Il mismatch tra titolo accademico e competenze nel mercato del lavoro

Il mismatch tra titolo accademico e competenze nel mercato del lavoro: i dati Almalaurea

Il mondo del lavoro italiano vive una contraddizione paradossale: oltre il 30% dei neolaureati si trova a svolgere mansioni non correlate al titolo.
Il mismatch tra titolo accademico e competenze nel mercato del lavoro: i dati Almalaurea

Il mondo del lavoro italiano vive una contraddizione paradossale: mentre i tassi di occupazione dei laureati raggiungono i livelli più alti dell’ultimo decennio, oltre il 30% dei neolaureati si trova a svolgere mansioni che non richiedono il titolo accademico conseguito e non valorizzano le competenze acquisite durante il percorso universitario.

L’indagine Almalaurea 2025 sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati italiani fotografa una realtà preoccupante: nonostante gli investimenti formativi e gli anni dedicati agli studi, una quota significativa di giovani professionisti non riesce a mettere a frutto quanto appreso tra i banchi universitari.

Il fenomeno del mismatch evidenzia una frattura profonda tra il sistema formativo e le dinamiche del mercato del lavoro, creando una situazione in cui il capitale umano formato dalle università non trova adeguata valorizzazione nel tessuto produttivo nazionale.

Il dialogo tra università e mercato

Le università italiane si trovano in una posizione di crescente difficoltà nel mantenere il passo con le trasformazioni del mercato del lavoro. Questa rigidità del sistema accademico si riflette direttamente sulle prospettive occupazionali dei laureati, creando un divario sempre più evidente tra la formazione ricevuta e le competenze richieste dalle aziende.

I dati dell’indagine Almalaurea 2025 rivelano l’entità del fenomeno: a cinque anni dal conseguimento del titolo, il 32,5% dei laureati di primo livello e il 25,4% di quelli di secondo livello continuano a svolgere mansioni che non valorizzano la loro preparazione universitaria. Si tratta di una percentuale significativa che evidenzia come il sistema formativo non riesca a intercettare efficacemente le richieste del mondo del lavoro.

La situazione diventa particolarmente critica per i laureati in ambiti umanistici, artistici, linguistici, psicologici e politico-sociali, settori dove il mismatch raggiunge proporzioni preoccupanti. Questi percorsi di studio, pur mantenendo un valore culturale indiscutibile, sembrano incontrare maggiori difficoltà nel tradursi in opportunità professionali coerenti, lasciando molti giovani in una condizione di sottoutilizzo delle proprie competenze specialistiche.

La scelta del percorso di studi e prospettive occupazionali

La decisione universitaria rappresenta un bivio cruciale che determina le future opportunità professionali. Quando la scelta non è guidata da motivazioni culturali o professionalizzanti specifiche, aumenta significativamente la probabilità di svolgere mansioni non coerenti con il titolo conseguito.

I dati occupazionali dipingono tuttavia un quadro incoraggiante: il 78,6% dei laureati trova lavoro entro un anno dal conseguimento del titolo, percentuale che supera il 90% dopo cinque anni. I contratti a tempo indeterminato crescono fino al 73,9% tra i laureati di primo livello dopo cinque anni.

Le retribuzioni medie nette mostrano segnali di ripresa dopo due anni difficili: 1.492 euro mensili a un anno dalla laurea, che salgono a quasi 1.850 euro dopo cinque anni. Permane però il gender gap nelle discipline STEM, dove le donne rappresentano solo il 40% dei laureati nonostante costituiscano quasi il 60% del totale dei laureati italiani.

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