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Wilhelm Dilthey

Pensiero e vita.

L’inizio del movimento storicistico tedesco ò si fa solitamente risalire alla pubblicazione, avvenuta nel 1883, della Introduzione alle scienze dello spirito di Dilthey, che era pervenuto ad affrontare questioni di metodologia delle scienze storiche in connessione con la sua principale attività  di storico della filosofia. Wilhelm Dilthey nacque a Biebrich, in Renania, nel 1833 e, dopo aver studiato ad Heidelberg e a Berlino, dove fu allievo di alcuni fra i maggiori esponenti della scuola storica, divenne professore di filosofia a Basilea nel 1867; successivamente insegnò in altre università  tedesche. Dal 1882 succedette a Lotze all’università  di Berlino dove ultimò il suo insegnamento nel 1906. Morì a Siusi, nel Tirolo allora austriaco, nel 1911. I suoi primi interessi di storico si rivolsero in primis alle manifestazioni letterarie, religiose e filosofiche del romanticismo tedesco e trovarono la loro massima espressione nella pubblicazione di un’ampia biografia di Schleiermacher rimasta incompiuta e iniziata nel 1867. In seguito Dilthey ampliò il proprio campo di indagine alla cultura del Rinascimento e della Riforma, all’illuminismo e all’idealismo: frutto di quest’interesse sono Introduzione del mondo e analisi dell’uomo nel Rinascimento e nella Riforma (1891-1894), Il secolo XVIII e il mondo storico (1901), Esperienza vissuta e poesia (1906), La storia generale di Hegel (1905-1906). Nel 1883 era apparso, come accennato, Introduzione alle scienze dello spirito, il primo grande studio teorico di fondamentale importanza, considerato il fondamento del movimento storicistico tedesco, in cui Dilthey cercava di giustificare l’autonomia delle scienze dello spirito nei confronti di quelle naturali. La ricerca elaborata in quest’opera ò ripresa e ampliata in una sfilza di opere successive; nelle Idee di una psicologia descrittiva e analitica (1894), Dilthey attribuisce alla psicologia una funzione fondatrice nei confronti delle altre scienze dello spirito. Questa sua presa di posizione verrà  abbandonata, però, nelle sue ultime opere, che rappresentano il traguardo delle sue ricerche: si tratta di Studi sulla fondazione delle scienze dello spirito (1905-1910) e La costruzione del mondo storico nelle scienze dello spirito (1910). Va poi ricordata la raccolta di saggi sull’ Essenza della filosofia (1907) e I tipi di intuizione del mondo (1911), in cui la filosofia stessa, intesa come una forma particolare di intuizione del mondo, ò ricondotta alla sua relatività  storica. Comunque, Dilthey, a partire dagli scritti composti in età  giovanile, si propone di condurre una critica della ragione storica parallela e per alcuni versi complementare alla critica mossa da Kant alla conoscenza fisico-matematica. L’ Introduzione alle scienze dello spirito ò il primo tentativo, rimasto però incompiuto, di raggiungere questo obiettivo, ancora dominato dalla polemica contro la riduzione positivistica dei metodi delle scienze umane a quelli delle scienze naturali. In quest’opera Dilthey dà  sostanzialmente un insieme di criteri di distinzione tra scienze della natura e scienze dello spirito, delineando nel contempo una specie di enciclopedia delle medesime. Il primo e basilare criterio della distinzione tra scienze storiche e scienze naturali ò dato dall’ omogeneità  tra soggetto e oggetto dell’ indagine, ossia dall’appartenenza del soggetto conoscente alla stessa sfera, allo stesso ‘mondo’ sul quale verte la ricerca. Se nelle scienze della natura soggetto e oggetto sono tra loro distinti, nelle scienze della storia e della società  essi sono invece (o almeno, si presentano tali) connessi in modo indisgiungibile. In altre parole, questa prima distinzione ha una base oggettiva: le scienze naturali studiano un complesso di fenomeni esterni all’uomo, le scienze storiche studiano invece un dominio di cui l’uomo ò parte integrante e di cui ha immediata coscienza. In questa esperienza immediata l’uomo rinviene ‘ una sovranità  del volere, una responsabilità  delle sue azioni, una capacità  di sottoporre tutto al pensiero e di opporsi a tutto nella libertà  della sua persona, mediante cui si distingue da tutta la natura ‘. In mezzo al mondo della necessità  oggettiva, che costituisce la natura e di cui l’uomo fa ineludibilmente parte in quanto essere fisico-biologico, emerge pertanto un mondo della libertà . La natura ò il mondo della necessità  meccanica, esprimibile in forma di leggi fisiche; la storia ò invece il dominio della libertà , seppur di una libertà  condizionata dalla contemporanea appartenenza dell’uomo al mondo della natura. Una penna lasciata (ambito della natura) cade e non può fare altrimenti; che Napoleone vincesse a Marengo (ambito della storia), non era necessario: c’era la possibilità  che vincesse, come d’altronde c’era anche quella che fosse vinto. A questo proposito Dilthey parla di quella vivente unità  psico -fisica ‘ in cui si manifesta un’esistenza e una vita umana ‘, che corrisponde all’uomo, puntualizzando però che processi materiali e processi spirituali sono tra loro indipendenti e incomparabili, soprattutto i secondi non possono essere derivati dai primi. A questa differenza di oggetto ne segue una di carattere gnoseologico, che investe la distinzione tra esperienza interna ed esperienza esterna (di derivazione lockiana e kantiana). I processi naturali sono conoscibili solamente tramite la percezione di dati che provengono dalla percezione esterna; i processi storico-sociali sono ‘comprensibili dall’interno’. Mentre il rapporto con la natura ò tra termini estranei, quello col mondo umano si presenta come immediato, dato che il soggetto conoscente ò lui stesso parte integrante del mondo umano. I dati delle scienze dello spirito derivano dall’esperienza interna che l’uomo ha di sò; l’uomo ha un’esperienza immediata della vita spirituale nella propria interiorità , un’esperienza che non comporta nessuna mediazione concettuale. Quest’esperienza, che Dilthey definisce ‘erlebnis’ ( esperienza vissuta, coscienza immediata di uno stato interiore), include pure la comprensione che si può avere degli altri uomini, ed esprime immediatamente l’unità  del mondo umano che costituisce l’oggetto delle scienze dello spirito. Le scienze della natura cercano di dare una spiegazione causale dei fenomeni, mentre le scienze dello spirito puntano ad una comprensione del mondo umano, avvalendosi di categorie come quelle di significato, fine e valore. E poi la struttura medesima del mondo umano ò storica, dal momento che storico ò il suo nucleo portante, cioò l’individuo, costituito da un complesso di rapporti storicamente condizionati, dai quali sorgono i sistemi di cultura e di organizzazione esterna della società . Le scienze dello spirito includono, quindi, sia le discipline che studiano le manifestazioni del mondo umano nella loro individualità , sia le discipline di tipo generalizzante che mirano alla scoperta delle uniformità  presenti nel mondo umano. Dai risultati cui ò pervenuto nell’ Introduzione alle scienze dello spirito la riflessione successiva di Dilthey tiene essenzialmente fisse la distinzione degli oggetti delle scienze dello spirito e delle scienze della natura in termini di ‘interno-esterno’, la contrapposizione spiegazione-comprensione, la natura sostanzialmente storica di quell’unità  psico-fisica che ò l’uomo. Negli scritti successivi, però, Dilthey sviluppa anche altri problemi, stimolato dall’intervento di altri voci nel dibattito, che via via acquisisce sempre nuovi partecipanti. Dopo aver ripreso e ripetuto l’antitesi tra spiegazione e comprensione, attribuendo all’arte la mansione di ‘ organo di comprensione della vita ‘, in quanto possibilità  di riprodurre e dunque di far rivivere gli eventi, Dilthey perviene negli scritti degli ultimi anni alla più matura formulazione della sua ‘critica della ragione storica’. Qui egli ritiene di aver individuato il fondamento della validità  delle scienze dello spirito nel nesso tra divenire della vita (l’ ‘Erleben’ di cui il soggetto ò consapevole immediatamente), espressione e comprensione. La conoscenza del mondo umano non ò più data immediatamente nell’introspezione, ma ò raggiungibile solo tramite la considerazione dei prodotti storici in cui esso si esprime. Attraverso un richiamo alla tradizione ermeneutica della cultura tedesca, a cui Dilthey si era accostato con l’ un’ampia biografia di Schleiermacher da lui redatta, la comprensione della vita viene ora definita come ‘ il processo in cui perveniamo a conoscere, in base a segni dati sensibilmente, un elemento psichico del quale essi sono l’espressione ‘. La comprensione si presenta dunque come un riferimento retrospettivo al divenire della vita, che si ò realizzata in un complesso di espressioni oggettive o oggettivazioni. Queste sono date da tutte le manifestazioni storiche che prorompono dal processo produttivo della vita: ‘ l’individuo, la comunità  e le opere in cui sono trasposti la vita e lo spirito ‘. L’oggettivazione della vita costituisce quel che Dilthey definisce, con un’espressione hegeliana, ‘spirito oggettivo’. Accanto a quelle di vita e di spirito, l’altra nozione basilare per caratterizzare la struttura del mondo storico, ò quella di connessione dinamica: il mondo storico si configura come una connessione generale che contiene una molteplicità  pressochò infinita di connessioni particolari, dagli individui (che sono connessioni limitate dalla nascita e dalla morte) ai sistemi di cultura e di organizzazione sociale e, infine, alle epoche storiche. Ogni connessione, che ‘ produce valori e realizza scopi ‘, ha il proprio fulcro in se stessa; questo vuol dire che le connessioni si differenziano per i loro valori e fini particolari e che sono comprese ognuna in un proprio orizzonte. Questo apre la via ad un’interpretazione relativistica, dal momento che implica una importantissima conseguenza: la negazione dell’esistenza di valori e scopi assoluti. E infatti Dilthey ripete più e più volte la relatività  di ogni fenomeno storico; ma le connessioni, sebbene caratterizzate dalla loro autocentralità , non sono scevre di relazioni reciproche; le epoche storiche, ad esempio, trapassano una nell’altra, presentando alcune tendenze dell’epoca precedente e altre che approntano invece il passaggio a quella successiva, ed ò proprio per questo motivo che se ne mantiene la possibilità  di comprensione. Quel che Dilthey vuole mettere in luce, piuttosto che la relatività  dei valori, ò dunque il carattere finito di ogni fenomeno storico, negando la possibilità  di una conoscenza universale della realtà  storico-sociale, come quelle a cui puntano la filosofia della storia o la sociologia positivistica. La liberazione dalla pretesa di un senso oggettivo dello sviluppo storico e della vita nella sua totalità , costituisce anzi per Dilthey ‘ l’ultimo passo verso la liberazione dell’uomo ‘. Il riconoscimento della fondamentale storicità  del mondo umano (che costituisce la principale eredità  che Dilthey lascia al pensiero filosofico del Novecento) non può non portare al riconoscimento della storicità  della filosofia stessa, accomunata in questo a qualsivoglia altra manifestazione dell’attività  spirituale: le teorie filosofiche sono prodotti storici, in quanto forme di oggettivazione della vita, anche se con alcune particolarità . Esse si fondano, in primis, sulla totalità  della coscienza e cercano di affrontare ‘ il mistero del mondo e della vita ‘; inoltre, vantano una pretesa di validità  universale. In quanto fondata sulla totalità  della coscienza, la filosofia presenta analogie con l’arte e con la religione, anch’esse miranti a risolvere il mistero del mondo e della vita; ma, in quanto avanza pretese di validità  incondizionata, essa se ne differenzia, accostandosi piuttosto al pensiero concettuale delle scienze. Queste, però, indagano su aspetti specifici della natura o del mondo storico, mentre la filosofia aspira ad una conoscenza globale. Essa ò una intuizione del mondo, dice Dilthey tirando in ballo un’espressione destinata a grande successo. Un’intuizione del mondo ò un atteggiamento di fronte alla vita: non solo una forma di conoscenza, ma anche un insieme di valori, di finalità  e di regole. Anche arte e religione rappresentano intuizioni del mondo, ma non hanno pretese di validità  assoluta. Però questa pretesa, tipica della filosofia, ò naturalmente contraddetta dalla considerazione storica, che mette in luce i condizionamenti storici di tutte le dottrine filosofiche. Sebbene si basi sulla totalità  della vita psichica, la filosofia intende il mondo privilegiando di volta in volta la conoscenza causale, il sentimento o la volontà ; si determinano così i 3 tipi di dottrine filosofiche, che Dilthey definisce rispettivamente materialistiche o naturalistiche, idealismo oggettivo e idealismo della libertà . Le prime sono rappresentate dalle varie forme di naturalismo, da Democrito ad Epicuro ad Hobbes, agli enciclopedisti francesi del ‘700 e al positivismo; le seconde sono quelle che da Eraclito e dallo stoicismo arrivano fino a Spinoza, Goethe, Schelling, Schleiermacher ed Hegel; le ultime comprendono la filosofia ellenistico- romana, la filosofia cristiana, Kant, Fichte. L’intera storia della filosofia ò caratterizzata dalla lotta incessante tra queste 3 differenti impostazioni, una lotta destinata a non avere fine per l’impossibilità  di una spiegazione incondizionata della realtà . L’impossibilità  della metafisica non implica però la negazione della filosofia: a questa resta il compito importantissimo di procedere ad un’ autoriflessione storica e di indagare criticamente sulle proprie facoltà  e sui propri limiti intrinseci.

  • Filosofia del 1900

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