Stop al velo integrale a scuola: dibattito sulla proposta di legge di FdI

Stop al velo integrale a scuola: dibattito sulla proposta di legge di FdI

La normativa italiana di riferimento per il divieto di coprire il volto in luoghi pubblici è la legge 152 del 1975, che vieta l'uso di mezzi per nascondere l'identità.
Stop al velo integrale a scuola: dibattito sulla proposta di legge di FdI

La normativa italiana di riferimento per il divieto di coprire il volto in luoghi pubblici è rappresentata dalla legge 152 del 1975, che vieta specificamente “l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo”.

Il dibattito attuale si inserisce nel più ampio contesto della lotta al separatismo islamico, fenomeno che secondo i promotori della proposta favorisce la nascita di “enclave” e “contro-società” dove si applicherebbe la legge sharitica anziché l’ordinamento italiano. Le argomentazioni si concentrano sulla necessità di garantire sicurezza e ordine pubblico negli spazi educativi e istituzionali.

La proposta di legge di FdI

La proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia si articola in cinque articoli specifici, con l’articolo 5 che stabilisce il divieto categorico dell’uso di indumenti che coprano il volto delle persone in luoghi pubblici, aperti al pubblico, istituti di istruzione di qualunque ordine e grado, università, esercizi commerciali e uffici. La violazione comporta sanzioni amministrative che vanno da 300 a 3.000 euro.

La deputata Sara Kelany, firmataria principale insieme al capogruppo Galeazzo Bignami e Francesco Filini, ha presentato il testo alla Camera con il supporto del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. L’iniziativa legislativa si inserisce nella strategia di contrasto al separatismo islamico, finalizzata a prevenire la formazione di “enclave” e “contro-società” dove potrebbero applicarsi normative diverse dall’ordinamento italiano e proliferare fenomeni di fondamentalismo.

Le implicazioni nell’ambiente scolastico

Il divieto del velo integrale negli istituti scolastici rappresenta uno dei punti più controversi della proposta legislativa. La normativa interesserebbe direttamente scuole di ogni ordine e grado, dalle primarie alle superiori, creando un precedente significativo nel sistema educativo italiano.

La Corte europea per i diritti umani ha recentemente chiarito la posizione europea sulla questione, dichiarando inammissibile il ricorso di tre studentesse fiamminghe contro il divieto scolastico del velo. La Cedu ha stabilito che l’interdizione non viola il diritto alla libera espressione religiosa, fornendo un importante precedente giuridico.

Tuttavia, l’applicazione pratica nelle scuole europee rivela una realtà complessa. Nonostante i divieti formalmente attivi, quando le famiglie fanno ricorso, i tribunali spesso condannano le istituzioni scolastiche per non aver accolto le studentesse velate, evidenziando una tensione irrisolta tra normative di sicurezza e diritti individuali nella sfera educativa.

Il dibattito politico e sociale

La proposta di Fratelli d’Italia ha riacceso un confronto politico già emerso in precedenti iniziative. La Lega aveva presentato una proposta simile a gennaio, con il capogruppo Igor Iezzi che mirava a impedire l’uso di indumenti “atti a celare il volto”. Il capogruppo della Lega lombarda Alessandro Corbetta aveva definito burqa e niqab “strumenti di oppressione nei confronti delle donne che non possiamo tollerare”, mentre l’europarlamentare Silvia Sardone aveva evidenziato problemi di sicurezza e integrazione.

Le argomentazioni a favore del divieto si concentrano su tre aspetti principali: la sicurezza pubblica, il rispetto della dignità femminile e la prevenzione del separatismo islamico. I sostenitori sottolineano come il velo integrale nelle scuole primarie non rappresenti “una scelta libera e consapevole” ma un “simbolo di sottomissione”.

Tuttavia, il dibattito presenta posizioni contrastanti che evidenziano rischi di esclusione e discriminazione religiosa. La Corte europea per i diritti umani ha dichiarato inammissibile il ricorso di studentesse contro simili divieti, ma nelle scuole europee persistono controversie giuridiche quando le famiglie contestano l’applicazione di tali misure.

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