Nel 2025, il dibattito sulla validità delle interrogazioni tradizionali infiamma il mondo della scuola italiana. La docente Nicoletta ha acceso la discussione su Facebook con una provocazione: “Ma davvero oggi siamo qui a fare interrogazioni come se fossimo nel 1890?”.
La sua critica evidenzia come questo rito scolastico risulti spesso escludente, con pochi studenti coinvolti mentre il resto della classe si annoia o si distrae. L’enfasi sulla memorizzazione trasforma l’errore in una condanna, alimentando ansia e inadeguatezza tra i ragazzi.
“L’interrogazione evoca atmosfere poliziesche, dove il docente diventa giudice e lo studente si sente sottoposto a un piccolo processo sommario”, sottolinea l’insegnante.
Il dibattito fra docenti: tradizione e innovazione a confronto
Il post di Nicoletta ha suscitato reazioni contrastanti nel corpo docente. Molti insegnanti hanno espresso pieno accordo sulla necessità di rinnovare le pratiche valutative, mentre altri difendono l’importanza dell’esposizione orale per sviluppare competenze linguistiche e capacità di ragionamento.
Diverse le esperienze condivise: c’è chi ha abbandonato le interrogazioni tradizionali preferendo valutare gli interventi spontanei, chi ha adottato colloqui strutturati simili all’Esame di Stato, e chi integra strumenti come il peer assessment.
Da più parti emerge la necessità di docenti motivati, disposti a mettersi in discussione per trasformare il momento valutativo in un’occasione di crescita autentica, piuttosto che un rito ansiogeno. Un insegnante con trent’anni di esperienza sottolinea che, indipendentemente dal metodo, resta fondamentale la passione del docente per la propria disciplina.
I prospettivi per una valutazione più formativa
Superare il modello tradizionale richiede strumenti alternativi di valutazione. Le rubriche di osservazione durante i lavori di gruppo, l’auto-valutazione e il peer-assessment emergono come metodologie efficaci per trasformare il momento valutativo.
La docente Nicoletta sottolinea come “valutare dovrebbe essere un modo per accompagnare l’apprendimento, non per bloccarlo”, proponendo diari di apprendimento e portfolio digitali che valorizzino il percorso oltre al risultato.
L’errore, in questa nuova visione, diventa opportunità di crescita anziché motivo di ansia. Il passaggio da un’interrogazione punitiva a un colloquio formativo permetterebbe agli studenti di sviluppare consapevolezza e autonomia, rispondendo alla domanda fondamentale: “Stiamo davvero valutando per far crescere, o per assolvere a un adempimento burocratico?”.