Pro Milone Paragrafo 9: versione tradotta - StudentVille

Paragrafo 9

Quod si duodecim tabulae nocturnum furem quoquo modo diurnum autem si se telo defenderet interfici impune voluerunt quis est qui quoquo modo quis interfectus sit puniendum putet cum videat aliquando gladium nobis ad hominem occidendum ab ipsis porrigi legibus?
Atqui si tempus est ullum iure hominis necandi quae multa sunt certe illud est non modo iustum verum etiam necessarium cum vi vis inlata defenditur. Pudicitiam cum eriperet militi tribunus militaris in exercitu C. Mari propinquus eius imperatoris interfectus ab eo est cui vim adferebat. Facere enim probus adulescens periculose quam perpeti turpiter maluit. Atque hunc ille summus vir scelere solutum periculo liberavit.

Versione tradotta

E se le XII Tavole hanno stabilito che si possa uccidere in ogni caso, senza incorrere in punizioni, un ladro di notte, di giorno, invece, solo se si difende a mano armata, chi mai considererebbe meritevole di punizione l’autore di un assassinio, quali che siano stati i suoi modi d’esecuzione, nel vedere che talora sono le stesse leggi a porgerci l’arma per uccidere un uomo?
Orbene, se esiste un caso (e ne esistono molti) in cui la legge consente di uccidere un uomo, sicuramente è non solo giusto ma addirittura necessario difendersi con la forza dalla forza. Un tribuno militare dell’esercito di Gaio Mario, parente del generale, mentre tentava di disonorare un soldato fu ucciso proprio da colui che voleva violentare: quel giovane virtuoso preferì compiere un’azione pericolosa per lui piuttosto che subire ma simile infamia, e quell’ uomo insigne lo mandò assolto dal crimine e lo esentò dal processo.

  • Letteratura Latina
  • Pro Milone di Marco Tullio Cicerone
  • Cicerone

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