Paolo, quattordicenne di provincia di Latina, è stato trovato morto nella sua camera l’11 settembre, due ore prima dell’inizio del nuovo anno scolastico. Il ragazzo si è tolto la vita impiccandosi con la corda di una trottola, dopo anni di bullismo sistematico subito da compagni di classe e, secondo le testimonianze familiari, anche da parte del personale docente.
Nonostante la presenza di tre insegnanti di sostegno nella sua classe e i buoni risultati scolastici (voti tra 7 e 8), Paolo aveva sviluppato un crescente rifiuto verso l’ambiente scolastico, ripetendo spesso “scuola di m***a”. Le vessazioni includevano messaggi intimidatori, scherzi umilianti e insulti che lo definivano “spione” per la sua tendenza a difendere i più deboli.
I chiarimenti della dirigente
La dirigente scolastica ha respinto le accuse, dichiarando che l’istituto non ha mai ricevuto denunce formali riguardo episodi di bullismo. “Siamo tutti scossi come corpo docente e studenti”, ha affermato, sottolineando come la scuola vincesse da anni premi per l’impegno nel contrasto al disagio giovanile.
Secondo la dirigente, Paolo era seguito da tre insegnanti di sostegno e “cercava sempre il confronto con gli adulti, che non gli è mai stato negato”. Ha confermato il rimando in matematica, successivamente recuperato con voto sette, precisando che nei consigli di classe non erano mai emersi problemi specifici.
L’istituto aveva attivato incontri con la polizia per tutte le classi prime e corsi per genitori, ai quali però la famiglia di Paolo non aveva partecipato.
Il punto di vista familiare
La madre di Paolo ha ricostruito una storia di sofferenza iniziata alle elementari: “Ci siamo rivolti ai carabinieri perché un compagno ha puntato contro nostro figlio un cacciavite in plastica, diceva che lo doveva ammazzare. E la maestra non è intervenuta”. Le denunce scritte e verbali agli istituti non hanno mai prodotto risultati concreti.
Il momento di rottura è arrivato con il rimando in matematica. Il padre aveva chiesto un colloquio riservato con la vicepreside per comprendere la bocciatura, nonostante i voti fossero prevalentemente buoni.
“Il giorno dopo, alla prima lezione di recupero, a Paolo è stato detto che era andato a lamentarsi. Da quel momento mio figlio si è chiuso sempre di più, non si è fidato più di noi”.
Paolo amava la musica, la pesca e aiutava in casa, caratteristiche che lo rendevano diverso e bersaglio di bullismo. “Prendeva sempre le difese dei più deboli e per questo lo chiamavano spione. Su dodici compagni solo uno sarebbe andato al funerale”.
La richiesta istituzionale
Il fratello di Paolo ha inviato una lettera al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara e alla premier Giorgia Meloni, denunciando l’inefficacia dei sistemi di protezione scolastica. Nella missiva, anticipata dal Messaggero, il giovane racconta come Paolo fosse “perseguitato dai bulli” attraverso messaggi, scherzi e insulti costanti.
“Mio fratello si è ucciso per colpa dei bulli che lo perseguitavano. Questa tragedia non rappresenta un caso isolato”, ha scritto, sottolineando come numerosi altri ragazzi abbiano perso la vita per le stesse ragioni. La richiesta è chiara: “provvedimenti concreti e incisivi per contrastare il fenomeno del bullismo nelle scuole italiane”.
L’appello si conclude con l’urgenza di “promuovere una cultura della prevenzione, della responsabilità e del rispetto”, evidenziando come ogni episodio rimasto senza risposte rappresenti “un fallimento che pesa sull’intera società“.