IA e giovani: il 67% teme la perdita di lavoro e oltre il 55% la dipendenza digitale, lo studio del Rondani di Parma

IA e giovani: il 67% teme la perdita di lavoro e oltre il 55% la dipendenza digitale, lo studio del Rondani di Parma

La ricerca presso l'Istituto Tecnico Rondani rivela preoccupazioni giovanili sull'intelligenza artificiale e l'automazione dei posti di lavoro.
IA e giovani: il 67% teme la perdita di lavoro e oltre il 55% la dipendenza digitale, lo studio del Rondani di Parma

La ricerca condotta presso l’Istituto Tecnico Rondani di Parma, che ha coinvolto 729 studenti, rivela dati significativi sulle percezioni giovanili riguardo all’intelligenza artificiale. Il 67,1% dei partecipanti esprime preoccupazione per potenziali perdite occupazionali dovute all’automazione, mentre il 55,6% manifesta timori legati alla dipendenza dagli strumenti digitali.

Emerge un paradosso generazionale: i giovani, cresciuti immersi nella tecnologia digitale, mostrano simultaneamente entusiasmo e cautela verso l’IA, percependola come realtà quotidiana ma riconoscendone i rischi intrinseci.

I rischi occupazionali e la dipendenza dagli strumenti

La preoccupazione principale emersa dalla ricerca riguarda la sostituzione progressiva delle mansioni umane attraverso l’automazione. I giovani temono che l’intelligenza artificiale possa sostituire non solo lavori manuali, ma anche professioni che richiedono competenze cognitive avanzate, dal settore finanziario a quello creativo.

Parallelamente, cresce il rischio di una dipendenza crescente dalla tecnologia, con la conseguente perdita di autonomia nelle decisioni quotidiane. Gli studenti riconoscono la tentazione di affidarsi sempre più alle macchine per compiti che prima richiedevano impegno personale e riflessione critica.

La minaccia alla creatività e la gestione della disinformazione

Il timore che l’intelligenza artificiale possa compromettere la creatività umana emerge con forza tra i giovani intervistati. La capacità dell’IA di generare testi, immagini e composizioni musicali solleva interrogativi profondi: se le macchine possono creare autonomamente, quale spazio rimane all’immaginazione umana?

Margaret Boden sottolinea tuttavia che “la creatività artificiale non sostituisce quella umana, ma la stimola e la estende”, suggerendo una prospettiva collaborativa piuttosto che competitiva.

Il ruolo educativo: formazione critica e resilienza digitale

La scuola deve trasformare i timori giovanili verso l’intelligenza artificiale in strumenti di educazione critica. Integrare nei curricoli moduli dedicati all’IA significa sviluppare competenze tecniche e socio-emotive per governare la tecnologia.

Esperienze internazionali mostrano approcci efficaci: in Finlandia, il corso Elements of AI include sezioni sui limiti tecnologici; il Canada ha avviato laboratori di digital resilience per riconoscere contenuti falsi generati artificialmente; la Corea del Sud integra l’educazione al rischio tecnologico nelle scienze sociali.

L’obiettivo è formare cittadini capaci di abitare il mondo digitale con intelligenza critica.

Il bilanciamento: innovazione tecnologica e controllo umano

La posizione emersa dalla ricerca dell’Istituto Rondani riflette un approccio maturo dei giovani verso l’intelligenza artificiale: il 87,9% degli studenti ritiene fondamentale mantenere sempre un controllo umano sulle decisioni algoritmiche.

Questa “fiducia vigile” rappresenta un equilibrio tra l’accettazione del progresso tecnologico e la salvaguardia dell’autonomia decisionale umana, evidenziando come le nuove generazioni non chiedano il divieto dell’IA ma la sua regolamentazione responsabile.

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