Nell’Aprile del 1492, il marinaio genovese Cristoforo Colombo ottenne dalla regina Isabella di Castiglia l’autorizzazione e i mezzi necessari per realizzare il progetto di raggiungere le Indie navigando verso Occidente. In quel periodo si ignorava completamente l’esistenza dell’America e si pensava che l’Oceano Atlantico separasse l’Europa dall’Asia. Colombo, sottovalutando di molto la lunghezza circonferenza terrestre e basandosi su testi letti, non arrivò alle Indie ma in un Nuovo Mondo, l’America, luogo sconosciuto agli Europei ma abitato da popolazioni indigene. Sulle civiltà americane prima della conquista spagnola e portoghese si hanno poche notizie. Accanto alle tribù ancora legate a forme primitive di organizzazione sociale, la cui economia si basava sulla caccia e sulla pesca, oltre che sulla coltivazione di poche quantità di alimenti, da tempo in quell’area si erano sviluppate civiltà evolute e complesse: gli indigeni nei quali si imbatté per la prima volta Colombo al momento del suo sbarco nelle Antille. Già nel quarto viaggio di Colombo, egli scoprì una popolazione molto evoluta, cioè quella dei Maya. La civiltà maya raggiunse il proprio culmine di splendore nel XII secolo, per poi avviarsi ad una decadenza, la quale permise ad un altro popolo, gli aztechi, di impadronirsi di gran parte di quei territori. Queste popolazioni erano scese da nord e avevano soppiantato le altre tribù. La frammentazione dell’impero azteco, l’eccessiva pressione fiscale esercitata sulle popolazioni e la convinzione che gli invasori spagnoli fossero i nuovi dei annunziati da tante profezie resero la sottomissione di questo popolo da parte degli europei facile e rapida. Maggiori resistenze alla penetrazione spagnola offrì la terza delle grandi civiltà americane, quella Inca. Questi, a partire dal XV secolo, presero ad espandersi in direzione nord e poi anche verso l’Argentina: si creò così un vasto Stato. La conquista dei grandi imperi del Centro e del Sud America fu la dura e crudele epopea di un gruppo di uomini in cerca di fortuna e convinti di combattere solo per la propria fede. Nel 1519 fu inviato dal governatore di Cuba a esplorare il Messico, egli trasformò il corpo di spedizione in un esercito personale e iniziò una marcia all’interno. Il piccolo corpo di Cortés, l’omino mandato dal governatore di Cuba, poteva contare sui vantaggi militari, come le armi e i cavalli, ma la conquista fu facilitata da una serie di debolezze interne all’impero e alla società azteca. Cortés, scambiato per il loro grande Dio, fece prigioniero l’imperatore Montezuma e lo costrinse a un atto di sottomissione al re di Spagna. L’impero azteco si ribellò ma nel 1521 era vinto e il re di Spagna aggiungeva ai suoi vasti domini una nuova provincia. Nel 1532, l’oro e le grandi ricchezze che i conquistatori dell’impero azteco portarono con sè al ritorno in patria spinsero Francisco Pizarro e tentare la conquista dell’impero degli Inca in Perù. La rapacità dei conquistatori distrusse ogni traccia dell’antica cultura degli Inca. Tra i primi problemi che si posero ai conquistatori vi furono quelli relativi alla proprietà delle terre stesse e della manodopera indigena. Per risolvere questi problemi si esportarono in America le istruzioni dell’Europa feudale. Una soluzione fu quella di considerare le terre e i popoli conquistati proprietà della Corona. Nacque l’istituto della “encomiando”, un rapporto di lavoro di tipo feudale, regolato da leggi severe, ma oltre a questo istituto nacque un’altra forma istituzionalizzata di sfruttamento degli indigeni, una distribuzione del lavoro tra gruppi di indigeni in funzione delle necessità dei colonizzatori. Solo poche persone si dedicarono alla difesa dei diritti degli indios e uno di loro fu Bartolomeo, il quale era sicuro che l’unico modo per diffondere il messaggio evangelico fosse la mitezza. Bartolomeo difese con ostinazione la tesi della maggiore nobiltà morale degli indios e del loro modo di vivere rispetto a quella di chi si faceva chiamare cristiano. Concludendo, secondo quanto dice T. Todorov, la causa principale dei genocidio degli indios è la convinzione dei conquistatori di essere superiori alle popolazioni indigene. Le atrocità e la ferocia dei conquistatori deriva quindi paradossalmente anche dall’ammirazione e dalla comprensione spagnola della grandezza di questi popoli.
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