Nel corso dell’anno scolastico 2023/2024 le scuole italiane hanno accolto quasi 359mila alunni con disabilità, pari al 4,5% della popolazione studentesca complessiva. I dati diffusi dal Ministero dell’Istruzione e del Merito evidenziano una crescita costante e significativa: rispetto all’anno precedente l’incremento è stato del 6%, mentre nel confronto con cinque anni fa la popolazione scolastica con disabilità è aumentata del 26%, vale a dire circa 75mila studenti in più.
Questo ritmo di espansione incide in modo diretto sull’organizzazione dei servizi scolastici, che devono assicurare sostegno didattico, assistenza all’autonomia, accessibilità degli edifici e trasporti adeguati. L’aumento del numero di alunni con bisogni educativi speciali richiede infatti risorse proporzionate per garantire continuità didattica e qualità degli interventi, mettendo sotto pressione il sistema scuola e gli enti locali chiamati a gestire le diverse componenti dell’inclusione.
Gli orientamenti sulle classi speciali
Gli alunni con disabilità trascorrono in media 29 ore settimanali in classe insieme ai compagni, una presenza che favorisce relazioni e apprendimento condiviso. Tuttavia, l’indagine “Le voci dell’inclusione” condotta da Centro Studi Erickson rivela una tendenza preoccupante: il 27% degli insegnanti intervistati si dichiara favorevole al ritorno di un modello formativo che riservi classi e scuole speciali ai casi più complessi, una percentuale cresciuta del 10% rispetto a due anni fa.
Questo orientamento contrasta nettamente con il paradigma d’integrazione scelto dall’Italia quasi cinquant’anni fa attraverso la legge 517 del 1977, che abolì le classi differenziali e affermò il principio dell’inclusione piena. L’aumento dei consensi verso strutture separate può segnalare le difficoltà operative vissute quotidianamente dai docenti, ma rappresenta anche un passo indietro rispetto a un modello che ha fatto dell’integrazione scolastica il presupposto per quella sociale.
Gli insegnanti di sostegno e gli assistenti all’autonomia
Il sostegno educativo si fonda su due pilastri: docenti specializzati e assistenti all’autonomia. Nel 2023/2024 ogni alunno con disabilità ha ricevuto in media 15,6 ore di sostegno settimanale, un dato che nasconde una criticità strutturale. La continuità didattica resta fragile: il 57% degli studenti cambia insegnante di riferimento da un anno all’altro, mentre l’8,4% subisce avvicendamenti nel corso dello stesso anno scolastico.
Questi cambiamenti ripetuti possono rallentare l’apprendimento e generare disorientamento negli alunni più vulnerabili.
La preparazione dei docenti è migliorata: in quattro anni la quota di insegnanti specializzati è passata dal 63% al 73%. Tuttavia, il 27% degli operatori manca ancora di formazione specifica, una lacuna che incide sulla qualità dell’intervento educativo.
Accanto ai docenti operano circa 80mila assistenti finanziati dagli enti locali, con una media di 4 alunni per operatore. Nonostante questa presenza, oltre 15mila studenti non ricevono il supporto di cui avrebbero bisogno, un vuoto che riflette la distribuzione disomogenea della spesa sociale tra i comuni.
Il ministero per le Disabilità ha portato i fondi per autonomia e comunicazione a 260 milioni per il 2025: 128 milioni destinati alle regioni per le scuole secondarie di secondo grado e 132 milioni ai comuni per infanzia, primaria e secondaria di primo grado. Un investimento significativo, ma Anci evidenzia un divario critico: le amministrazioni locali garantiscono circa 700 milioni di euro per la gestione degli alunni con disabilità, e le regioni sollecitano stanziamenti più adeguati all’aumento costante della popolazione scolastica interessata.
L’accessibilità degli istituti e le barriere architettoniche
Solo il 41% delle scuole italiane risulta accessibile agli alunni con disabilità motoria, un dato che evidenzia un gap infrastrutturale significativo nonostante oltre un quarto degli studenti presenti problemi di autonomia. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha stanziato oltre 18,6 milioni di euro per la rimozione delle barriere architettoniche, ma le criticità rimangono diffuse.
L’indagine di Cittadinanzattiva sulla sicurezza scolastica 2023/2024–2024/2025 evidenzia che il 50% degli istituti presenta ascensori assenti o non idonei, il 37% non dispone di servoscale, il 26% ha bagni non conformi alle normative e il 25% manca di rampe interne per superare i dislivelli. La situazione peggiora ulteriormente per gli studenti con disabilità sensoriali: solo il 17% delle scuole è dotato di segnalazioni visive per alunni con sordità o ipoacusia, mentre appena l’1% degli edifici dispone di percorsi tattili o mappe a rilievo per non vedenti.
Vincenzo Falabella, presidente della Federazione italiana per i diritti delle persone con disabilità e famiglie, sottolinea che l’impegno non può risolversi in un intervento una tantum ma richiede un piano strutturale, pluriennale e monitorabile, che coinvolga attivamente gli enti locali, le scuole e le associazioni rappresentative.
Il nodo dei trasporti e i fondi regionali
Un trasporto scolastico funzionante è un prerequisito per l’inclusione, garantisce autonomia e integrazione. Per il 2025 è stato istituito un fondo per la mobilità da 70 milioni di euro, attinto dal Fondo unico per l’inclusione delle persone con disabilità e destinato alle regioni.
Gli enti territoriali si stanno muovendo con iniziative proprie: il Piemonte ha stanziato 10 milioni (5 per trasporto, 5 per autonomia e assistenza), la Sardegna 1,4 milioni per il trasporto nelle scuole secondarie di II grado, il Friuli Venezia Giulia oltre 1 milione rivolto alle paritarie, l’Emilia Romagna 18 milioni per la transizione scuola-lavoro e scuola-università.