Nicola Grandi, docente dell’Università di Bologna Alma Mater, ha condotto uno studio con l’obiettivo di verificare e comprendere il metodo di scrittura degli studenti universitari italiani.
Nello specifico, il campione analizzato coinvolgeva 2137 studenti di 45 diverse facoltà universitarie, ai quali è stata sottoposta la redazione di un testo di circa 500 parole. La tematica oggetto di scrittura riguardava la precedente pandemia di Covid-19. Ciascun candidato aveva libertà di scrivere e organizzare il testo a proprio piacimento, secondo una struttura che poteva essere più o meno articolata.
Dal report ottenuto dal professore e capo della facoltà di filologia classica e italianistica dell’Università di Bologna si evince come la maggior parte degli universitari italiani palesi diverse lacune nell’elaborazione della scrittura. I maggiori problemi riscontrati riguardano l’utilizzo della punteggiatura e la capacità di redigere un testo composto da termini aulici e ricercati. Inoltre, anche la grammatica si è dimostrata carente e lacunosa. In sintesi, il modo di scrivere riscontrato appare troppo semplice e scolastico. La correzione delle prove è stata condotta da un algoritmo concepito specificatamente per valutare la scrittura umana. Successivamente, una seconda correzione è stata effettuata dal personale docente.
In entrambi i casi, la rilettura e il controllo dei testi hanno rilasciato i medesimi risultati, suggerendo le stesse considerazioni in merito alle problematiche evidenziate.
In questo caso, l’intelligenza artificiale e le capacità umane vanno di pari passo: entrambe concordano nell’affermare le inefficaci competenze linguistiche della maggior parte degli studenti universitari in Italia.
I motivi della scrittura non corretta
Questa ricerca, rientra all’interno del progetto UniverS-Ita, e nasce da una richiesta del 2017, in cui molti professori hanno inviato al Ministero un’istanza evidenziando il sorgere di alcuni problemi inerenti la capacità di esposizione scritta da parte di molti ragazzi.
Sebbene non siano arrivare risposte ufficiali dal Governo di quel periodo, il professor Grandi non ha sottovalutato la questione, decidendo di approfondire per conto proprio (con anche l’aiuto di alcuni colleghi) determinate ricerche. Secondo il docente, l’utilizzo costante dei social media e delle nuove tecnologie digitali, ha favorito una scrittura fisica più frammentata e troppo confidenziale. Questa “pigrizia” mentale la si nota semplicemente leggendo alcune forme di “contrazione linguistica” che poco hanno a che vedere con la lingua italiana.
Le nuove usanze incentivano una scrittura più breve ed immediata, fatta da dialoghi brevi e sintetici, finalizzati a domandare o rispondere attraverso applicazioni e chat.
Le possibili soluzioni al problema
Dall’indagine di Nicola Grandi, emerge come le studentesse universitarie siano più preparate e precise nella scrittura rispetto ai loro colleghi maschi. Inoltre, è stato registrato che gli studenti delle facoltà umanistiche sono più disinvolti nell’elaborazione di testi più complessi e articolati. Questo avviene, poiché vi è una maggior propensione alla lettura e alla gestione del metodo di studio.
Probabilmente, molteplici lacune nella redazione di contenuti in forma scritta dipendono da uno squilibrio tra la padronanza della lingua italiana e lo status socio-economico dei ragazzi. Questo elemento dovrebbe far riflettere, in parte, sulla condizione culturale giovanile del Paese, purtroppo colma di mancanze.
Sarà previsto un congresso specifico per trattare del tema e discutere sulle eventuali risoluzioni, cercando di dare maggior valore alla formazione scolastica e universitaria. Infine, occorre dare più attenzione anche ai differenti approcci allo studio da parte dei ragazzi e delle ragazze.