversale, manca una proposta condivisa e operativa per affrontare il problema in modo sistematico, evidenziando il nodo di una convergenza politica ancora lontana su temi educativi così delicati.
Le possibili conseguenze legali e i prossimi passi
Qualora gli autori delle scritte risultassero maggiorenni, il caso potrebbe richiamare l’attenzione della magistratura ordinaria per eventuali ipotesi di reato, con conseguenze che trascenderebbero la sfera disciplinare scolastica. Al momento, gli sviluppi restano incerti e ogni valutazione deve attendere l’identificazione dei responsabili.
La vicenda riporta alla luce la distanza tra le previsioni ministeriali — che a inizio anno scolastico promettevano un netto calo degli episodi di violenza grazie alle misure disciplinari introdotte — e la realtà quotidiana delle scuole. I comportamenti violenti e sessisti hanno radici profonde, legate a modelli culturali che richiedono interventi educativi strutturati e continuativi, ben oltre le sanzioni puntuali.