Adolescenti e social: il bisogno di essere visti

Adolescenti e social, i dati allarmanti su ansia e depressione

La rivista Nature Human Behaviour ha pubblicato uno studio significativo sul rapporto tra adolescenti e piattaforme social, evidenziandone la vulnerabilità emotiva.
Adolescenti e social, i dati allarmanti su ansia e depressione

La rivista scientifica Nature Human Behaviour ha recentemente pubblicato uno studio significativo sul rapporto tra adolescenti e piattaforme social. La ricerca ha coinvolto oltre 3.000 giovani inglesi di età compresa tra gli 11 e i 19 anni, offrendo uno spaccato rappresentativo della generazione digitale. Un dato allarmante emerge immediatamente: il 16% dei partecipanti ha ricevuto una diagnosi formale di disturbo mentale.

Particolarmente rilevante è il confronto tra i comportamenti online: gli adolescenti con diagnosi di ansia o depressione trascorrono mediamente 50 minuti in più al giorno sui social network rispetto ai coetanei senza tali diagnosi, suggerendo una correlazione significativa tra malessere psicologico e immersione nel mondo virtuale.

La ricerca di conferme dietro lo schermo

Cosa spinge realmente gli adolescenti fragili a passare così tanto tempo sui social? Non è il semplice scroll compulsivo né la ricerca dei contenuti virali del momento. La verità emersa dallo studio è ben più profonda: questi ragazzi cercano conferme esistenziali, un riconoscimento della propria identità. Vogliono trovare qualcuno che possa realmente “vederli” in un mondo digitale che paradossalmente li rende invisibili.

Giuseppe Lavenia sottolinea questo aspetto fondamentale: “Non è il tempo sui social il problema. È il significato che ha quel tempo. Perché in quei minuti, cinquanta in più ogni giorno, si nasconde un desiderio profondo e non riconosciuto: essere accettati, essere amati”. La continua ricerca di connessione diventa così una stampella emotiva che, se da un lato offre un’illusione di supporto, dall’altro può aggravare la sensazione di isolamento quando il riconoscimento tanto agognato non arriva.

Le sfide emotive dietro lo schermo

I ragazzi con diagnosi di ansia e depressione ricercano attivamente il confronto online, esponendosi però a una maggiore vulnerabilità emotiva davanti alle reazioni ricevute. Questa fragilità si manifesta in una minore sincerità nell’esprimere i propri sentimenti, bloccati dalla paura costante di non piacere agli altri.

“Il paradosso è che mentre il corpo cresce, la psiche implode”, osserva Lavenia, evidenziando come il digitale diventi una “stampella emotiva” in assenza di spazi reali dove sentirsi liberi di essere fragili. L’identità online rappresenta per molti adolescenti l’unico aspetto della vita che sentono di poter controllare, ma si tratta di un’identità costruita sullo sguardo altrui – non vissuta, ma progettata; non sentita, ma performata. È proprio questa distanza tra il sé autentico e la versione mostrata pubblicamente a diventare, col tempo, psicologicamente insostenibile.

Il supporto necessario: come scuola e famiglia possono intervenire

Lo psicologo Lavenia nel suo intervento lancia un appello importante: “Tocca a noi, adulti, educatori, terapeuti, famiglie, fermarci. Guardarli. Ascoltarli”. Non si tratta di demonizzare piattaforme come TikTok o criticare l’ennesimo selfie, ma di comprendere cosa manca nella vita reale di questi giovani. I social diventano un vero e proprio termometro emotivo, segnalando che qualcosa non va nel benessere dei ragazzi.

La scuola potrebbe fare molto in questo senso, concentrandosi maggiormente sulle emozioni degli studenti piuttosto che solo sui risultati accademici. I genitori, dal canto loro, dovrebbero modificare il loro approccio, passando da domande superficiali come “cosa fai online” a interrogativi più profondi come “come ti senti davvero”. È fondamentale creare spazi sicuri dove gli adolescenti possano esprimere la propria fragilità senza sentirsi giudicati o inadeguati, costruendo un’alternativa valida alla ricerca di conferme sui social.

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