La digisexuality rappresenta un fenomeno emergente che descrive l’attrazione emotiva e sentimentale verso l’intelligenza artificiale. In termini semplici, si manifesta quando un individuo sviluppa sentimenti romantici nei confronti di chatbot o assistenti digitali, stabilendo legami affettivi unilaterali con entità virtuali.
Il termine è stato coniato nel 2017 dai ricercatori Neil McArthur e Markie Twist, che hanno identificato questa nuova forma di relazionalità digitale. Gli esperti definiscono anche questo fenomeno come “AI companion relationships”, sottolineando la natura particolare di questi rapporti con compagni artificiali.
Queste dinamiche si inseriscono in un contesto più ampio di dipendenza emotiva, simile a quella che si sviluppa verso le celebrità o figure irraggiungibili. La differenza sostanziale risiede nel fatto che l’IA, pur essendo priva di coscienza ed empatia reale, viene percepita come un’entità capace di offrire attenzioni costanti e comprensione incondizionata.
I rischi relazionali e psicologici
L’instaurarsi di legami emotivi con l’intelligenza artificiale comporta significativi pericoli per lo sviluppo relazionale degli adolescenti. Questi rapporti asettici, caratterizzati dall’assenza di una reale connessione emotiva bidirezionale, creano dinamiche disfunzionali dove i giovani “chiedono senza dare”, trasformando l’interlocutore digitale in un mero riflesso dei propri bisogni.
Uno studio scientifico rivela che l’8% degli adolescenti intrattiene interazioni flirtanti o sentimentali con chatbot, traducendosi in milioni di giovani coinvolti a livello globale. Il fenomeno risulta particolarmente diffuso tra chi sperimenta isolamento sociale, trovando nell’IA un rifugio dalle complessità delle relazioni umane.
Tra le conseguenze più gravi emerge la “chatbot psychosis”, una condizione patologica caratterizzata da deliri, paranoia e convinzioni distorte alimentate dalle conversazioni con l’intelligenza artificiale. Questo stato può portare a comportamenti estremi e compromettere gravemente la capacità di distinguere tra realtà e finzione digitale.
Il ruolo della scuola e della famiglia
La prevenzione della digisexuality richiede un intervento coordinato tra istituzioni scolastiche e nuclei familiari. Le scuole devono integrare programmi educativi specifici sull’uso consapevole della tecnologia, promuovendo attività che favoriscano l’interazione diretta tra studenti attraverso progetti collaborativi, dibattiti e laboratori creativi.
Le famiglie assumono un ruolo cruciale nel monitorare i comportamenti digitali dei figli, stabilendo limiti temporali nell’uso di dispositivi e incoraggiando esperienze concrete come sport, arte e socializzazione offline. È fondamentale che genitori ed educatori comprendano i segnali di isolamento e dipendenza emotiva dall’IA.
L’obiettivo è sviluppare nei giovani la capacità di distinguere tra gratificazione immediata offerta dall’IA e la complessità arricchente delle relazioni umane autentiche, caratterizzate da reciprocità, vulnerabilità e crescita emotiva condivisa.