I recenti dati Eurostat gettano luce su un fenomeno preoccupante: il crescente rischio di povertà tra i lavoratori italiani, nonostante l’occupazione a tempo pieno. L’analisi rivela un quadro complesso dove il livello d’istruzione, la tipologia di contratto e l’età influenzano significativamente la condizione economica dei cittadini.
Particolarmente allarmante è l’incremento della percentuale di laureati a rischio povertà, passata dal 3,6% al 4,5%, mentre rimane stabile la situazione dei diplomati. Queste statistiche evidenziano come anche l’istruzione superiore non rappresenti più una garanzia assoluta contro le difficoltà economiche nell’attuale mercato del lavoro italiano.
I dati complessivi
I dati Eurostat del 2024 mostrano un incremento della percentuale di lavoratori full time a rischio povertà in Italia, salita al 9% rispetto all’8,7% dell’anno precedente. A livello nazionale, il rischio di povertà complessivo si attesta al 18,9%, coinvolgendo circa 11 milioni e 92mila persone.
Analizzando le diverse fasce d’età, emerge un miglioramento per i minori, con il rischio sceso dal 24,7% al 23,2%, mentre per gli over 65 si registra un aumento dal 16,9% al 17,6%. Il divario economico tra le fasce più ricche e più povere della popolazione continua ad ampliarsi, con il 10% più povero che dispone appena del 2,5% del reddito nazionale.
L’impatto del livello di istruzione
I dati Eurostat mostrano una correlazione significativa tra il livello di istruzione conseguito e il rischio di povertà lavorativa. Le statistiche del 2024 evidenziano un quadro preoccupante per chi possiede solo la scuola dell’obbligo, con un rischio di povertà che raggiunge il 18,2%, in aumento rispetto al 17,7% dell’anno precedente.
La situazione appare più stabile per i lavoratori con diploma, dove la percentuale rimane invariata al 9,1%. Particolarmente allarmante è il trend relativo ai laureati: sebbene mantengano il rischio più basso in assoluto, la percentuale è cresciuta sensibilmente, passando dal 3,6% al 4,5%. Questo incremento solleva interrogativi sull’effettiva valorizzazione dei titoli accademici nel mercato del lavoro italiano e sulla crescente precarietà che colpisce anche le professioni qualificate.
I giovani i più a rischio
I dati Eurostat mostrano significative differenze nel rischio di povertà tra le diverse fasce d’età della popolazione italiana. I giovani risultano particolarmente vulnerabili, con il 11,8% degli occupati tra i 16 e i 29 anni che si trova in condizioni economiche precarie nonostante abbia un’occupazione. Questa percentuale risulta considerevolmente più alta rispetto alla media nazionale dei lavoratori full-time.
La fascia d’età compresa tra i 55 e i 64 anni presenta invece un rischio di povertà del 9,3%, un dato comunque preoccupante ma inferiore rispetto a quello giovanile. Questa disparità generazionale evidenzia come le difficoltà economiche colpiscano in modo disomogeneo le diverse età, con un peso maggiore sui cittadini più giovani che si affacciano al mondo del lavoro.