Il 5 marzo un’inchiesta pubblicata dal quotidiano La Stampa ha sollevato un caso controverso riguardante i registri elettronici scolastici. L’indagine ha rivelato la presenza di offerte commerciali all’interno di uno questi strumenti ufficiali destinati alle attività didattiche e alle comunicazioni tra scuola e famiglia. Che il registro elettronico si sia trasformato in alcuni casi in un veicolo per messaggi pubblicitari è stato motivo di forte preoccupazione tra genitori, insegnanti e istituzioni.
La segnalazione della pubblicità inattesa
Tutto è iniziato dalla segnalazione di una project manager torinese che, navigando nel registro elettronico della figlia, ha scoperto una sezione con offerte commerciali. L’estensione dell’app, attivabile previo consenso degli utenti, dava accesso a proposte variegate: dagli shop online di materiale scolastico a giochi, dai prestiti per gli studi a consulenze con psicologi e sessuologi. L’azienda fornitrice ha precisato che questa funzionalità è attiva solo in 300 scuole su accettazione dei dirigenti scolastici, raggiungendo circa 200mila genitori e 100mila studenti, una frazione degli utenti totali dell’applicazione che viene utilizzata quotidianamente da 2,5 milioni di genitori, un milione di studenti e 300mila insegnanti in 2.800 istituti.
Reazioni istituzionali e richieste di intervento
“È inaccettabile che sul registro elettronico compaia della pubblicità”
ha dichiarato con fermezza il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara in risposta al caso. Il ministro ha sottolineato come sia improprio trovare giochi elettronici e pubblicità su uno strumento dedicato alla didattica, specificando che sin dal 2013 i registri elettronici sono gestiti da società private selezionate dalle scuole in virtù della loro autonomia.
Valentina Chinnici, presidente del Centro di iniziativa democratica degli insegnanti, ha lanciato un appello: “Si faccia subito una piattaforma unica”, evidenziando che l’azione pedagogica e il rapporto con le famiglie debba essere gestito in modo pubblico e trasparente.
Il ministero sta conducendo un’analisi costi-benefici per valutare l’eventuale adozione di un software unico a livello nazionale, segnalando un’apertura verso soluzioni che garantiscano maggiore controllo e uniformità nell’utilizzo di questi strumenti essenziali per la comunicazione scuola-famiglia.
Il parere della Garante per l’infanzia e le implicazioni pedagogiche
L’intervento dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza ha aggiunto un’ulteriore dimensione al dibattito, evidenziando preoccupazioni educative significative. Secondo la Garante, risulta inconcepibile che un registro scolastico possa trasformarsi in qualcosa di simile a un social network, invaso dalla pubblicità che ormai ci segue in ogni contesto digitale.
La posizione dell’Autorità è chiara: la scuola dovrebbe rappresentare uno spazio protetto che offre e promuove modelli relazionali e pedagogici completamente alternativi rispetto ai social media. L’accesso sempre più precoce a queste piattaforme sta infatti generando problematiche comportamentali e difficoltà di apprendimento, oltre a manifestarsi frequentemente come origine di disturbi psicologici negli studenti.