Università di Firenze studia come integrare ChatGPT alla didattica - Studentville

All'università di Firenze si studia come integrare ChatGPT alla didattica

All'Università di Firenze si studia ChatGPT: bisognerebbe considerarlo come una opportunità per migliorare l'efficienza dell'apprendimento.
All'università di Firenze si studia come integrare ChatGPT alla didattica

L’intelligenza artificiale – ChatGPT in particolare – ha il potenziale per integrarsi alla didattica in modi diversi. Ad esempio, potrebbe essere utilizzata come strumento per supportare gli studenti nella produzione di testi, come fonte di informazioni o come strumento di revisione e correzione automatica. Tuttavia, è importante considerare i rischi associati all’uso di tali tecnologie, dalla possibile scarsa qualità dei lavori generati a quello, da non sottovalutare, di diventare dipendenti da tali strumenti, perdendo la capacità di produrre testi in modo autonomo e creativo. Aspetti, questi, che all’Università di Firenze stanno per essere analizzati in quanto si è deciso di iniziare a studiare la possibile integrazione di ChatGPT alla didattica.

ChatGPT all’università

Dall’Università degli Studi di Firenze arriva una prima segnalazione. Secondo quanto riportato dai docenti, il tono dei compiti fatti a casa da parte degli studenti sarebbe cambiato. E, anche se al momenti non è stata prodotta una denuncia ufficiale, i sospetti non sono pochi. Tanto che potrebbe essere necessario risolverli con esami orali o con altre fonti di accertamento. Non si nasconde una certa preoccupazione che, come ha spiegato la prorettrice dell’Università Ersilia Menesini, non deve fare allarmare.

La stessa Menesini, docente di psicologia dello sviluppo, ha ammesso di aver provato l’intelligenza artificiale sui suoi stessi argomenti, ma di non averla trovata soddisfacente per via delle risposte poco approfondite e limitate. Almeno non ancora. Per evitare i rischi legati all’uso di ChatGPT è importante che la sua integrazione nella didattica avvenga in modo consapevole e responsabile. Sicuramente combinandone l’uso con altre attività didattiche, come la discussione in classe ad esempio, per garantire che gli studenti sviluppino anche le competenze di scrittura e di analisi critica.

“Non bisogna avere paura di ChatGPT”

Tuttavia, primi segnali di apertura nei confronti dell’IA si stanno già timidamente registrando. E’ il caso dell’International Baccalaureante, una qualificazione di scuola secondaria superiore riconosciuta su scala internazionale e valida per l’ammissione universitaria in più di 80 paesi del mondo. Nell’ambito di questo esame è consentito usare ChatGPT per la produzione di piccole porzioni di testo, a patto che lo si citi come fonte. A Firenze, come ha dichiarato la Menesini, un gruppo di lavoro sta studiando come integrarlo alla didattica. Lungi dall’averne paura, infatti, bisognerebbe considerarlo come una grande opportunità per migliorare l’efficacia e l’efficienza dell’apprendimento. Purché lo si usi in modo responsabile per garantire il successo di tali iniziative.

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