L’Oxford English Dictionary, fondato dalla Philological Society di Londra nel 1857 ed edito dalla Oxford University Press, raccoglie 600.000 lemmi della lingua inglese antica e moderna, sottoposti ad aggiornamento continuo. Per il 2025, il dizionario ha selezionato la parola dell’anno attraverso un processo che combina il voto pubblico online con l’analisi dei linguisti.
L’Oxford University Press ha definito «rage bait» come «una perfetta sintesi del caos del 2025», incoronando il termine vincitore. La scelta riflette l’uso sempre più consapevole di Internet e la diffusione di materiale provocatorio progettato per attirare l’attenzione degli utenti digitali.
Il significato operativo di ‘rage bait’ sui social
L’Oxford University Press definisce “rage bait” come contenuto online creato appositamente per provocare rabbia o indignazione attraverso elementi provocatori o offensivi, pubblicato per aumentare il traffico o l’interazione su una particolare pagina web o piattaforma di social media. L’espressione, tradotta in italiano come “esca della rabbia”, richiama l’etimologia del termine rabbia, che deriva dal sanscrito “rabh-ate” e significa agire con violenza, furia e impeto.
Il meccanismo del rage bait funziona innescando una catena causa-effetto precisa: la provocazione genera reazioni emotive immediate, che si traducono in commenti di odio e prese di posizione, alimentando così l’engagement e la visibilità del contenuto. L’uso sempre più consapevole di Internet ha favorito la diffusione di questo materiale provocatorio progettato per catturare l’attenzione degli utenti.
Le differenze con il ‘clickbait’ nell’obiettivo e nelle reazioni
Il clickbait e il rage bait condividono il fine di attirare attenzione online, ma perseguono strategie distinte. Il primo si limita a stimolare il clic attraverso titoli accattivanti o promesse esagerate, puntando sulla curiosità. Il rage bait, invece, adotta un obiettivo più specifico: provocare rabbia e indignazione per generare reazioni emotive immediate.
Secondo l’Oxford University Press, i contenuti di questo tipo sono progettati per impedire la riflessione razionale, spingendo l’utente a reagire d’istinto anziché valutare criticamente. Questa differenza è cruciale: mentre il clickbait cerca volume di traffico, il rage bait mira a innescare interazioni basate sull’indignazione, che alimentano visibilità e engagement attraverso commenti, condivisioni e polemiche. La rabbia diventa così leva per mantenere alta l’attenzione sulle piattaforme social.
Gli altri termini emergenti: ‘aura farming’ e ‘biohack’
Accanto a rage bait, l’Oxford University Press ha registrato altre espressioni che riflettono le strategie utilizzate dagli utenti e dai creatori di contenuti per ottenere vantaggi all’interno dell’ecosistema digitale. Tra queste spicca “aura farming”, un sostantivo che descrive la costruzione deliberata di un’immagine attraente online, finalizzata a catalizzare consenso e visibilità attraverso la cura dell’estetica personale e la proiezione di uno stile di vita desiderabile.
Parallelamente, il verbo “biohack” identifica l’insieme di pratiche volte a migliorare le prestazioni fisiche e cognitive modificando dieta, abitudini quotidiane o ricorrendo a dispositivi tecnologici indossabili. Entrambi i termini condividono un tratto comune: rappresentano tentativi sistematici di influenzare percezioni e comportamenti degli utenti nel contesto della rete, sfruttando leve che spaziano dall’apparenza all’ottimizzazione corporea per generare interazione, approvazione o traffico verso specifiche piattaforme.
La lezione per gli studenti: cultura come antidoto alle esche digitali
L’Oxford Dictionary richiama una verità fondamentale: l’unico antidoto alle manipolazioni dei portali commerciali, politici e delle intelligenze artificiali è la cultura e la sapienza. Navigare tra gli scogli del web richiede competenze critiche che permettano di riconoscere i meccanismi di provocazione e induzione emotiva.
La capacità di barcamenarsi tra i contenuti online diventa una forma di alfabetizzazione indispensabile: non esistono altri antidoti efficaci. Gli studenti sono chiamati a sviluppare un approccio riflessivo ai contenuti digitali, distinguendo tra informazioni autentiche e materiale progettato per manipolare le reazioni, acquisendo così gli strumenti necessari per un uso consapevole della rete.
Le tendenze 2024-2025: da ‘brain rot’ al ritorno dell’offline
Nel 2024 l’Oxford English Dictionary aveva premiato “brain rot” — marciume cerebrale — come parola dell’anno. Il termine ha conquistato rapidamente i social media, entrando stabilmente nel lessico di blogger e giornalisti per descrivere gli effetti del consumo digitale passivo sulla lucidità mentale.
Il passaggio a “rage bait” nel 2025 conferma la centralità delle dinamiche emotive nella comunicazione online, ma emerge parallelamente un nuovo fenomeno: la rivalutazione dell'”offline”. L’idea della disconnessione acquisisce peso nei dibattiti pubblici su politica, identità e disinformazione, segnalando una reazione al sovraccarico di contenuti provocatori e alla costante sollecitazione emotiva della rete.